Modelli manageriali in evoluzione

Una nuova dimensione del lavoro si sta facendo strada dopo la pandemia. Quale ruolo avrà la formazione manageriale? Ne parliamo con Massimo Sabatini, Direttore generale di Fondirigenti

Massimo Sabatini, Direttore generale di Fondirigenti

 

L’intero sistema produttivo italiano ha dovuto interpretare l’accelerazione impressa dalla pandemia, adottando soluzioni di smart working per rispondere all’emergenza. Per le aziende e le altre organizzazioni, la nuova frontiera oggi è quella dell’agile management. In cosa consiste questa evoluzione della concezione del lavoro?

La fase di post-emergenza che stiamo vivendo, ha inaugurato nelle imprese e fra i lavoratori, soprattutto dirigenti, una nuova modalità di organizzazione del lavoro e un nuovo modo di fornire la prestazione lavorativa, maggiormente basata sulla fiducia, sul progetto, sul senso di responsabilità per il proprio lavoro.

Una fase del tutto nuova, che ha meritato approfondimenti e analisi anch’essi inediti. In tema di smart working, con Fondirigenti siamo stati pionieri nell’avviare una quick survey nella prima fase di emergenza. I risultati hanno dato avvio a una riflessione più profonda e strutturale sulle modalità di adozione del lavoro agile e del welfare management. Così, con l’iniziativa “Scacco al Re-turn”, promossa insieme a Federmanager, abbiamo voluto spiegare i percorsi necessari a far entrare le imprese nelle dimensioni del lavoro che il futuro impone, e mostrare la svolta che va operata nella cultura delle aziende. La pandemia ha accelerato l’evoluzione dei modelli lavorativi richiedendo nuove modalità di leadership, il contributo che può dare il lavoro agile è rilevante per molte ragioni. La grande trasformazione avvenuta nel secondo anno di pandemia si è concretizzata nel passaggio dallo smart o dall’agile “puri” a una trasposizione di questi paradigmi in un contesto ibrido, diventato esso stesso una tipologia che descrive la nuova cornice registrata in molte imprese, dove i contesti di lavoro completamente presenziali o totalmente a distanza sono ormai la parte minoritaria.  In sostanza, la modalità “ibrida” nella prestazione del lavoro sta diventando la nuova normalità, con cui i nuovi modelli di leadership devono fare i conti.

Questa fase di “nuova normalità” richiede l’elaborazione di modelli manageriali più inclusivi, trasversali e capaci di visione strategica

Il traguardo della doppia transizione, ambientale e digitale, verso cui il Paese è proiettato, impone ai manager di dotarsi di competenze nuove. Su quali ambiti deve puntare oggi la formazione manageriale?

Non si tratta tanto o solo di competenze specialistiche, quanto di far comprendere l’importanza di temi come la sostenibilità e l’innovazione a tutte le funzioni aziendali e manageriali. Il ruolo del manager in questo contesto è evidente: è lui che, insieme all’imprenditore, gioca la partita più importante nel trasferire ai diversi livelli il mindset con cui l’azienda affronta la partita.

È evidente come i tradizionali stili direttivi, da quelli command & control a quello della leadership transazionale, siano inadeguati in questa fase di “nuova normalità” che richiede l’elaborazione di nuovi modelli manageriali, più inclusivi e trasversali, e più capaci di visione strategica. Una strategicità confermata anche a livello istituzionale, dal ministero del Lavoro, con il Protocollo recentemente promosso per l’adozione del lavoro agile in modalità più strutturale al termine dell’emergenza, che mette in campo trasformazioni che avranno un impatto significativo nel sistema produttivo.

Il nuovo mantra è certamente quello della sostenibilità, ma quanto è importante governare l’innovazione per favorire processi organizzativi e produttivi sostenibili?

Credo che l’innovazione vada innanzitutto promossa, prima che governata, e certamente la sostenibilità, in questa epoca di grandi transizioni, è un ambito primario di innovazione, da promuovere e da sostenere in tutti i processi produttivi, e va di pari passo con gli altri due grandi processi: la transizione verso il digitale e quella verso nuove modalità di prestazione del lavoro. La formazione può sicuramente svolgere un ruolo di grande rilievo in questo senso. Non a caso, sulla base dei risultati degli approfondimenti svolti, con i nostri due Avvisi pubblicati nel 2021, abbiamo finanziato piani formativi focalizzati allo sviluppo delle competenze manageriali, digitali, sostenibili e smart, necessarie per gestire tutto questo.

La formazione riguarda sia nuove competenze manageriali, sia skill tecnico/gestionali, non solo sulla piena adozione della prospettiva della sostenibilità, ma anche sui modelli di lavoro agile, i sistemi di valutazione delle performance, la stabilizzazione dei modelli di smart working, il benessere aziendale e il welfare: il modello manageriale trasversale è, contemporaneamente, tutto questo.

Le vostre iniziative mirano a coniugare la crescita delle imprese con lo sviluppo di una formazione manageriale in grado di guidare i cambiamenti. Per far ciò bisogna superare i divari di genere e territoriali che ostacolano un progresso inclusivo del Paese. Qual è l’approccio di Fondirigenti al tema?

Investire nella formazione manageriale conviene sempre: conviene ancora di più se si investe sulle donne (qui gli effetti si moltiplicano). Il nostro approccio, al pari di quello delle aziende già in cammino nella trasformazione digitale, è quello di farci guidare dai dati per dimostrare che la formazione conviene. Con i nostri approfondimenti, abbiamo mostrato, in particolare, che esiste un bonus di produttività a favore delle aziende che fanno formazione anche alle donne manager: la produttività di queste aziende è più elevata del 9% nella manifattura e dell’8% nei servizi.

Investire nella formazione manageriale conviene sempre. E conviene ancora di più se si investe sulle donne, gli effetti si moltiplicano

Migliorare il welfare aziendale mantenendo alti gli standard di produttività e competitività. Obiettivo sfidante, che può essere raggiunto attraverso un nuovo modello di “leadership gentile”. Che ne pensa?

Credo che il concetto di “leadership gentile” sia la naturale evoluzione del management, coerente con la fase storica che stiamo vivendo. Siamo dentro una nuova stagione che mette al centro uno stile di leadership “gentile”, basato sulla condivisione di valori quali la fiducia, la responsabilizzazione e sull’assegnazione di obiettivi chiari e misurabili, con modelli in grado di rendere più bilanciata la vita professionale con quella personale. Mantenere alta la tensione verso la competitività e la produttività anche in un contesto “liquido” e dai contorni incerti come l’attuale richiede ai manager la capacità di sviluppare le competenze e valorizzare le professionalità dei collaboratori attraverso un rinnovato ricorso alla leva formativa che, unitamente alle nuove opportunità offerte dal lavoro agile, è uno dei principali driver per il miglioramento del welfare aziendale.

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