Oggi celebriamo ottant’anni di storia di Federmanager.
Celebriamo la nostra storia, il nostro presente, il nostro futuro.
Federmanager è stata, ed è, la casa comune di chi guida persone e processi produttivi, di chi mette in gioco competenze e coraggio per costruire futuro, di chi ogni giorno prende decisioni con etica, osservanza delle leggi e responsabilità sociale.
È questa la nostra forza: produrre il futuro, facendo tesoro delle nostre preziosissime radici industriali.
Per questo, l’Assemblea di oggi si definisce con un titolo preciso: “Orizzonti industriali – l’Italia che produce il futuro”.
L’Italia è un Paese straordinario
Siamo la seconda manifattura d’Europa, quarto esportatore mondiale, tra i protagonisti del G7.
Nonostante crisi, recessioni e impatti avversi della globalizzazione e della post-globalizzazione, il nostro rimane un Paese il cui sistema industriale crea valore “vero” per l’economia reale, per il lavoro, per le comunità locali.
Tutto ciò è stato, ed è ancora reso possibile dal lavoro quotidiano di noi manager industriali, protagonisti silenziosi di una storia di responsabilità, competenza e visione, insieme ai nostri compagni d’avventura: gli imprenditori e i loro amministratori, ai quali va il nostro sentito grazie! per condividere con noi questa appassionante sfida quotidiana.
Vogliamo che l’Italia sia un Paese che produce, che investe, che innova.
A tal fine sosteniamo con forza la necessità di una rinnovata politica industriale nazionale, che, partendo dal Libro Verde del MIMIT e dalle risorse del Bilancio europeo 2028–2034, veda l’Italia industriale protagonista, veda il capitale umano manageriale al centro.
Nella piena consapevolezza, però, di non agire da Paese isolato, ma di muoverci insieme a quell’Europa che rappresenta la nostra “casa comune”, la quale, tramite il Next Generation EU e il PNRR, ci sta garantendo risorse senza precedenti per procedere alla modernizzazione del nostro Sistema Paese.
La centralità del manager nel governare la complessità contemporanea
Delle 370mila imprese industriali, solo circa 20mila sono managerializzate, ovvero possono contare sulla presenza o sulla guida di manager professionisti: appena il 5%!
Ma è quel 5% di imprese a mantenere l’Italia che produce su vertici mondiali d’eccellenza.
Sono le imprese che fanno grande il Paese, come quelle che oggi sono protagoniste della bellissima mostra che accompagna questa Assemblea.
Con i loro nomi, i loro loghi, le loro storie, le loro visioni del futuro testimoniano la grandezza dell’industria italiana e conferiscono ancor più valore e prestigio a questa nostra grande giornata. Un sentitissimo grazie! a queste imprese e ai loro leader, amministratori e imprenditori coraggiosi!
Ma se questo 5% è così forte nel mondo, appare allora chiaro quale debba essere la direzione da percorrere per una politica industriale che voglia puntare al futuro: dobbiamo investire nel prossimo 5%, nelle prossime 20mila imprese da far crescere e managerializzare più pervasivamente.
Dobbiamo investire nel prossimo 5%, nelle prossime 20mila imprese da far crescere e managerializzare più pervasivamente
Non dobbiamo al contempo dimenticarci delle imprese che hanno bisogno d’aiuto in una fase di transizione durissima, come ad esempio Acciaierie d’Italia di Taranto.
Le grandi competenze tecnologiche e industriali che vi si trovano meritano ben altri sbocchi che lo “spezzatino” o la chiusura.
Federmanager è pronta ad aprire il dibattito sul possibile ruolo dello Stato nella governance e nella proprietà di questa azienda, l’unica in Italia che “produce” acciaio e non che, più semplicemente, lo trasforma.
Ricordiamolo: siamo davanti a grandi transizioni di sistema.
A partire dall’innovazione, come sfida trasversale. Dobbiamo esserne protagonisti perché è lì che si sviluppano le competenze vincenti del futuro. E le esperienze positive ci insegnano che l’Italia può continuare a eccellere, senza temere confronti internazionali.
C’è poi la grande questione energetica. I costi dell’energia, come abbiamo visto negli ultimi anni, incidono sulla vita delle persone e sulla tenuta delle imprese.
Dobbiamo garantire al Paese stabilità e sostenibilità, investendo in tecnologie, in reti efficienti e in una governance che unisca pubblico e privato.
Le nostre due Commissioni Settoriali sull’Energia producono, insieme all’Associazione Italiana Economisti dell’Energia, che ringrazio per la collaborazione, un rapporto annuale – che sarà presentato a gennaio – focalizzato, quest’anno, su Nucleare e Idrogeno, due tecnologie e due filiere industriali importantissime anche sotto il profilo dell’innovazione.
Sono rapporti preziosi, che meritano attenzione da parte di chi ha responsabilità di governo e decisione.
Nuovo umanesimo e frontiere tecnologiche
Oggi si torna a sentire la forte necessità di tornare a mettere l’Uomo al centro.
L’Umanesimo che aprì al Rinascimento affermò con forza il valore unico di mettere l’Uomo al centro e generò quel progresso culturale che portò alla grande fase delle scoperte e delle invenzioni.
In quest’ottica, crediamo fermamente che le competenze necessarie non siano più solo STEM, ma che queste debbano integrarsi per divenire STEAM, dove la “A” di Arts richiama proprio quell’Umanesimo senza il quale la tecnica non crea valore per l’Uomo e anzi può diventare generatrice di problematiche complesse sul piano etico.
Vi è un grande banco di prova all’orizzonte, per tutti: trasformare le tante sfide sociali in opportunità concrete per uno sviluppo davvero sostenibile.
Con un calo demografico che ha registrato, nel 2024, la nascita di soli 370mila bambini nel nostro Paese, la struttura occupazionale scricchiola pericolosamente.
Si deve intervenire, con determinazione e coraggio, attraverso un ripensamento delle politiche per la famiglia, nuovi strumenti legali e di welfare aziendale che agevolino ancor di più i genitori a conciliare il complesso equilibrio tra vita e lavoro.
Un altro punto su cui occorre essere lucidi e lungimiranti sono le politiche di inclusione, che non sono un vezzo ideologico ma un principio di grande valore strategico: abbiamo il dovere di valorizzare ancor di più la parità di genere nei luoghi di lavoro.
Oltre a rispondere ad una profonda esigenza etica, la parità di genere crea maggior competitività industriale, come evidenziato anche dalle tante ricerche e attività qualificate promosse dal nostro Gruppo Donne – Minerva, che riunisce le nostre donne manager.
Dobbiamo poi stimolare ancor di più il dialogo tra generazioni – che coinvolge oggi ben cinque generazioni all’interno delle aziende – e affermare con forza il valore della meritocrazia.
Sono temi fondamentali per la nostra categoria, ma voglio far presente un altro concetto essenziale per Federmanager: senza etica, ogni ricerca di maggior produttività e competitività è vana.
Ogni decisione economica ha infatti anche una dimensione etica.
Le nostre priorità per il Governo
Al Governo e ai suoi illustri esponenti qui presenti voglio rivolgere oggi un messaggio chiaro: noi non chiediamo interventi episodici, non chiediamo interventi spot, ma una visione di lungo periodo che tenga insieme industria, impresa, lavoro, fiscalità e welfare, una visione che integri le politiche industriali, le politiche del lavoro e le politiche fiscali affinché le energie più produttive del Paese siano finalmente liberate a favore di tutte le cittadine e i cittadini.
Chiediamo al Governo seri investimenti nel capitale umano manageriale, finalizzati alla crescita produttiva e commerciale del sistema industriale, perché senza manager non c’è né produttività né competitività e senza produttività e competitività non c’è futuro per l’industria e lo sviluppo dell’Italia.
I campioni nazionali industriali di oggi vanno sostenuti e occorre investire molto di più in quelli di domani.
Serve dunque una strategia che integri le filiere, incentivi le forniture di origine nazionale o europea, favorisca la crescita dimensionale delle Piccole e Medie Imprese e ne elevi la managerialità.
All’Esecutivo chiediamo inoltre di aprire una stagione nuova per il lavoro manageriale. Più formazione, più politiche attive, più gestione manageriale della salute e sicurezza. Ogni infortunio è una sconfitta per tutti: per l’impresa e per il Paese.
In sostanza, serve un programma pluriennale di politica industriale che punti a orizzonti di crescita e managerializzazione, con una visione di lungo respiro che metta in campo risorse concrete, quegli 8–10 miliardi di euro che servono davvero per potenziare il vero motore industriale del Paese.
È infatti attraverso questo programma pluriennale di politica industriale che si potrà dare corpo a un piano straordinario per far crescere e managerializzare ulteriori 20mila Piccole e Medie Imprese nei prossimi dieci anni.
Ma per imboccare la strada di un solido sviluppo, il Paese ha bisogno di una rete digitale all’altezza della sua ambizione: infrastrutture, intelligenza artificiale, interoperabilità dei dati, data center, cybersicurezza e competenze digitali diffuse.
Bisogna accelerare – è questo che chiediamo al Governo – e farlo con un principio chiaro: la tecnologia deve servire la persona, non sostituirla.
E serve anche una nuova prospettiva per il Mezzogiorno.
Su questo punto voglio essere chiaro: non è un problema da risolvere, è un potenziale da liberare. Servono infrastrutture moderne, digitalizzazione e soprattutto più managerialità. Solo così potremo attrarre investimenti, frenare la fuga dei talenti e creare lavoro stabile sul territorio.
Ma la precondizione per potenziare il Paese – e questa è una delle principali richieste che avanziamo al Governo – è una fiscalità più equa, che valorizzi il merito e non penalizzi chi crea valore per tutti.
La precondizione per potenziare il Paese è una fiscalità più equa, che valorizzi il merito e non penalizzi chi crea valore per tutti
La progressività fiscale è un principio giusto – lo afferma la nostra Costituzione e, prima ancora, l’etica sociale – ma non può trasformarsi in esponenzialità irragionevole.
Quando il 5% dei contribuenti paga il 43% dell’IRPEF, non siamo più in un sistema progressivo, ma in un sistema sbilanciato.
Serve una lotta seria all’evasione e all’elusione e serve anche premiare la fedeltà fiscale.
Chi lavora, chi produce, chi paga le tasse non chiede privilegi: chiede rispetto.
Perché chi crea valore per il Paese deve avere gli strumenti per costruire il futuro.
La Legge di Bilancio 2026 mostra i primi tenui passi nella direzione da noi auspicata. Lo riconosciamo al Governo e di questo lo ringraziamo, ma, per essere concreti è necessario fare molto di più.
Voglio poi evidenziare un altro tema fondamentale per la nostra categoria: le pensioni dei manager e dei dirigenti.
È vero i nostri pensionati sono titolari di pensioni medio-alte maggiori di 4-5 volte il minimo, ma è anche vero che hanno versato contributi previdenziali altissimi, sostenendo la crescita industriale e sociale del Paese e garantendo la coesione sociale.
Eppure, oggi vedono il potere d’acquisto della loro pensione eroso dall’inflazione e da una perequazione insufficiente.
Chiediamo per loro perequazione equa e nessuna penalizzazione perché lo dico con fermezza e convinzione: i pensionati non hanno difese contrattuali. È quindi compito delle Istituzioni proteggerne il reddito e la dignità sociale.
Su questi temi, per noi molto importanti, abbiamo dato mandato alla nostra Confederazione, CIDA, di portare avanti gli studi e le iniziative mediatiche necessarie per rendere edotta l’opinione pubblica delle palesi iniquità perpetrate a danno delle nostre pensionate e pensionati.
Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà e dire con chiarezza che sulle pensioni il sistema pubblico va in sofferenza. In un Paese come il nostro, in cui già oggi il 40% delle pensioni è di tipo assistenziale, questa è una verità che non possiamo ignorare.
Rinnoviamo con forza la nostra richiesta, che da tempo avanziamo: una separazione contabile chiara e netta tra previdenza e assistenza, per evitare che chi ha versato regolarmente venga, come avvenuto fino ad oggi, penalizzato.
Un appello ai partner datoriali
Rivolgo ora un appello ai nostri partner datoriali, in primis Confindustria, Confapi e Confservizi: facciamo squadra insieme per portare avanti istanze fondamentali.
Mi riferisco al rafforzamento dei secondi pilastri, quello previdenziale e quello della sanità integrativa, per convincere le Istituzioni ad alzare i limiti di deducibilità dei contributi previdenziali e sanitari, fermi da oltre vent’anni a poco più di 5mila euro per la previdenza complementare e a poco meno di 4mila euro per l’assistenza sanitaria integrativa.
Chiediamo di portarli rispettivamente a 8.500 euro e a 6.000 euro, e chiediamo altresì che sia previsto un idoneo meccanismo di adeguamento automatico di rivalutazione annuale, sulla base dell’andamento inflattivo.
Lavoriamo inoltre insieme per sostenere una formazione continua di qualità. Alle istituzioni, insieme, chiediamo quindi che venga restituito ai nostri Fondi interprofessionali quel 20% oggi sottratto per finanziare ammortizzatori sociali di cui noi, per legge, non beneficiamo: quelle risorse devono tornare a sostenere chi crede nella conoscenza come motore di competitività e di civiltà.
Quella del capitale manageriale è una delle partite su cui più vogliamo fare squadra con voi. Il manager va visto come un fattore di successo competitivo e non come un costo da comprimere, perché senza manager le imprese non possono crescere né prosperare.
Dobbiamo avere l’obiettivo comune di attrarre giovani talenti e valorizzare i talenti senior che già vi operano, di far crescere dimensionalmente, tramite loro, le PMI, e di sostenere le transizioni verde, digitale ed energetica.
Da sempre condividiamo uno strumento potentissimo: il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Usiamolo per indicare la via del futuro alle imprese in cui noi manager operiamo, per valorizzarle e per renderle ancor più di successo.
Guardando al futuro riconosciamo che è arrivato il momento di dare una casa comune al management industriale, che include sia i dirigenti che i quadri apicali.
Le aziende faticano a gestire il loro management applicando contratti diversi: di categoria per i dirigenti, settoriale per i quadri apicali. Questa complessità è figlia di un’epoca che non esiste più da tempo, e in fabbrica c’è bisogno di più semplicità, non di rimanere ancorati a un’ideologia sorpassata dal tempo.
Le aziende devono avere la possibilità di gestire i propri manager con un unico contratto collettivo nazionale di lavoro: il contratto del management industriale! Lavoriamoci insieme!
La forza di Federmanager
Ottant’anni fa, sulle macerie della Seconda guerra mondiale, un gruppo di manager si impegnò per contribuire alla ricostruzione del Paese.
Oggi è nostro dovere ricordare quei dirigenti che ottanta anni fa furono deportati o fucilati, perché si opposero alla distruzione, alla razzia, al trasferimento in altri Paesi delle risorse industriali italiane.
Le risorse salvate da questi eroi costituirono la base della successiva ripartenza industriale e sociale del Paese.
La loro memoria ci ricorda ancora che la nostra professione è una missione che richiede responsabilità, spirito di sacrificio e coraggio.
Anche noi oggi, forti di questa grande storia, avvertiamo la responsabilità morale e sociale di chi è posto dinanzi a una scelta decisiva: la scelta di essere all’altezza del proprio compito.
Il management ha infatti una funzione di collegamento essenziale tra impresa e società, tra produzione ed etica, tra passato, presente e futuro.
VISES, il nostro Ente del Terzo Settore, ha proprio questo ruolo: essere un ponte tra manager e progetti di solidarietà verso le persone, le comunità e i territori svantaggiati.
La dignità del lavoro umano non è un principio economico, è un valore universale non negoziabile. Noi, come comunità di manager, ci assumiamo la responsabilità di custodirla.
La dignità del lavoro umano non è un principio economico, è un valore universale non negoziabile. Noi, come comunità di manager, ci assumiamo la responsabilità di custodirla
Nel concludere, mi sia consentito di rendere omaggio ai Presidenti federali che mi hanno preceduto, alle nostre Pensionate e Pensionati, ai Maestri e alle Maestre del Lavoro che sono nei nostri ranghi, a tutti i manager che sono in servizio attivo in azienda o temporaneamente inoccupati.
A loro va il mio e nostro grazie.
Permettetemi anche un ringraziamento speciale alle nostre 55 Associazioni Territoriali, ai loro Presidenti e Vicepresidenti, Tesorieri ai loro Consigli Direttivi, Organi Associativi, Direttori e Personale Dipendente, ai membri dei nostri Gruppi Giovani, Donne – Minerva e Seniores, ai membri delle nostre 18 Commissioni, alla Giunta Esecutiva, ai Consiglieri Nazionali, ai Congressisti, tutti diretta espressione dei territori nella vita della Federazione.
Un ringraziamento speciale va anche a tutti i coordinatori e componenti delle nostre RSA, le Rappresentanze Sindacali Aziendali, tramite le quali il dialogo tra Federmanager e le imprese si fa più specifico e fruttuoso.
Sì, a tutti loro va un ringraziamento speciale, perché sono la spina dorsale della nostra Federazione.
Federmanager, infatti, non è solo una sigla di rappresentanza, è una rete viva, di persone, di storie professionali, di famiglie che ogni giorno sono in campo per il Paese.
Ringrazio anche gli enti bilaterali e collaterali che condividiamo con le Associazioni Datoriali o che gestiamo direttamente: sono un altro fiore all’occhiello di Federmanager, un sistema di tutela concreta dei nostri iscritti e delle loro famiglie, di cui andiamo davvero orgogliosi.
So bene il duro lavoro che i loro Presidenti e Vicepresidenti, membri dei Consigli d’Amministrazione, Organi Sociali e Personale Dipendente svolgono ogni giorno.
Oggi noi possediamo e gestiamo enti che sono considerati un’eccellenza nei rispettivi campi: FASI, IWS, Assidai per la sanità integrativa; PREVINDAI e PREVINDAPI per la previdenza complementare; FASDAPI e Praesidium per i rischi professionali e personali; 4.MANAGER per la diffusione della cultura d’impresa e manageriale; Fondirigenti per il finanziamento della formazione manageriale; Fondazione IDI e Academy per la formazione; CDi Manager per l’executive search. Grazie per il vostro impegno e per il lavoro che fate tutti i giorni.
Infine, in ultimo ma non ultimi nei miei pensieri, ringrazio tutti i professionisti che operano dentro la Struttura Federale insieme a me, tutti i giorni: il Vicepresidente Zei, il Tesoriere Vivian, il Direttore Generale Cardoni, tutte e tutti i nostri dipendenti.
Lo vedo ogni giorno: la passione che li anima a favore dei nostri iscritti e del nostro complesso sistema associativo va ben oltre il semplice adempimento contrattuale. Grazie, a nome di tutte le nostre iscritte e iscritti, per il vostro lavoro!
Noi siamo orgogliosi di essere una grande squadra.
Perché noi crediamo in un’Italia che guida, non che insegue.
Un’Italia protagonista, non spettatrice.
Un’Italia che investe sul merito e non si arrende all’inerzia.
In questo anniversario, davanti a voi, davanti al Paese, voglio ribadirlo una volta di più: Federmanager c’è ed è pronta a fare la sua parte.
E lo farà con il sorriso e l’entusiasmo, come amo dire sin dal giorno del mio insediamento alla guida della Federazione. Con la serietà delle proposte e con il coraggio delle scelte. Con le nostre competenze e con la nostra leadership.
Ottant’anni fa è nato un grande sogno: continuiamo a sognare e a realizzare il futuro che vogliamo.
Per noi, per le nostre famiglie, per le nostre imprese, per il Paese, per l’Europa.
Questo è il nostro impegno.
Questo è il nostro augurio!
Grazie.
