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Visionaria follia

A giugno ci ha lasciati Silvio Berlusconi, uomo di successo talvolta apprezzato talvolta discusso. Il nitido ricordo delle sue mille vite, tra famiglia, imprenditoria, politica, televisione.

Silvio Berlusconi è senza dubbio uno dei personaggi più influenti della nostra storia contemporanea. Potremmo distinguere e analizzare molte “vite” di Berlusconi, ma sostanzialmente possiamo separare una prima fase (quella più lunga) dell’avventura imprenditoriale, e la seconda dell’avventura politica. In entrambe le fasi ha lasciato un segno molto forte, aldilà delle considerazioni individuali, è stato un protagonista in ogni strada che ha intrapreso, portando con sé innovazione e influendo notevolmente sui paradigmi preesistenti. Ho avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo a lungo. Ho lavorato con lui e nelle sue aziende, da cui ho imparato moltissimo. È stato per me il periodo più entusiasmante e formativo sul piano personale e umano. Amava spesso ripetermi una frase tratta dal celebre libro “Elogio alla follia” di Erasmo da Rotterdam, di cui era un grande ammiratore: «Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria, follia…». Con ogni probabilità questa frase ha rappresentato una bussola che ben sposava con le sue abilità e il suo indiscusso talento imprenditoriale.

Berlusconi, già molto giovane, non ancora trentenne, fiutò la rapida evoluzione del mercato immobiliare e la necessità di un fabbisogno abitativo più moderno e adatto ai tempi. Era la metà degli anni ’70, Milano iniziava a trasformarsi, diventava sempre più una metropoli che si proiettava fuori dalla cinta urbana. I ritmi della città diventavano sempre più frenetici, il mondo della finanza e dell’imprenditoria si espandeva, e così molte persone iniziavano a prendere in considerazione l’idea di vivere appena fuori il centro cittadino, per condurre una vita più serena tra spazi aperti immersi nel verde e lontano dal caos e lo smog del centro città. Berlusconi avvertì questo sentimento e, seguendo il proprio istinto volto sempre a voler immaginare di fare di più di quanto avesse già visto altrove – tanto è vero che lui diceva spesso: «Bisogna avere sempre il sole in tasca e il cuore oltre l’ostacolo» – progettò la celebre Milano Due. Un complesso residenziale esclusivo alle porte di Milano, che avesse al suo interno un laghetto, un impianto sportivo, una chiesa, un ospedale, una serie di esercizi commerciali, insomma più di un semplice quartiere, una vera e propria cittadina dotata di tutto ciò che aveva bisogno un residente senza dover necessariamente recarsi in centro città. Fu una vera e propria rivoluzione che attirò architetti e urbanisti di fama internazionale. Ma lo spirito creativo e innovativo di Berlusconi non si fermò qui, anzi, questo fu soltanto il punto di partenza.

Progetti che sembravano irrealizzabili con lui iniziano a diventare realtà. Gli anni a cavallo tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 furono contrassegnati da un profondo cambiamento sociale. Si percepiva una voglia di cambiamento molto veloce, gli stili di vita stavano modificando profondamente la società, l’economia era molto fiorente e gli imprenditori più audaci si lanciavano in esperienze innovative. Berlusconi fu sicuramente il più rivoluzionario del tempo, anche perché amava esplorare nuovi campi, cimentarsi in cose in cui nessuno avrebbe mai pensato di osare, come poi si verificò per la sua invenzione più grande: la televisione commerciale italiana, Fininvest.

Amava esplorare nuovi campi, cimentarsi in cose in cui nessuno avrebbe mai pensato di osare, come poi si verificò per la sua invenzione più grande: la televisione commerciale italiana, Fininvest

Oggi può sembrare tutto così scontato. La vasta offerta dei canali televisivi, perfino superata dall’offerta delle piattaforme on-demand che diventano sempre più numerose e adatte agli stili di vita contemporanei, a differenza del tradizionale palinsesto televisivo declinato sulla base di una giornata-tipo che ormai non è più standardizzata come un tempo. Berlusconi intuì subito le potenzialità economiche di un medium già esistente, ma appannaggio esclusivo dello Stato e con una funzione prevalentemente pedagogico-informativa. Nei primi anni ’70 iniziano gli esperimenti di trasmissione televisiva via cavo con un raggio di azione molto limitato, insomma delle vere e proprie tv di quartiere. Tra queste c’è Telemilanocavo, una piccola tv via cavo che trasmetteva soltanto nel comprensorio di Milano Due. Con l’autorizzazione del 1976 a trasmettere via etere per le tv private in ambito locale, Silvio Berlusconi comprò nel ’78 Telemilanocavo che diventa Telemilano58 per poi evolversi in Canale 5: il primo canale televisivo privato nazionale. Da quel momento nasce l’impero che oggi conosciamo sotto il nome di Mediaset.

Dopo che la Rai aveva concluso il suo compito di portare a termine l’unificazione linguistica e culturale dell’Italia, Berlusconi intuì l’esigenza di utilizzare il medium televisivo come forma di svago, di intrattenimento, spettacolo e divertimento. I tempi erano maturi per dare una svolta mediatica ad un pubblico che aveva bisogno di sciogliere i propri desideri di libertà e leggerezza. Chiaramente, è del tutto evidente che Berlusconi intuì, oltre alla trasformazione della società italiana, il business che poteva ricavare da una tv libera, o per meglio dire in questo caso: commerciale. L’accesso alla pubblicità Rai per i potenziali inserzionisti era molto difficile ed estremamente selettivo. Soltanto i grandi marchi che avevano già una certa riconoscibilità accedevano a Sipra (il nome della concessionaria pubblicitaria Rai). C’era una grande fetta di mercato fatta di medie e piccole aziende che volevano investire ma non avevano possibilità di farlo. Fu così che Berlusconi intese sfidare il monopolio Rai, con la creazione di una propria concessionaria pubblicitaria, tutt’ora esistente: Publitalia ’80 con l’obiettivo di vendere gli spazi pubblicitari che la Rai lasciava fuori. Gli introiti man mano diventavano sempre più importanti e Berlusconi strappava all’ormai concorrente Rai i migliori artisti, conduttori, giornalisti e star dello spettacolo, per cimentarsi in questa nuova avventura pioneristica.

Con lo sguardo dei tempi attuali, l’evoluzione storica di questo fenomeno sociale non si può che riconoscere come un successo assoluto e di grande impatto socioeconomico. Ciò che Berlusconi aveva immaginato lo ha realizzato. La tv era diventata sinonimo di spensieratezza e libertà, tra l’altro gratis per i telespettatori, a differenza della Rai. L’unico metro di giudizio usato per la scelta dei programmi è il gradimento del pubblico. Con la tv del Biscione tutte le fasce orarie erano coperte e destinate ad un pubblico specifico. La televisione così assume un connotato nazional-popolare in senso gramsciano con un evidente elemento di libertà nella sfera comunicativa. Libertà in duplice senso, sia dei telespettatori, sia degli imprenditori.

Sull’onda di questo successo “politico”, in senso lato, dopo aver dimostrato le straordinarie abilità imprenditoriali, Silvio Berlusconi tenta anche l’avventura politica, in senso stretto, occupando quel vuoto che si era venuto a creare dopo i fatti di tangentopoli. La storia è nota a tutti: il primo imprenditore, uomo della società civile e senza alcuna esperienza politica, in pochi mesi diventa Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana.

La storia è nota a tutti: il primo imprenditore, uomo della società civile e senza alcuna esperienza politica, in pochi mesi diventa Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana

Aldilà dei giudizi personali, “il Cavaliere”, come è stato soprannominato dal 1977 quando divenne Cavaliere del lavoro, onorificenza ricevuta grazie alle straordinarie attività imprenditoriali, ha rappresentato una guida per tanti imprenditori e manager che sono cresciuti professionalmente nelle sue aziende. Aveva creato un nuovo stile di vita aziendale, molto dinamico e improntato al benessere dei dipendenti che ho avuto modo di vivere in prima persona nel periodo in cui ho lavorato in Mediaset. Sono ormai celebri le convention annuali di Montecarlo con tutti i dirigenti Fininvest, così come quelle settimanali al Jolly Hotel di Milano due dove riuniva tutta la sua prima linea di manager per ascoltare le proposte e tracciare la linea da seguire per raggiungere i prossimi obiettivi. Non ha mai lasciato nulla al caso, e anche quando ha intrapreso la strada politica non smetteva mai di dispensare consigli imprenditoriali, anzi, più propriamente commerciali, perché in fondo quell’anima non l’ha mai persa. Del resto, il primo amore non si scorda mai.

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