Giorgio Ambrogioni: la dirigenza unisce l’Europa

Presidente, la CIDA arriva ad un traguardo importante sia per la dirigenza  pubblica che privata. Come avete deciso di celebrarlo?

70 anni non sono pochi!

Abbiamo deciso di celebrarli in modo sobrio, valorizzando il nostro ruolo istituzionale e lanciando un’idea per i prossimi anni, quella di un Manifesto valoriale della dirigenza europea.

Da più parti sono arrivati riconoscimenti per l’importante ruolo svolto dalla Confederazione: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,  il Sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba e il Segretario CGIL Susanna Camusso hanno inviato  messaggi con i quali hanno dimostrato di apprezzare il ruolo economico e sociale che svolgiamo, i valori cui facciamo riferimento, gli obiettivi che ci poniamo.

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Come vede la CIDA nei prossimi anni?

I tempi che stiamo vivendo sono difficili, segnati da gravi crisi politiche, economiche e sociali: il disagio, il senso di disorientamento che attraversa la società italiana, così come gran parte delle economie avanzate, rischia di provocare un arretramento sui valori fondanti della nostra convivenza civile. Tutto questo pone il management pubblico e privato di fronte a nuove e difficili scelte, di fronte alla esigenza di riscoprire nuove forme e nuovi modelli di protagonismo politico e sociale.

Questo significa che, ferma restando la nostra apartiticità non c’è più spazio per ritrosie ed eccessi di prudenza rispetto alle scelte di politica economica e sociale. L’attuale situazione del Paese ci impone di essere fermi e rigorosi nel chiedere politiche di risanamento e che non disperdano le risorse concentrandole su pochi ma qualificanti driver di crescita e sviluppo. Nel chiedere politiche che stimolino e sostengano il fare impresa ed il lavoro.

Ci spiega nel dettaglio quali saranno gli obiettivi?

Nel prossimo futuro ci impegneremo per promuovere, sostenere ed accompagnare tutti quei processi evolutivi del nostro sistema imprenditoriale ancora fondato su un modello di capitalismo familiare troppo chiuso all’apporto manageriale e che spesso non affronta per tempo la fase critica del passaggio generazionale.

Sosterremo per tutti i comparti (scuola, sanità, Stato, Enti locali), la riforma della dirigenza pubblica, tutelandone l’autonomia rispetto alla politica, valorizzandone le responsabilità, ponendo effettivamente il merito al centro delle relative politiche di selezione e remunerazione.

Ci impegneremo in un’azione forte e continua di rilegittimazione sociale della figura manageriale facendo percepire in modo più aderente alla realtà il valore del nostro impegno; i dirigenti che rappresentiamo e che vogliamo rappresentare traggono la loro forza e credibilità non da appartenenze ma dalle loro storie professionali e dai risultati conseguiti.

Non siamo una casta autoreferenziale che si auto-protegge in modo acritico ma il risultato di un ascensore sociale e di una selezione meritocratica che attinge al ceto medio.

Vogliamo essere protagonisti e punto di riferimento di un mondo del lavoro che punta su giovani impegnati, preparati e desiderosi di emergere. In questo quadro è forte e convinto il nostro impegno a collaborare con il Governo e le Imprese perché l’alternanza scuola lavoro abbia successo. 

Recenti sondaggi ci dicono che i giovani sarebbero disposti a rinunciare ai diritti previsti dalla legge e dai contratti pur di trovare un lavoro: è un segnale preoccupante, a questi giovani dobbiamo ridare fiducia e speranza di un futuro degno delle loro attese e senza regressioni.

Come mai i dirigenti hanno deciso di impegnarsi a favore dell’Europa proprio in un momento in cui sembrano prevalere le logiche nazionali?

Perché siamo convinti che occorra riscoprire i valori e la visione di De Gasperi, Schuman e Adenauer: noi crediamo a tal punto in questo lascito da proporre, insieme alle altre organizzazioni europee del management, riunite nella CEC European Managers, un manifesto i cui valori portanti sono il frutto di un sondaggio su scala Europea.

Secondo noi, è giunto il tempo, che in questa economia sempre più globalizzata e condizionata dalla finanza fine a se stessa, il management europeo si riconosca in valori e declinazioni comuni, confermi di essere pronto ad assumere nuove e più sfidanti responsabilità professionali e sociali.

In questo quadro la dirigenza europea deve confrontarsi ed esprimersi di più, valorizzando il ruolo della CEC: vanno comprese le differenze, che nascono da modelli e culture manageriali diverse, per farle diventare elementi di forza; vogliamo un management dinamico, preparato, moderno e disposto a mettersi in gioco in una Europa forte, sociale, solidale, senza muri e reticolati.

E’ tempo che la dirigenza eserciti una funzione di orientamento e supporto alla definitiva affermazione dell’Europa di Ventotene, anche attraverso un rinnovato Dialogo Sociale Europeo.

In cosa consiste il Manifesto che avete lanciato in occasione del 70° CIDA?

Il manifesto è l’avvio di un percorso virtuoso, certamente da implementare, ma che traccia l’identikit di un manager sovranazionale, che incarna una sintesi virtuosa tra solidità nelle competenze, cultura del risultato e forte attenzione alla dimensione etica. Come ha giustamente sottolineato il Prof. Lazar nel corso del suo intervento questo Manifesto è il contributo dei manager alla ricostruzione del tessuto sociale, del Sistema Paese e in generale dell’Unione Europea. Ma è anche la prova che esistono in Italia, come in tanti altri paesi europei, alcuni settori della società che vogliono davvero fare la differenza, che vogliono partecipare attivamente alla vita non solo produttiva, ma sociale.

Negli ultimi tempi si parla sempre più spesso di produttività. Quali le raccomandazioni della  CIDA a riguardo?

Abbiamo chiesto al Ministro Calenda di riconoscerci un ruolo esplicito nelle fasi attuative di Industria 4.0. Lo abbiamo fatto nella convinzione che siamo di fronte ad un vero e proprio rilancio del Sistema Paese e che quindi riguarda tutti i settori manageriali.

Come ha detto giustamente nel suo intervento Giuseppe Roma, parlare di produttività significa investire in competenze ed in professionalità manageriali ed in processi di selezione e remunerazione veramente meritocratici.

 a cura della Redazione