Le riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) saranno cruciali per la ripartenza post pandemica e avranno impatti immediati, oltre che a livello nazionale, anche sugli enti territoriali. Tra le riforme più significative, vanno ricordate certamente quella della Pubblica amministrazione e, tra le cosiddette riforme abilitanti, quelle sulla semplificazione e sulla concorrenza.
La riforma della Pa è una condizione necessaria per garantire il raggiungimento degli obiettivi del Piano, che non può non passare per un radicale miglioramento dell’azione pubblica.
La Pubblica amministrazione italiana è stata investita negli ultimi anni da due fenomeni convergenti, che ne hanno determinato un indebolimento. Da un lato, la diminuzione del numero complessivo degli addetti per le sopraggiunte quiescenze e i tagli alla spesa e lo scarso turnover fra le generazioni. La Pa italiana registra oggi circa 3,2 milioni di dipendenti in valore assoluto, un numero inferiore alla media Ocse (13,4% dell’occupazione totale, contro il 17,7 % della media Ocse, secondo i dati del 2017).
In Italia abbiamo circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici, pari al 13,4% dell’occupazione totale. La media Ocse è del 17,7%
Dall’altro, l’obsolescenza e l’inadeguatezza delle competenze e della formazione degli addetti rispetto alle nuove materie e funzioni assegnate alla Pa, frutto sia dello scarso turnover, già richiamato, che non porta le leve della nuova generazione, con le sue competenze, a immettersi negli apparati, sia della riduzione della spesa per la formazione e l’aggiornamento dei dipendenti pubblici, che appare spesso carente sotto i profili Ict.
In 10 anni gli investimenti in formazione si sono quasi dimezzati, passando da 262 milioni di euro nel 2008 a 164 milioni nel 2019, una media di 48 euro per dipendente.
Il Pnrr considera la riforma della Pa, assieme a quella della giustizia, una riforma orizzontale, o di contesto, le quali consistono in innovazioni strutturali dell’ordinamento, d’interesse traversale a tutte le missioni del Piano.
Le proposte contenute nel Pnrr si muovono su quattro assi strategici: a) l’accesso con criteri di selezione che attraggano i giovani favorendo il ricambio generazionale; b) la buona amministrazione, per semplificare le norme, ridurre i tempi e le procedure (anche mediante l’eliminazione di adempimenti non necessari) e per garantire, tra l’altro, trasparenza e corretta informazione ai cittadini; c) competenze, per allineare conoscenze e capacità organizzative alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di una amministrazione moderna; d) digitalizzazione, quale strumento trasversale per meglio realizzare queste riforme.
Il Pnrr colloca le semplificazioni, insieme alla promozione della concorrenza, fra le riforme abilitanti, cioè gli interventi funzionali a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese.
Rispetto alla concorrenza, lo strumento di riforma sarà la legge annuale per il mercato e la concorrenza, nel nostro ordinamento dal 2009 ma adottata solo nel 2017, con la legge 24/2017, per promuovere dinamiche competitive finalizzate ad assicurare anche la protezione di diritti e interessi non economici dei cittadini, con particolare riguardo ai servizi pubblici, alla sanità e all’ambiente.
Le semplificazioni prefigurate nel Pnrr consistono invece nella razionalizzazione e riduzione dello stock della normativa vigente, al fine di alleviare la bulimia regolatoria del nostro Paese (si calcola che siano 111 mila i soli testi legislativi vigenti).
Si calcolano 111 mila testi legislativi vigenti. La riduzione dello stock normativo è già di per sé un fattore di riduzione dell’incertezza e della corruzione
Le semplificazioni ricercate sono dunque di due tipi: normative e amministrative.
La riforma si muove nella prospettiva che la certezza del diritto, costituito da poche regole semplici, chiare e conoscibili, sia un valore fondamentale nello Stato di diritto, non solo dal punto di vista culturale, ma anche per consentire il libero dispiegarsi delle attività economiche di cittadini e imprese, italiani ed esteri.
Con una premessa di metodo: le semplificazioni devono procedere di pari passo con il rafforzamento della Pa, sia sotto il profilo delle risorse umane e materiale, sia sotto quello delle competenze.
Le linee d’intervento previste sono le seguenti:
- rafforzamento delle strutture per la semplificazione amministrativa e normativa, potenziando le strutture del Dipartimento della funzione pubblica e del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (Dagl);
- miglioramento dell’efficacia e della qualità della regolazione, mediante strumenti già esistenti come l’Analisi d’impatto della regolamentazione (Air) e la Valutazione d’impatto della regolamentazione (Vir). Tra gli obiettivi, quelli di: monitorare e programmare l’attività normativa del Governo, coinvolgendo i soggetti rappresentativi nella fase istruttoria; migliorare la chiarezza delle norme e il drafting legislativo, anche mediante la predisposizione di testi unici; introdurre, sul modello delle scienze economiche, sistemi e parametri per la valutazione dell’efficacia degli interventi normativi e per la misurazione dei risultati;
- semplificazione in materia di contratti pubblici, operando su due direttrici: quella di prorogare temporalmente numerose eccezioni, deroghe e sospensioni alla normativa vigente già previste dal decreto Sblocca cantieri del 2019 e dal decreto Semplificazioni del 2020; quindi, delegare al Governo la riforma complessiva del settore, ispirata a questi criteri: riduzione della normativa in materia di appalti; riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti alle procedure di evidenza pubblica; revisione della disciplina dell’appalto integrato, con riduzione dei divieti; revisione della disciplina del subappalto; tendenziale divieto di clausole di proroga e di rinnovo automatico nei contratti di concessione; sviluppo e semplificazione dell’e-procurement;
- semplificazione e razionalizzazione delle normative in materia ambientale, soprattutto con riferimento ai procedimenti per il rilascio della Via;
- semplificazioni in materia di edilizia e urbanistica e di interventi per la rigenerazione urbana: lo strumento principale qui è il superbonus, che viene confermato, puntando alla semplificazione delle procedure d’accesso per promuoverne la diffusione;
- semplificazione delle norme in materia di investimenti e interventi nel Mezzogiorno: razionalizzazione delle norme e delle procedure sul credito d’imposta e su altre agevolazioni alle imprese per l’acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive o di beni immobili al Sud, valorizzazione delle Zone economiche speciali (Zes);
- abrogazione e revisione di norme che alimentano la corruzione: la riduzione dello stock normativo è già di per sé un fattore di riduzione dell’incertezza e della corruzione. A ciò si accompagna la necessità di fare un tagliando alla legge Severino e al decreto 39 del 2013 su inconferibilità e incompatibilità;
- riforma “Recovery procurement platform”: digitalizzazione e rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni aggiudicatrici, mediante il rafforzamento dei mercati elettronici;
- rafforzamento delle misure di revisione e valutazione della spesa e dotazione di un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale accrual.