Due misure di particolare rilievo nel panorama pensionistico italiano sono state previste nella Legge di Bilancio 2017: si tratta del primo sostanziale intervento volto a mitigare l’inasprimento dei requisiti pensionistici dovuto alla riforma del dicembre 2011 e al meccanismo di graduale incremento per adeguamento a speranza di vita.
La prima misura è la cosiddetta APE, acronimo per anticipo pensionistico, che ha lo scopo di offrire un sistema di ‘traghetto’ verso la pensione; dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2018, si introduce un nuovo sistema per consentire ai lavoratori con almeno 63 anni di età e 20 di contributi, lontani dalla pensione di vecchiaia almeno 6 mesi e non più di 3 anni e 7 mesi, di assicurarsi un trattamento economico esente che li accompagni fino alla data di accesso alla pensione di vecchiaia.
L’Ape consiste dunque in un prestito concesso fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia da un soggetto finanziatore – con contestuale stipula di assicurazione per premorienza – che dovrà essere restituito, una volta che il lavoratore sarà in pensione, con un piano di ammortamento di durata ventennale recuperato dall’INPS sull’assegno di pensione. Non è ancora noto con esattezza il costo finanziario dell’operazione, oscillante fra il 4,5 / 4,8% in ragione annua. Per arginare l’impatto sulla futura pensione la stessa Legge di stabilità introduce due strumenti.
La possibilità per le imprese, anche attraverso enti bilaterali e i fondi di solidarietà bilaterali, di attutire o neutralizzare l’impatto del prestito, mediante un meccanismo di aumento della pensione futura (APE aziendale). In sostanza, il datore di lavoro fornirà una dote contributiva che potenziando il montante (dunque la quota calcolata con metodo contributivo), aumenterà l’assegno di pensione, rendendolo più resistente al prelievo ventennale costituito dal piano di recupero dell’anticipo pensionistico.
Tale misura agevolativa dell’esodo aziendale sarà siglata con accordo individuale col dipendente e prevede una sola misura minima (pari alla contribuzione volontaria calcolata sul periodo di anticipo pensionistico), ma non una massima, lasciando così alle parti ampia facoltà di trovare un punto di equilibrio fra necessità imprenditoriali ed esigenze del dipendente.
Parallelamente all’Ape privato ed aziendale si introduce una forma di misura assistenziale, detta ‘Ape Sociale’, per soggetti che si trovano in una situazione di disagio in quanto sono disoccupati e hanno esaurito da almeno 3 mesi l’indennità di disoccupazione, oppure sono disabili o assistono familiari disabili, o ancora svolgono attività riconosciute come usuranti.
Per queste categorie sempre da maggio 2017 e fino al dicembre 2018 sarà prevista un’indennità a carico dello Stato, di accompagnamento al raggiungimento dei requisiti pensionistici. Per chi richiederà l’Ape Sociale sarà necessario chiudere qualunque rapporto di lavoro subordinato, avendo maturato almeno 30 anni di contributi (36 nel caso dei lavoratori addetti a mansioni usuranti).
Una seconda misura, più interessante per la platea dirigenziale, è il restyling apportato al cumulo dei contributi introdotto nel 2012 e ora potenziato tanto da consentire un consolidamento di carriere contributive frammentate in tutti gli ordinamenti previdenziali.
L’azione del cumulo si configura come possibilità per i soggetti richiedenti di ottenere una sola pensione che comprenda la contribuzione sparsa presso le diverse Gestioni o Fondi, i quali parteciperanno pro quota alla definizione della pensione. Da gennaio 2017, chi richiede di applicare il nuovo cumulo avrà la possibilità di accedere senza alcun onere anche alla pensione anticipata (i cui requisiti sono legati unicamente all’anzianità contributiva) richiamando anche i contributi presso le Casse professionali.
Il cumulo permette poi la conservazione delle regole di calcolo proprie di ciascuna gestione pensionistica, senza la necessità di passare al metodo contributivo, come nel caso della Totalizzazione.
Nel caso in cui si fosse già attivata una istanza di Totalizzazione è fatta salva la facoltà di richiedere il cumulo con rinuncia alla domanda se presentata prima della promulgazione della manovra e a patto che non si siano ancora perfezionate dal punto di vista amministrativo; allo stesso modo, per chi aveva già attivato una ricongiunzione onerosa fra Gestioni INPS secondo la legge 29 del ‘79, il cumulo sarà comunque attuabile a condizione che non si sia completato il pagamento dell’onere, prevedendo l’annullamento dell’operazione, e il rimborso delle rate già sostenute.
Non si fa cenno a eventuali ricongiunzioni già intraprese fra INPS e Casse Professionali, lasciando così intendere che non potrà rioptare per il cumulo chi avesse già esercitato la facoltà descritta dalla L. 45/1990, a prescindere dal perfezionamento o meno del pagamento del relativo onere.
* Direzione Centrale Pensioni Inps