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Mamma che business!

Donna, madre e Ceo di un’azienda innovativa che ha scelto di tornare in Italia. Il nostro incontro con Ilaria Tiezzi di Brandon Group

«A 32 anni, nel momento di massima ascesa della mia carriera, dopo essere diventata executive, ho deciso di fermarmi, di tornare in Italia e di fare un figlio. Un rischio “calcolato”, quando sono rientrata dalla maternità avevo parecchie offerte sul tavolo». Puntare sul proprio Paese e decidere di mettere su famiglia è stata quindi, una scelta vincente per Ilaria Tiezzi. Toscana, 37 anni, bocconiana, è oggi amministratore delegato di Brandon Group, una Pmi dedicata allo sviluppo delle vendite online nei settori sport, fashion, home & living e beauty. Con un fatturato 2018 di circa 9,5 milioni di euro, raddoppiato rispetto ai 4,9 milioni di euro registrati nel 2017, un modello di business distintivo e a una crescita triple digit già nel primo anno di vita, Brandon ha chiuso il 2019 con un incremento del fatturato superiore al 130%, venendo inserita dal Financial Times nella top 100 della FT 1000 Europe’s Fastest Growing Companies del 2017.

Ilaria Tiezzi, amministratore delegato di Brandon Group

Tiezzi, com’è arrivata in Brandon Group?

Subito dopo la laurea sono approdata a Mediaset per lanciare la prima piattaforma di digital video broadcasting a livello mondiale e, dal 2006, per cinque anni sono stata in The Boston Consulting Group con una forte focalizzazione nel Tmt (Tecnologia, Media e Telecomunicazioni). Poi sono andata a Sky, dove sono rimasta anche in questo caso per quasi un quinquennio. Lì mi occupavo di strategia a riporto dell’amministratore delegato. Quindi mi sono ritagliata un ruolo come responsabile di tech innovation, entrando in contatto con diverse aziende. Una di queste mi ha convinta e mi sono spostata a Londra per diventare vice presidente di V-Nova Ltd, start up divenuta, dopo qualche anno, un player globale nell’offerta di soluzioni di compressione dei video. Lì mi occupavo del lancio di nuovi prodotti e dell’ingresso in nuovi mercati. Nel 2015 ho deciso di tornare in Italia, una scelta incerta dopo essere diventata executive. E ho anche avuto il mio primo figlio.

Ho deciso di applicare anche in questa nuova avventura il modello di managerialità che avevo sperimentato a Londra

Qualcuno potrebbe giudicarlo un “salto nel vuoto”…

Solo in apparenza. In realtà, una volta riaffacciatami al mondo del lavoro si sono palesate delle opportunità straordinarie. Nel 2018, a marzo, sono entrata nel consiglio di amministrazione di Cellularline a ridosso del progetto di quotazione all’Aim. A ottobre dello stesso anno, con l’aumento di capitale di Brandon Group sostenuto da Invitalia e Primo Miglio, sono stata chiamata come amministratore delegato. Si è trattato di una bella congiuntura tra un processo di managerializzazione avviato dalla fondatrice Paola Marzario e la proposta di un head hunter che mi aveva supportato quando lavoravo in Bcg.

E poi che è successo?

Ho deciso di applicare anche in questa nuova avventura il mio modello di managerialità che avevo sperimentato a Londra. Il 2018 si è chiuso con un fatturato di 9,4 milioni, di fatto raddoppiando i risultati dell’anno precedente. E in questo 2019 supereremo in modo sostanziale i 20 milioni, con una Ebitda triplicata. Siamo arrivati a essere in 29 e, nel corso del primo trimestre del 2020, prevediamo di ampliare anche l’executive team.

Il 2019 si è concluso con un incremento del fatturato superiore al 130%, e il Financial Times ha inserito Brandon in cima alla classifica della FT 1000 Europe’s Fastest Growing Companies

Un incremento su tutta la linea: sembra una domanda banale, ma qual è la vostra ricetta?

Abbiamo deciso di accelerare sia sul lato vendite che su quello delle tipologie dei clienti. Lo scorso anno l’origine dei nostri partner era fondamentalmente l’Italia, nell’85% dei casi. Quest’anno scendiamo al 58% e il volume di vendite nel nostro paese scende dal 40 al 30%. Vogliamo essere un player sempre più europeo e internazionale. E poi prevediamo di affiancare alla crescita organica anche la possibilità di effettuare qualche acquisizione.

Avete già delle idee?

Sicuramente ma è prematuro svelarle. Quello che possiamo dire è che ci interessa molto puntare a migliorare ulteriormente il tasso di automazione, perfezionamento e affinamento. Sono stata fino ad ora con il doppio cappello di Ceo e Coo, per dare una struttura all’organizzazione. Ora però dobbiamo “diventare grandi”. Siamo passati da 360 mila a 670 mila operation in un anno.

Chi sono i vostri clienti “tipici”?

Fino a qualche tempo fa l’azienda più comune che si rivolgeva a noi era una Pmi con un fatturato tra i 50 e i 60 milioni. Oggi invece, soprattutto dopo l’esperienza con Piazza Italia, stiamo iniziando a guardare anche a soggetti più rilevanti dimensionalmente, che superino anche i 100 milioni di euro.

Pensate che, progressivamente, vi sposterete sempre più verso grandi aziende o manterrete questo mix?

Va detto che è un fenomeno abbastanza recente quello di avere “a bordo” player più grandi. Ma mi aspetto che sarà un trend in crescita contestualmente all’aumento del peso per quanto riguarda il B2C. Con le acquisizioni stiamo diventando un interlocutore privilegiato per imprese di dimensioni più sostanziose. Perché attraverso Brandon possono cogliere l’opportunità di costruire una presenza internazionale del loro store ufficiale sui principali marketplace.

Quali sono i servizi più richiesti?

Sono tipicamente tre le esigenze che riscontriamo più spesso. Prima di tutto ci sono distributori tradizionali che sono diventati digitali e che mancano di una piattaforma tecnologica e dei tool di massimizzazione delle vendite; poi ci sono i marketplace aggregatori, che sono nativamente digitali ma che mancano completamente della visione commerciale; infine ci sono gli e-commerce per big provider, che sono dei brand specialist che si focalizzano sulla vetrina. Noi fungiamo da complemento per tutte queste esigenze.

Guardate anche all’espansione verso Cina e Stati Uniti?

Non al momento. In Europa, che è il terzo mercato per volume dopo i due citati, ci sono ancora enormi spazi di crescita. Le aziende hanno ancora moltissimo bisogno di essere supportate sia per la realizzazione del marketplace sia per ricevere tutte le informazioni necessarie per acquisire le competenze tecnologiche.

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