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La diversità è ricchezza

Due obiettivi da fissare in cima all’agenda del Paese: rompere il soffitto di cristallo, aiutando le donne a raggiungere il traguardo di un’equità sostanziale, e aumentare le retribuzioni di tutti i cittadini.

“La diversità è ricchezza”: un’enunciazione predicata un po’ ovunque, spesso senza trovare adeguata applicazione, soprattutto nelle dimensioni sociali e lavorative. E dato che questo spazio non c’è o è molto ridotto, come purtroppo accade anche in alcuni convegni e occasioni di confronto, bisogna crearlo. Per tale ragione, mi riprometto di non partecipare più a eventi pubblici in cui non siano chiamate a intervenire le donne. “No women, no panel”, senza lasciare spazio a sotterfugi o espedienti per bypassare le tante personalità femminili che rivestono ruoli di primaria importanza.

La diversità è infatti una chiave essenziale per rispondere alla complessità del nostro tempo, che traspare in tutta la sua evidenza riflettendo, ad esempio, sull’emergenza retributiva che colpisce le diverse fasce della popolazione italiana.

Basta esaminare dati autorevoli, come quelli recentemente illustrati dall’Inapp: in Italia, tra il 1991 e il 2022, i salari reali sono cresciuti appena dell’1%, a fronte di una media Ocse pari al 32,5%.

Cifre che ci mettono in fuorigioco nella partita della competitività, se non corriamo al più presto ai ripari. Anche perché, come sottolineato dal Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, il recupero del potere d’acquisto dei salari è fondamentale per sostenere i consumi e la ripresa economica.

E questo vulnus tutto italiano risulta ancor più grave se si guarda ai numeri che interessano l’occupazione femminile. Secondo i dati Inps, nel 2022 la differenza salariale tra uomini e donne, nel settore privato, è stata pari a quasi 8 mila euro l’anno.

È arrivato il momento di rompere il soffitto di cristallo, aiutando le donne a raggiungere il traguardo di un’equità sostanziale e non solo formale. Ma è arrivato, più in generale, il momento di scegliere in che direzione far andare il Paese.

Per aumentare le retribuzioni e il loro potere d’acquisto minacciato dalla scure dell’inflazione, è necessario intervenire con un taglio del cuneo fiscale strutturale, che produca effetti su tutti i redditi, compresi quelli più alti.

Altrimenti, le persone maggiormente capaci, quelle con ampie prospettive di carriera, vanno via, cercando all’estero i riconoscimenti che meritano. Non è un mistero che, negli ultimi anni, 10 giovani italiani su 100 abbiano lasciato il territorio nazionale.

Un’emorragia di competenze che, abbinata all’inverno demografico rilevato, rischia di compromettere seriamente l’avvenire di un Paese con un debito delle amministrazioni pubbliche oltre i 2.800 miliardi di euro.

La nostra organizzazione, impegnata a rilanciare la contrattazione collettiva e a promuovere quella di secondo livello, intende collaborare con le istituzioni per garantire ai cittadini un futuro a prova di crisi, con prospettive di crescita sostenibili. Come sempre, siamo pronti a lavorare, perché crediamo che dalle difficoltà possano sorgere grandi opportunità.

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