La coscienza ci salverà

Il decision making all’epoca del coronavirus. Conversando con Giulio Maira, neurochirurgo di fama internazionale, perché è nei momenti di grande instabilità che sbagliare scelta può portare a conseguenze irreversibili

Così come prendere decisioni è senza ombra di dubbio la principale attività quotidiana del nostro cervello, prenderne di pessime in mancanza di informazioni affidabili e in condizioni incerte è uno dei marchi di fabbrica dell’essere umano. Un tratto distintivo con cui dobbiamo fare i conti – spesso salati – e che rappresenta l’oggetto di studio di un nuovo ramo interdisciplinare, la neuroeconomia, che parte da un assunto: l’uomo possiede un lato emotivo in grado di sovrastare quello analitico, perché le sue attitudini sono costantemente influenzate da processi spesso inconsci e fuori controllo.

Non a caso è stato il neuropsicologo Daniel Kahneman a essere insignito del premio Nobel per l’economia nel 2002, per aver dimostrato come nelle nostre decisioni la razionalità economica venga facilmente violata. Una condizione che rappresenta un ostacolo non secondario ai decision maker di ogni ordine e grado, a maggior ragione in momenti di grande instabilità emotiva, sociale ed economica – come l’era del coronavirus che ci è toccata in sorte – in cui sbagliare scelta può portare a conseguenze pesanti.

Giulio Maira, neurochirurgo e docente presso l’istituto clinico Humanitas. Founder e presidente della fondazione Atena

Il professor Giulio Maira, uno dei maggiori neurochirurghi a livello internazionale e docente di neurochirurgia all’istituto Humanitas di Milano, ci ha spiegato che il nostro cervello agisce secondo due modelli di comportamento opposti. «Esiste il pensiero veloce che è puro intuito, che opera in fretta e automaticamente sull’onda dell’emotività, e il pensiero lento, quello delle attività mentali più impegnative e più razionali che coinvolgono molte aree cerebrali, quello della logica che causa un dispendio di risorse di gran lunga maggiore rispetto al primo». Peccato che il nostro cervello sia un organo pigro, propenso a risparmiare l’energia limitata che ha a disposizione e a percorrere delle scorciatoie mentali per arrivare alla soluzione in modo rapido sulla base dell’esperienza e di automatismi. Un meccanismo irresistibile e tuttavia fallace.

Basta riproporre un celebre problema per capire: una mazza da baseball e una palla costano un dollaro e dieci. Se la mazza costa un dollaro in più della palla, quanto costa la palla? Di solito, la maggior parte delle persone risponde istintivamente 10 centesimi, mentre il numero esatto è 5. Colpa del pensiero veloce che non è sufficiente a darci delle soluzioni che siano esaurienti, logiche e corrette. Insomma, siamo molto vulnerabili agli errori cognitivi e questo si ripercuote in tutti gli aspetti della nostra vita, da quelli più banali a quelli più importanti come l’economia o la salute di una popolazione.

«L’esperienza del coronavirus ne è un esempio – sottolinea il professor Maira – perché, in fase iniziale, per necessità, per mancanza di informazioni certe o di elementi su cui basare decisioni razionali ci si è trovati ad assumere comportamenti sull’onda dell’emotività. Adesso, però, è il momento della lentezza: ora abbiamo tutti gli strumenti per essere calmi e ponderati e non possiamo permetterci il contrario». Per questo è importante lavorare d’intelligenza, perché quando la decisione da prendere è particolarmente rilevante non basta la risposta intuitiva ma bisogna analizzare il problema in tutta la sua complessità. La buona notizia è che allenarci a questo scopo è possibile. Una delle scoperte recenti che ci viene in aiuto ha stabilito che il cervello non è un organo immutabile, a differenza di quanto si credesse in passato: per tutta la vita cresce e sviluppa reti neurali nuove. Addirittura nell’anziano può continuare a incrementare le sue potenzialità. Quindi va usato il più possibile per mantenerlo attivo.

Una delle scoperte recenti ha stabilito che il cervello non è un organo immutabile: per tutta la vita cresce e sviluppa reti neurali nuove

«Bisogna stupirlo – dice Maira – perché è molto sensibile alle novità e a tutto quello che ci emoziona, pertanto ha bisogno di essere costantemente stimolato». Fare cose interessanti, leggere un libro, discutere con gli amici, socializzare, coltivare un hobby per sviluppare la creatività, riscoprire l’arte di raccontare che facilita la nostra memoria e quella di chi ci ascolta: ecco la ricetta secondo il neurochirurgo. «Una regola su tutte – prosegue – è avere un atteggiamento positivo verso la vita, perché, a differenza dello stress improvviso che genera adrenalina e ci dà la forza di reagire, quello prolungato libera un eccesso di cortisolo, sostanza in grado di danneggiare le cellule cerebrali e di alterare le nostre capacità decisionali». Al contrario, la serotonina ci aiuta a fare scelte migliori.

Uno studio condotto dalla neuroscienziata Molly Crockett insieme al team di ricercatori del laboratorio che dirige presso l’Università di Yale, ha dimostrato, attraverso un esperimento, che abbassando il livello dell’aminoacido triptofano nel cervello – ovvero l’elemento grezzo di cui è composta la serotonina – gli individui sono più portati a fare scelte sbagliate e in particolar modo a vendicarsi o a reagire negativamente a un comportamento ingiusto. Allo stesso modo, attraverso tecniche di neuroimaging che utilizzano strumenti diagnostici come la risonanza magnetica, la Crockett ha evidenziato il modo in cui la comunicazione poco trasparente e ingannevole influenzi le capacità decisionali.
In altre parole, è possibile prevedere le nostre scelte attraverso la risposta del cervello a determinati stimoli visivi e non. Il che solleva non pochi interrogativi etici, così come accade quando entra in gioco la questione del ruolo dell’intelligenza artificiale nei processi decisionali.

Il professor Maira ne parla, tra le altre cose, nel suo ultimo libro Il cervello è più grande del cielo. «L’Ai – spiega – è una risorsa incredibile perché ci permette di analizzare dati a una velocità tale che la mente umana non potrebbe mai raggiungere. Tutti i passi avanti che stiamo facendo per curare e contenere il Covid-19 dipendono quasi esclusivamente dalla capacità computazionale delle macchine. Un computer, però, non prova emozioni, che sono ciò che colora la nostra vita. Un computer non possiede la creatività, ovvero quella libera associazione di pensieri, idee e sensazioni che caratterizza l’intelligenza e che ci permette di rendere concreti i nostri progetti, di realizzare ciò che è veramente importante per noi».

Un computer non prova emozioni, non possiede creatività, ma soprattutto non ha una coscienza e non l’avrà mai

«Ma soprattutto – prosegue Maira – non ha una coscienza e non l’avrà mai. Quindi, l’uomo ha di fronte a sé una grande sfida: sommare l’intelligenza, la sensibilità e il valore morale che lo contraddistinguono con le capacità di super calcolo dei computer. E guardando al futuro, inserire il tutto in una cornice regolatoria che rispetti i principi dell’etica, allo scopo di tutelare l’umanità». Insomma, sarà la coscienza a salvarci da un uso improprio delle macchine. Così come sarà la creatività a salvarci dalle decisioni sbagliate: svilupparla, evitando di concentrarsi troppo sui risultati, abbandonarsi all’ozio, lasciando la mente libera di vagare e di creare reti neurali nuove, è necessario per trovare la giusta strada da percorrere. «Strano a dirsi – conclude Maira – ma durante il riposo il cervello riduce solo del 5% la sua attività. Ed è proprio in quel momento che i pensieri fluiscono ed entrano in connessione, generando le soluzioni migliori e le idee più inaspettate».

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