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Immaginare un capitalismo sostenibile

È possibile un’alternativa sostenibile per la siderurgia in Italia? Con uno studio mirato e rigoroso abbiamo provato a dare una risposta

L’estinzione dell’ex Ilva farebbe comodo a molti, forse anche al suo stesso azionista, ma farebbe molto male all’Italia.

Ancora una volta, quindi, vogliamo affrontare il tema del futuro dell’Ilva, convinti che un presidio siderurgico così strategico, così importante per il sud e per l’intera economia, non debba essere perso.

Su questa questione industriale si abbatte un assordante silenzio. Siamo a pochi giorni dalla fatidica data del 30 novembre 2020, quando scadrà l’ennesimo patto tra Governo e ArcelorMittal, e non vediamo proposte valide, se non lo spettro di un nuovo rinvio.

L’Italia ha bisogno di produrre acciaio di alta qualità e di limitare le importazioni dall’estero. Ne va della competitività del sistema, dobbiamo difendere la primazia che ancora vantiamo rispetto agli altri player europei e internazionali.

Se una soluzione va trovata, questa deve procedere nel solco della progressiva decarbonizzazione della produzione. La contrapposizione tra salute e lavoro, sul cui altare abbiamo immolato il futuro di un’intera città, non va rigettata solo per Taranto: deve essere espunta da qualsiasi discorso serio, perché l’unica direzione possibile è quella di una riconversione sostenibile. Sostenibile in senso ambientale, occupazionale ed economico.

La proposta tecnica che abbiamo presentato lo scorso 22 ottobre dimostra che con i dovuti investimenti la riconversione del polo di Taranto si può fare. Non ci sono ancora soluzioni alternative pronte che siano competitive con il carbone, ma gradualmente, con un investimento di poco più di un miliardo di euro, potremmo sostenere un intervento impiantistico che da qui ai prossimi tre anni permetta di introdurre un secondo ciclo basato su riduzione diretta e forno elettrico, integrato con quello tradizionale.

È una soluzione tecnicamente compatibile con gli obiettivi di produzione e di sostenibilità, quella avanzata nel nostro studio, che riguarda il sito di Taranto ma avrà ripercussioni positive anche su Cornigliano, Novi Ligure e l’intera filiera. Certo, andranno risolti tutti i nodi giuridici, contrattuali, normativi e politici e dovrà essere chiarito il ruolo dello Stato in questa partita.

Sicuramente occorrerà affidarsi anche a risorse manageriali e professionali ben qualificate e amalgamate in grado di guidare l’intero processo.

Abbiamo l’occasione per segnare una discontinuità e per dimostrare di aver imparato dagli errori del passato. Il Green deal europeo può darci una grande mano, a patto che si sappiano utilizzare bene le risorse.

Un nuovo capitalismo sostenibile è immaginabile anche nel nostro Paese, se iniziamo a investire in progetti concreti, tecnologicamente all’avanguardia, ambientalmente compatibili.

Immaginare di credere davvero nella grande opportunità di riconvertire la fabbrica, di trasformare le nostre imprese, finalmente, in siti competitivi di eccellenza industriale e ambientale.

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