«I ministri e gli altri membri dell’esecutivo sono sempre pronti a inserire le parole “green” e “digitale” in qualsiasi concetto. Ma bisognerà aspettare un documento ufficiale per capire se e come si passerà dalla teoria alla pratica». Veronica De Romanis, docente di economia europea alla Luiss, cerca di distinguere il grano dal loglio, gli slogan dalla realtà. Partendo dal Recovery fund (o Next generation Eu) che ora sembra in un momento di difficoltà, dopo un’iniziale euforia che seguiva l’onda lunga della fine del lockdown. Oggi che gli scenari sono decisamente più incerti, riesce difficile anche solo dare per scontato che i 209 miliardi (tra sussidi e prestiti) arriveranno in tempi rapidi nelle casse dell’erario. Il quale, a sua volta, avrebbe gran bisogno di nuove risorse, dopo una Nadef che pare già “vecchia” a causa della necessità di inasprire nuovamente le misure per il contenimento del virus. Insomma, l’incertezza regna sovrana nonostante alcuni fondi del Recovery (una quota dei sussidi) verranno già conteggiati nella manovra per abbassare il deficit, oggi già ampiamente sopra il 10% del Pil.
Veronica De Romanis, docente di Economia europea alla Luiss Guido Carli
Professoressa De Romanis, il Next generation Eu si è nuovamente incagliato? Rischiamo di tornare indietro di quattro mesi e di dover ripartire con nuove, serratissime trattative?
In questo momento ci troviamo in una situazione di stallo perché si stanno scontrando tre diversi gruppi d’influenza. Il primo è il Parlamento europeo che ha collegato i 750 miliardi del Recovery fund ai 1.000 del bilancio continentale. Siamo arrivati all’accordo di luglio sottraendo risorse ad alcuni capisaldi, come l’Erasmus o la ricerca. Ma ora si sta battendo molto su questo punto, e tra Bruxelles e Strasburgo si chiede a gran voce una compensazione. L’Erasmus è un programma di grande successo che non può essere ridimensionato. E poi si chiede di legare l’erogazione delle risorse allo stato di diritto: un attacco frontale a Polonia e Ungheria.
Che non apprezzano…
Decisamente no. E sono loro a creare il secondo gruppo, quello cosiddetto di Visegrad, che vuole togliere questa clausola. E poi ci sono i frugali, che stanno utilizzando questo stallo un po’ per motivi elettorali un po’ per strumentalizzare l’intera trattativa. Anche perché non è pensabile che ogni pacchetto venga collegato a tutte le clausole possibili e immaginabili, altrimenti non si andrebbe mai avanti.
Si arriverà a un accordo?
Sono fiduciosa perché confido moltissimo nelle capacità di Angela Merkel: è la leader con maggiore esperienza, è giunta al quarto mandato e, per la seconda volta, è presidente di turno dell’Ue. La prima volta fu nel 2007, quando riuscì a portare a casa un accordo che sembrava impossibile, quello della Costituzione europea, nonostante i referendum “ostili” in Francia e Olanda. Ma bisogna dirle tutte le cose: i fondi arriveranno, ma non prima della metà del 2021.
Lo stallo europeo si deve allo scontro tra 3 diversi gruppi d’influenza. Ma sono fiduciosa perché confido moltissimo nelle capacità di Angela Merkel
Provando a fare un salto temporale, una volta arrivati questi soldi, bisognerà spenderli. Come?
Per il momento ci sono soltanto delle linee guida del Governo, sono stati elencati degli obiettivi ambiziosi, come la crescita media del Pil all’1,3%, il rapporto tra ricchezza e investimenti pubblici sopra al 3% così come le spese in ricerca e sviluppo, crescita inclusiva, occupazione femminile. Ma per avere questi fondi è necessario presentare un programma molto dettagliato, ed è necessario fornire sia delle tempistiche molto precise, sia l’indicazione dell’impatto delle misure. Un’operazione che generalmente non facciamo…
Sappiamo però che i due grandi ambiti sono il digitale e il green, che occuperanno quasi il 60% del complessivo. Che cosa dobbiamo aspettarci? E che altre aree di intervento immagina?
È vero che i due settori principali sono questi, ma poi c’è una grande parte, quella delle raccomandazioni che abbiamo ricevuto dall’Europa, di cui si parla molto meno. Se dovessi indicare un investimento da fare nel più breve tempo possibile direi quello in formazione. Non si tratta solo di education per le scuole, ma di un programma organico che riguarda i centri per l’impiego, le attività a supporto delle persone disoccupate, iniziative per migliorare e modificare le competenze di chi rischia di essere ai margini del mondo del lavoro. E anche in questo caso bisognerà indicare chiaramente il tipo d’impatto atteso, non si potrà fare come con il reddito di cittadinanza: bisognerà dare indicazioni precise del numero di occupati in più o di altri effetti nel breve e medio termine. E poi c’è una riforma che ci viene chiesta a gran voce ma che ha un grande costo politico: quella della pubblica amministrazione. Si tratta di un tema che viene sempre tralasciato perché non esente da tensioni. Ma se non si procede in questa direzione si rischia di piantare le risorse in un terreno non fertile. E qui sono un po’ più negativa, mi sembra che si parli solo di smart working che è importante (anche se ancora non abbiamo dei risultati oggettivi sugli indicatori di produttività) ma è una piccola parte. Bisogna ridefinire ruoli e funzioni, ridisegnare il perimetro dello Stato. L’Europa ce lo chiede da un sacco di tempo ma non mi pare che si muova granché.
Un investimento da fare a breve è quello in formazione: non solo per le scuole, ma per chi rischia di restare ai margini del mondo del lavoro
Riuscirà il Governo a trovare il coraggio necessario per portare avanti queste riforme? Sotto il cappello di “ce lo chiede l’Europa” ci sono tantissimi temi ancora inevasi…
Io ne ho citata solo una, ma poi c’è anche quella della giustizia, del mercato del lavoro e del fisco, con lo spostamento della tassazione dai guadagni alla proprietà. Quello che mi fa essere un po’ più fiduciosa è che i finanziamenti verranno erogati solo se ci saranno impegni credibili, anche perché da quanto si legge ci potrebbe essere uno stop alla concessione dei fondi in caso di progetti poco chiari o poco efficaci. È una grande opportunità, una sfida che bisogna vincere rinunciando a riempirci la bocca di slogan. A parole vedo che ci sono troppi membri dell’esecutivo che inseriscono i termini “green” e “digital” dappertutto. Ora bisogna tradurli in qualcosa di concreto.