Cantieri aperti a Berlino

Energia e digitale sono i due pilastri del Recovery package tedesco, pensato anche per trascinare con sé le filiere produttive degli altri Stati. Riuscirà Angela Merkel a far prevalere in Europa gli interessi della Germania?

Il Recovery package tedesco ricorda nelle intenzioni quello europeo e nella pratica quello francese, annunciato peraltro due mesi dopo quello tedesco. La Germania in questo momento è infatti il punto di riferimento, almeno in Europa, e non solo per la portata del piano, pari al 3,8% del Pil.

Sebbene manchino diversi dettagli e continui aggiornamenti, la Germania ha preso una direzione chiara: sta puntando su digitalizzazionepolitiche energetiche in linea con gli obiettivi di neutralità climatica al 2050. Questo esercizio di coerenza, insieme al peso della sua economia, ha permesso a Berlino (e in parte a Parigi) di definire le priorità europee di lungo periodo.

L’idrogeno è uno dei temi caldi per la cancelliera Angela Merkel e per il ministro dell’Economia e dell’energia Peter Altmaier. Il Governo tedesco sta esercitando la propria influenza su altri paesi europei, tanto che la Francia e più recentemente la Spagna hanno presentato le loro strategie nazionali a riguardo. La Germania sta anche cercando di creare nuove filiere produttive, sia in campo energetico, che nel settore dell’automotive.

«Il Covid pare aver impresso un’accelerazione al processo di riconversione dell’industria tedesca e francese (le sole ad avere ancora una presenza importante di imprese auto nazionali), con progetti di investimento massicci nelle batterie e nell’idrogeno e joint ventures con imprese digitali. La trasformazione verso le batterie comporterà una drastica riduzione e un cambiamento nelle parti e componenti, con potenziali effetti molto severi sulla catena di sub-fornitura, sia a est che a sud», dice a Federmanager Annamaria Simonazzi, professoressa di Economia alla Sapienza, riferendosi all’Europa orientale e meridionale.

Il Covid ha impresso un’accelerazione al processo di riconversione dell’industria tedesca e francese che punta su batterie e idrogeno

Simonazzi, che ha di recente scritto insieme ad altri tre esperti un libro sul dualismo tra le regioni europee più vitali e quelle più marginali, spiega che la trasformazione della catena di produzione da diesel a batterie (o idrogeno) implicherà notevoli rischi per le imprese specializzate nella produzione di componenti per motori diesel e, allo stesso tempo, opportunità per imprese in nuovi settori. «Anche in questo processo tuttavia, sembra riproporsi la divisione “centro periferia”: l’airbus delle batterie per esempio, è un’iniziativa franco-tedesca, con la partecipazione minoritaria di altri paesi europei».

Le misure tedesche sono il frutto di un compromesso politico tra la Cdu della Merkel e l’Spd di Scholz finalizzato a farsi sentire sul territorio e, contemporaneamente, a salvare il tessuto economico tedesco. Oltre alle misure strettamente sanitarie (un numero di posti letto raddoppiato), comprendono una garanzia statale sui prestiti alle imprese, programmi di mantenimento dei posti di lavoro, supporto finanziario facilitato alle Pmi e il differimento di alcune imposte. Il pacchetto prevede anche la sospensione delle procedure di insolvenza per un anno dall’inizio della pandemia e la riduzione delle aliquote Iva (quella normale dal 19% al 16%, quella ridotta dal 7% al 5%). In generale insomma maggiore flessibilità, garanzia e liquidità.

Il programma varato da Berlino a giugno 2020 ha già sostenuto le imprese per coprire i costi operativi fissi da giugno ad agosto. Il 21 ottobre il Governo ha annunciato un secondo programma di supporto per il periodo settembre-dicembre. Il 28 ottobre Altmaier ha fatto seguito con un nuovo pacchetto da 10 miliardi per anticipare le inevitabili perdite di novembre dovute al secondo lockdown, entrato in vigore il 2 novembre. Queste ulteriori misure di supporto non creano nuovo debito.

Il 28 ottobre il ministro Altmaier ha varato un nuovo pacchetto da 10 miliardi per anticipare le inevitabili perdite dovute al secondo lockdown, iniziato il 2 novembre

Per due anni fiscali, poi, il Governo ha garantito la possibilità di aumentare le quote di ammortamento dei beni mobili, per incentivare gli investimenti per esempio in nuovi macchinari. Il Governo scrive anche che “la legislazione in materia di imposta sulle società sarà aggiornata e comprenderà, ad esempio, un’opzione che consentirà alle entità non societarie di essere trattate come società a fini fiscali. Ciò aumenterà la competitività delle imprese”. Già nella conferenza stampa di mercoledì 14 ottobre Merkel ha sottolineato che ulteriori misure in supporto al tessuto produttivo saranno continuative.

La Germania ha ora la possibilità di utilizzare i vasti margini di manovra finanziari, supportando le imprese per permettere loro di uscire dalla crisi e, contemporaneamente, offrendo loro un vantaggio competitivo nei confronti di imprese di altri paesi. Questo potrebbe facilmente aumentare ulteriormente il peso negoziale della Germania.

Secondo Simonazzi non è solo colpa della Germania. La mancanza di un piano industriale italiano sta avendo ripercussioni su tutte le aziende italiane. «Lo shopping da parte di imprese straniere è già cominciato da tempo, con la cessione di pezzi importanti della catena del valore, anche di imprese che sarebbero state importanti per il passaggio all’elettrico, come la Magneti Marelli. Senza una politica industriale, a livello nazionale ed europeo, che salvaguardi le capacità produttive nazionali, la capacità del sistema produttivo italiano sarà inevitabilmente indebolita. Sarà indebolita, nel lungo periodo, anche la resilienza dell’intera costruzione europea, che, come mostrato dall’esperienza passata, non può sopravvivere al perdurare di divari di reddito e di crescita fra i paesi membri», spiega la professoressa.

Nonostante il momento di confusione generalizzato, la Germania sembra comunque voler imprimere una direzione anche a livello continentale, promuovendo investimenti strategici europei in linea con i propri interessi, come appunto l’idrogeno, considerato dal ministro Altmaier «l’energia del futuro». L’affermazione non è casuale, né campata per aria. La diplomazia climatica tedesca è al lavoro da anni, in Europa, Asia e nelle Americhe. Insieme alla diplomazia commerciale sta creando incentivi per altri paesi in modo che questi seguano il proprio esempio, così da mettere in piedi un sistema dell’idrogeno solido a livello europeo, non troppo dipendente da fattori esterni. In campo energetico questo è necessario, visto che la Germania è nel mezzo del suo ambizioso piano per uscire contemporaneamente da nucleare e carbone.

Nonostante il rischio di impoverimento di diverse regioni europee e quindi la possibilità di un’Europa sempre più a due velocità, le misure che hanno supportato la domanda tedesca hanno avuto comunque delle ripercussioni positive anche per l’Italia. «Effetti positivi sulla ripresa dell’eurozona attraverso il sostegno della domanda e della produzione tedesca, che attivano il moltiplicatore del reddito per l’intera Ue. In tal senso, ogni prematura riduzione dell’intervento fiscale rischierebbe di provocare la doppia recessione sperimentata in seguito alla crisi del 2008», spiega Simonazzi.

La Germania sta insomma cercando di aumentare la spesa interna per non deprimere la domanda tedesca ed europea, chiedendo maggiore coordinamento a livello Ue, ma trovando resistenze nei governi nazionali, anche quando di fatto la Germania cerca di essere utile. Lo scopo del Governo tedesco? Limitare le ripercussioni di incognite ancora più pesanti, come i rapporti con Gran Bretagna, Stati Uniti, Russia e Cina. Senza parlare appunto delle conseguenze della pandemia.

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