Abitare la sostenibilità

Direttiva case green, classi energetiche, riduzione delle emissioni: l’emergenza ambientale mobilita l’Ue. Ecco la “via del legno” per costruire una nuova foresta urbana che possa dialogare con il paesaggio.

Il Parlamento europeo ha approvato la direttiva “case green”, che rivede e corregge l’Energy Performance Building Directive sulla prestazione energetica degli edifici. L’obiettivo è arrivare alla neutralità climatica entro il 2050. In particolare, dal 2028 tutti i nuovi edifici dovranno essere realizzati a emissioni zero e dal 2033 anche gli edifici esistenti dovranno rispettare almeno la classe energetica D.

L’obiettivo della direttiva è di agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori, che andranno così collocati dai diversi Paesi membri nella classe energetica più bassa, la G. In Italia si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali (sul totale di 12 milioni, secondo l’Istat).

A tal proposito giova ricordare come gli edifici oggi siano responsabili del 40 % del consumo finale di energia nell’Unione e del 36 % delle emissioni di gas a effetto serra associate all’energia, mentre il 75 % degli edifici dell’Unione è tuttora inefficiente sul piano energetico. Il gas naturale è usato principalmente per il riscaldamento degli edifici e rappresenta circa il 42 % dell’energia utilizzata per il riscaldamento degli ambienti nel settore residenziale.

In Europa gli edifici sono responsabili del 40 % del consumo finale di energia e del 36 % di emissioni di gas a effetto serra associate all’energia. Il 75 % delle strutture è tuttora inefficiente sul piano energetico.

Il miglioramento dell’efficienza energetica, quindi, e della prestazione energetica nell’edilizia attraverso ristrutturazioni profonde ha enormi benefici sociali, economici e ambientali. Inoltre, l’efficienza energetica è il metodo più sicuro e produttivo sotto il profilo dei costi per ridurre la dipendenza dell’Unione dalle importazioni energetiche e attenuare l’impatto negativo di prezzi energetici elevati.

In altre parole, le politiche di ogni Stato membro dovrebbero essere orientate a facilitare gli investimenti nell’efficienza energetica, quali una delle principali priorità sia a livello pubblico che a livello privato. Si tratta di un’enorme possibilità, tanto in ambito di transizione ecologica del nostro Paese (ma non solo dell’Italia) e di business che deve essere affrontata con programmazione e definizione di elementi di valorizzazione di tecniche costruttive che sappiano coniugare sviluppo e velocità ed elementi di sostenibilità ambientale e sociale.

Ma in questo contesto quali sono le misure che l’attuale Esecutivo intende “mettere a terra”?

Allo stato attuale non risulta esserci una strategia politica chiara: gli ultimi provvedimenti presi hanno il “sapore” di misure tampone e tendono di riflesso a delineare una poca programmazione a livello industriale da parte della popolazione imprenditoriale coinvolta nell’affrontare il business, tanto della riqualificazione, quanto della sostituzione edilizia.

Quello che oggi come aziende ci chiediamo è: le misure sono sufficienti a calibrare una progressiva transizione ecologica oppure stiamo di fatto navigando a vista?

Quello che all’imprenditore oggi resta evidente è sicuramente una scarsa definizione di una politica chiara di mitigazione delle emissioni provenienti dal settore edile, nonché delle misure per favorire una rimozione dell’anidride carbonica presente all’interno dell’atmosfera.

Già, perché ridurre le emissioni di CO2 non è più sufficiente e dobbiamo definire metodologie e approcci che possano progressivamente sottrarre il carbonio emesso.

Il fatto che gli edifici siano responsabili di emissioni di gas a effetto serra anche prima della loro vita utile è dovuto al carbonio già presente in tutti i materiali da costruzione. Aumentare l’utilizzo di materiali da costruzione naturali, di origine locale e sostenibili, in linea con i principi dell’iniziativa del nuovo Bauhaus europeo e del mercato interno, può permettere di sostituire i materiali a più alta intensità di carbonio e di immagazzinare il carbonio nell’ambiente edificato.

In questa ottica, proprio il legno è richiamato ed esplicitato all’interno della Direttiva dedicata alle case green e non potrebbe essere altrimenti.

Attendiamo un nuovo e prossimo Regolamento europeo, dedicato alla certificazione dei carbon removal, cioè di quell’insieme di azioni che servono a rimuovere CO2 dall’atmosfera, garantendone uno stoccaggio di lungo periodo. La proposta è stata adottata a fine 2022 dalla Commissione europea e s’inserisce all’interno del Green deal, nel quadro del percorso dell’Ue verso la neutralità climatica entro il 2050.

Secondo il sesto rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change il traguardo net-zero emission sarà impossibile da centrare senza fare affidamento sui carbon removal per bilanciare le emissioni residue (e inevitabili) di anidride carbonica.

Ridurre quindi le emissioni, non basta. Occorre pulire l’atmosfera: decarbonizzare.

Il regolamento servirà a quantificare, monitorare e verificare l’assorbimento del carbonio, impedendo ogni forma di greenwashing.

Fra le azioni di carbon removal spicca, ovviamente, la costruzione di strutture in legno, che assorbono CO2 attraverso la selvicoltura e l’impiego del legno (materiale che immagazzina carbonio) per la costruzione delle città. I numeri sono significativi.

Investire sulla presente metodologia costruttiva e definire modelli di business che possano mettere al centro il materiale legno quale elemento costruttivo e strutturale, può essere la base per nuovi processi di riqualificazione e sostituzione edilizia proprio in vista di un approccio circolare alle costruzioni e di rendere effettivamente attiva una nuova foresta urbana che possa dialogare con il paesaggio forestale nazionale.

Fra le azioni di carbon removal spicca la costruzione di strutture in legno, che assorbono CO2 attraverso la selvicoltura e l’impiego del legno per la costruzione delle città.

Oggi attraverso l’esperienza di Assolegno (Associazione nazionale che raggruppa i comparti industriali delle prime lavorazioni e dei costruttori in legno) è stato calcolato un giro d’affari annuo di circa 1.5 miliardi di euro.

Le costruzioni in legno hanno sviluppato tecnologie e know-how che permettono ormai la realizzazione di edifici multipiano sempre più alti, e nel pieno rispetto di tutte le prestazioni richieste.

È certamente un settore dalle grandi potenzialità.

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