La velocità è un tema che si impone con evidenza ed è il motore di un grande cambiamento: l’azienda non è più in grado di sostenere tutte le persone con l’adeguata formazione e prontezza proprio a causa della velocità di trasformazione in cui essa stessa è immersa.
Avere successo in questo contesto accelerato è una responsabilità dell’individuo: ciascuno di noi è messo costantemente di fronte a situazioni sfidanti rispetto alle quali possiamo risultare non aggiornati e incapaci di interagire con tecnologie sempre più innovative. Cito le tecnologie perché si tratta di uno strumento trasversale richiesto in tutti i ruoli in azienda. Non dobbiamo infatti pensare che digitale e tecnologie riguardino solo i tecnici, anzi. La loro forza si manifesta in un modo diverso di fare le cose e in un modo diverso di gestire le aziende e di generare produttività.
Per questo mi sento di suggerire una rigorosa e quotidiana autoanalisi delle competenze necessarie e dei gap che stiamo accumulando, in modo da riuscire sicuramente a cogliere precocemente le mancanze e a poter reagire.
Di recente abbiamo avviato quattro progetti bellissimi dedicati al reemployement interno, riconoscendo diverse responsabilità e opportunità di crescita a seconda delle funzioni ricoperte all’interno dell’organizzazione aziendale. Ad esempio, le persone che occupano delle posizioni strategiche in azienda devono essere in grado di sostenere una crescita del ruolo ed essere misurate su questo tipo di tensione. Le persone che occupano posti stabili devono garantire una continuità di prestazione e devo valutarle su questo. Diverso il discorso per le persone che occupano funzioni ormai in declino: qui è necessario fermarsi e approfondire lo studio delle loro competenze per capire se possono essere impiegate trasversalmente in altri ruoli in azienda, se possono dare un contributo ed eventualmente in che modo vanno supportate nel riposizionamento interno.
Vi posso garantire che frequentemente la posizione di partenza espressa dalle aziende è quella di chi non sa come impiegare i propri manager. Dopo aver analizzato le competenze manageriali di ciascuno, sfruttando le skills trasversali, più dell’80% delle persone trovano una ricollocazione interna in altri ruoli.
Quando gli esuberi sono determinati dall’headquarter, certamente c’è un piano di uscita con determinati numeri da rispettare e poco margine di manovra; tuttavia, spesso i manager escono dall’azienda perché sono considerati obsoleti e le loro competenze non adeguate ai piani di business.
Il tema del reemployement orizzontale è il tema che ci si impone per trovare soluzioni nuove a problemi nuovi. È il tema dell’osservare e dell’intercettare precocemente i gap di competenza che si rivela fondamentale soprattutto in termini di mind set, poiché dobbiamo abituarci a mettere in discussione il nostro rapporto con la velocità con cui tutto si rivoluziona: l’ambiente, l’azienda, il mercato del lavoro.
Nel nostro osservatorio, sosteniamo programmi di ricollocazione professionale che coinvolgono più di 400 dirigenti l’anno con un’età media di circa 50 anni e che portiamo a essere reinseriti nel mercato del lavoro nel 94% dei casi, anche attraverso forme di autoimprenditorialità come le start up oppure in forme di consulenze.
Torno dunque a sottolineare l’importanza di fare una buona autoanalisi delle proprie competenze: questi sono tempi sfidanti, ma vi garantisco che le tecnologie creano posti di lavoro, molti di più di quelli che distruggono. Mettersi in discussione fortemente, ogni giorno, è l’unico modo per restare competitivi sul mercato.