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Al passo con il futuro

Per guidare il Paese nel processo di trasformazione digitale, servono certamente infrastrutture e tecnologie all’avanguardia, ma sono necessarie soprattutto competenze in grado di rispondere al cambiamento.

Portare a termine un ampio processo di trasformazione digitale nel Paese delle antiche vestigia, delle tradizioni, delle consuetudini. Obiettivo non facile, ma abbiamo il dovere di centrarlo.

Anche perché la congiuntura storica non ammette alternative e le risorse a disposizione ci sono. Basti pensare che la missione n.1 del Pnrr, denominata “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”, prevede lo stanziamento di oltre 40 miliardi di euro: una cifra imponente, da gestire con sapienza e lungimiranza.

Del resto, i processi lavorativi all’interno delle organizzazioni stanno traendo indubbi benefici dall’adozione di nuove modalità operative e buona parte del merito è da ascrivere allo sbalorditivo sviluppo tecnologico degli ultimi anni.

Sviluppo che ha però come contraltare un panorama di complessità da fronteggiare. Pensiamo a quanto importante sia oggi un tema come quello della cybersecurity, fondamentale per proteggere il patrimonio industriale e le preziose banche dati delle aziende e della Pubblica amministrazione. Oppure anche al tema dell’integrazione nei processi dell’intelligenza artificiale, una rivoluzione che si sta manifestando a una velocità senza precedenti, come sottolineato più volte anche da Sam Altman, guru di OpenAI.

Per governare il cambiamento e stimolare una piena competitività del sistema Paese, servono certamente infrastrutture e tecnologie all’avanguardia, ma servono soprattutto competenze al passo coi tempi. È necessario, in altre parole, lavorare a un nuovo umanesimo che ponga la persona, con un rinnovato bagaglio di conoscenze tecniche e di soft skill, al centro dei processi di digitalizzazione.

Su questo fronte, c’è molto da lavorare. Infatti, il recente “Digital decade report” della Commissione europea ha evidenziato come, in Italia, solo il 46% delle persone possieda competenze digitali di base. E se si guarda nel dettaglio al settore occupazionale, ben si comprende quanto sia urgente procedere attraverso efficaci iniziative di upskilling e reskilling.

Anche per tali ragioni, la nostra Federazione insiste sul tema della formazione e promuove un percorso come BeManager, che certifica le competenze manageriali di figure quali l’innovation manager, in grado di trasformare il modo di fare azienda, soprattutto nelle Pmi.

Ma bisogna guardare anche oltre e, come avvenuto proprio per il voucher  per innovation manager, vogliamo lavorare di concerto con le istituzioni perché siano previsti fondi che supportino le Pmi a inserire, nell’assetto aziendale, figure apicali con specifiche competenze digitali.

Abbiamo un obiettivo chiaro: aggiornare e riconvertire la nostra forza lavoro. E per farlo, le opportunità offerte dalla rivoluzione digitale devono essere colte innanzitutto a livello manageriale.

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