A, B, C, Digitale

Italia dietro la lavagna, con livelli medi di conoscenza di digitale e finanza troppo bassi per un Paese che voglia davvero essere protagonista della competizione globale. E non solo sul piano industriale.

In base alle stime del Fondo monetario internazionale, l’Italia è l’ottava economia a livello globale mentre a livello europeo è la terza, la seconda invece sotto il profilo manifatturiero.

Il nostro Paese, quindi, rappresenta un punto di riferimento di primo piano per l’economia mondiale in particolare nei settori espressione della macroarea del made in Italy.

La digitalizzazione dell’economia e dei servizi, tuttavia, ci pone la necessità di allontanarci dal modello prettamente manifatturiero e rappresenta una rivoluzione che impone alle aziende, alle amministrazioni pubbliche e ai lavoratori l’assunzione di due processi correlati tra loro: la riqualificazione delle competenze e il loro reindirizzamento verso i settori produttivi di maggiore incidenza di tali tecnologie.

Allo stato attuale, quanto a competenze digitali, l’Italia ricopre, la 18° posizione dell’Indice europeo di digitalizzazione (Desi), in crescita rispetto alla 25° della precedente rilevazione. Tale dato indica immediatamente due fattori: il primo e più importante è che questo mal si concilia con la rilevanza dell’economia italiana. Il secondo fattore mostra che, nonostante una evidente crescita nella serie storica rispetto al recente passato, la strada da percorrere è considerevole.

Quanto illustrato, trova riscontro anche nel livello di alfabetizzazione degli italiani nel contesto finanziario. Nell’ultimo decennio, infatti, digitale e finanza si sono notevolmente avvicinati e ai servizi e ai prodotti finanziari tradizionali si sono aggiunti quelli innovativi offerti ora in modalità online e tramite app con i rispettivi pro e contro, opportunità e criticità. Dal 2017, la Banca d’Italia svolge con cadenza triennale un’indagine campionaria sull’alfabetizzazione finanziaria degli adulti in Italia. L’edizione 2023 ha messo in risalto un’evidente crescita rispetto a quella precedente non considerabile però ancora soddisfacente. Nel 2023, rispetto al 2020, il livello di alfabetizzazione finanziaria degli adulti in Italia, pur rimanendo basso, è lievemente aumentato (da 10,2 nel 2020 a 10,6 nel 2023, su una scala da 0 a 20). Il miglioramento è guidato dai comportamenti e dagli atteggiamenti in campo finanziario. Per quanto riguarda poi la finanza digitale, il punteggio degli italiani è in media pari a 4,4 su una scala da 0 a 10. I punteggi sono maggiori tra chi è più istruito e nella classe di età tra 35 e 64 anni. Nel punteggio complessivo di finanza digitale vi è inoltre un divario di genere che penalizza le donne.

Nel 2023, rispetto al 2020, il livello di alfabetizzazione finanziaria degli adulti in Italia, pur rimanendo basso, è lievemente aumentato: da 10,2 nel 2020 a 10,6 nel 2023, su una scala da 0 a 20

Il tema dell’alfabetizzazione digitale e finanziaria è poi strettamente collegato a quello della sicurezza degli strumenti finanziari e di pagamento elettronici. Posto che i sistemi di incasso e di pagamento sono sicuri e pienamente funzionanti, in questo ambito (così come in molti altri) la sicurezza si declina in una duplice veste.

Da un lato, infatti, si pone la sicurezza degli strumenti digitali in quanto tali, dall’altro l’uso scorretto che ne fanno gli utenti.

Con l’esplosione delle criptovalute e delle applicazioni della moneta digitale, alfabetizzazione e sicurezza diventano centrali. La forsennata crescita del valore del Bitcoin che, ad oggi (e mi scuso per eventuali imprecisioni causate dalle frequenti oscillazioni), ha sfondato il muro dei 73 mila dollari di valore, rappresenta per molti l’illusione del guadagno rapido e facile, salvo poi perdere tutto a causa di un investimento improvvido, senza contare poi le numerose truffe che ruotano attorno a questi asset digitali. Un esempio di ciò è il caso del furto di Bitcoin dalla piattaforma Mt. Gox nel 2014, che ha portato alla perdita di centinaia di milioni di dollari di criptovalute. Questo dimostra l’importanza di comprendere le vulnerabilità delle piattaforme e l’adozione di pratiche di sicurezza robuste, come l’uso di portafogli hardware e l’autenticazione a due fattori. Giova ricordare poi che non sono infrequenti i casi in cui, perdendo, dimenticando o non avendo a disposizione le chiavi criptografiche anche il patrimonio diventa di fatto irraggiungibile. Una stima di Cypherock, suggerisce che circa 6 milioni di Bitcoin siano irrimediabilmente persi, per un valore di circa 165 miliardi di dollari.

La privacy è un altro aspetto che giustifica in parte il ricorso alle criptovalute e su cui la Bce sta ragionando per quanto riguarda l’euro digitale. È evidente che sia necessaria l’individuazione di una soluzione di compromesso che consenta la giusta tutela di riservatezza con l’esigenza della sicurezza, ed è a questa esigenza che rispondono le caratteristiche delle Cbdc (le valute digitali delle banche centrali), i cui progetti stanno emergendo un po’ in tutto il mondo. Come affermato da Christine Lagarde, Presidente della Bce: « La regolamentazione delle criptovalute deve bilanciare la sicurezza con l’innovazione per garantire un ambiente finanziario stabile e sicuro». A differenza del Bitcoin, una Cbdc poggia su basi più solide sia sotto profilo della governance sia sotto quello puramente economico, potendo contare sul supporto di una Banca centrale e di asset concreti, proprio a differenza delle criptovalute decentrate by design.

Scopo delle istituzioni finanziarie globali, in questo periodo di grandi rivoluzioni tecnologiche, è garantire quindi una governance efficace, tesa sì a tutelare consumatori e investitori ma anche impegnata non solo a non soffocare l’innovazione ma, anzi, a valorizzarla.

In conclusione, l’educazione finanziaria fino ad ora in Italia non ha dato i frutti sperati. L’alfabetizzazione digitale e finanziaria sono ancora un coacervo indefinito di norme, tecnologie ed esperienza di cui si parla da anni fraintendendone la portata. Troppo spesso ci si rapporta in termini presuntuosi ai consumatori e alle imprese ritenendo che mettere a loro disposizione servizi equivalga a garantirne la fruizione.

Dobbiamo, invece, migliorare in termini tecnico/pratici, ma anche sotto il profilo comunicativo in modo che si riesca a tramutare il grande valore tecnologico nella capacità delle persone di essere parte integrante del cambiamento. Questa sarà un giorno la vera alfabetizzazione: fornire alle persone gli strumenti utili per essere veri cittadini digitali.

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