Il 2022 non passerà alla storia solo come l’anno in cui la Russia ha invaso l’Ucraina, riportando la guerra nel cuore dell’Europa. In questi mesi abbiamo assistito a cambiamenti epocali che condizioneranno il prossimo decennio. Siamo usciti dalla fase più acuta della peggiore pandemia da un secolo a questa parte, con una grande voglia di tornare a crescere; abbiamo subìto la crisi delle supply chain, dai microchip alle materie prime, dalle auto ai materiali di costruzione, legata a politiche miopi come lo zero-Covid cinese; ci siamo improvvisamente resi conto che il nostro benessere familiare ed economico dipende dal gas fornito da uno Stato irresponsabile e dispotico.
Pnrr: servizi, istruzione, diritti
Questi tre elementi spiegano perché il 2022 può essere l’anno di svolta per l’Italia e soprattutto per il Mezzogiorno. Ne è testimone il grande evento “Verso Sud“, il primo Forum del Mediterraneo organizzato a Sorrento dal ministro per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, e da The European House – Ambrosetti. Una delle conseguenze della crisi sanitaria è stata l’approvazione del Pnrr e Mario Draghi nel suo intervento ha ricordato che oltre il 40% delle risorse saranno dedicate alla crescita di quest’area del Paese, in particolare nei servizi, nell’istruzione, nello sviluppo di filiere innovative. Secondo il ministro Carfagna, è qui che ci si attende il maggiore salto di qualità nelle infrastrutture, la maggiore avanzata in termini di diritti per i cittadini. Le restrizioni legate al virus hanno riportato molti viaggiatori italiani nelle regioni del Meridione, e il settore turistico ha grandi margini di miglioramento e consolidamento.
Filiere innovative e logistica
Dal Forum è emerso che l’economia del Sud registra un’incidenza dell’export high-tech sull’export totale superiore al 20%; siamo a livelli analoghi a quelli di Israele, mentre il dato medio italiano non arriva all’8%. Il che significa che l’area ha già oggi le carte in regola per crescere molto anche in questo campo. I lockdown di porti e città cinesi e il conseguente blocco delle catene di approvvigionamento hanno svelato la debolezza del sistema just in time, in cui le merci si muovono su lunghissime – e fragilissime – rotte. Tenete a mente questo neologismo usato dal segretario al Tesoro americano, Janet Yellen: friend-shoring invece di re-shoring, ovvero riportare la produzione non solo più vicino al punto di destinazione, ma in Paesi che siano (geo)politicamente stabili e affidabili.
Il Meridione è in una posizione perfetta: alcuni dei suoi porti sono già un anello fondamentale nel sistema del commercio internazionale. Ora sono necessarie infrastrutture che garantiscano un viaggio più efficiente verso il resto del Paese e verso l’Europa. Bisogna adottare una gestione della logistica che sia perfettamente digitalizzata e “universale”: attraverso la blockchain, armonizzare il passaggio delle merci dalla fabbrica alla nave, dal treno al camion, dal negozio al consumatore, senza colli di bottiglia burocratici o sistemi che non si parlano tra loro.
L’economia del Sud registra un’incidenza dell’export high-tech sull’export totale superiore al 20%; siamo a livelli analoghi a quelli di Israele, mentre il dato medio italiano non arriva all’8%.
Un grande hub energetico per il Mediterraneo
La terza grande rivoluzione del 2022 è energetica: nell’arco di pochi mesi abbiamo ridotto l’import di gas russo del 40%, e in un paio d’anni potremmo sganciarci completamente dalla dipendenza da Mosca. Lo potremo fare solo grazie al Sud, con il raddoppiamento della capacità del tanto osteggiato (oggi osannato) Tap, il gasdotto che dall’Azerbaigian arriva a San Foca, nel comune pugliese di Melendugno. Con il potenziamento delle forniture dall’Algeria, negoziate da un terzetto inedito ed efficace: il Premier Draghi, il ministro degli Esteri di Maio e l’Ad di Eni Descalzi. Il metano algerino arriva a Mazara del Vallo, in Sicilia. Con la stabilizzazione (auspicata) della Libia, che a pieno regime potrebbe esportare molto di più attraverso il “tubo” GreenStream, che ha il suo terminale a Gela.
Il contributo del Sud alla soluzione della crisi energetica non si limita ai combustibili fossili (ricordiamo anche le raffinerie di Taranto, Milazzo, Gela, Siracusa): grazie alla spinta governativa si stanno sbloccando progetti fotovoltaici ed eolici che erano fermi da anni. Le condizioni climatiche sono molto più favorevoli che in Germania, eppure miliardi di euro sono stati investiti nei pannelli solari tedeschi, con scarso rendimento, solo perché era facile ottenere i permessi.
Abbiamo assistito al balzo in avanti di regioni europee che sembravano condannate a un ruolo di secondo piano. Prima in Spagna, poi in Irlanda, Portogallo, nei Paesi ex sovietici e recentemente anche in Grecia. Non esiste un destino segnato, tanto meno per un territorio che ha una ricchezza culturale e umana straordinaria. Il momento di puntare le nostre energie verso Sud è arrivato.