L’Italia che vuole crescere

Il Pnrr, la grande occasione che il nostro Paese deve saper cogliere con unità d’intenti e volontà di ridurre i divari territoriali. Progetto Manager incontra il Sottosegretario agli Affari europei, Vincenzo Amendola

Vincenzo Amendola, Sottosegretario agli Affari europei

 

Sottosegretario, partiamo da due dati di rilievo: il Governo ha deciso di destinare al Sud almeno il 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr e del Fondo complementare. In questo quadro, sarà rivolto al Mezzogiorno il 55% dei fondi a disposizione del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili. Per una ripresa effettiva, l’Italia punta quindi molto sul Sud. Come mantenere il Paese coeso per non sprecare un’occasione imperdibile?

Questo piano è una grande missione nazionale in cui tutte le amministrazioni rivestono un ruolo cruciale, a livello centrale, regionale e comunale. I numeri parlano chiaro. Circa 66.7 miliardi, pari al 35% delle risorse del Pnrr, saranno gestiti in forma diretta dagli Enti territoriali: sono loro i protagonisti al Nord, al Centro così come al Sud. Ora più che mai servono unità e compattezza ed è necessaria celerità nella realizzazione del Piano. Per la prima volta avremo tante risorse che arrivano dall’Europa, ricordo infatti che ci sono anche i 100 miliardi del Quadro finanziario pluriennale da spendere entro il 2027. Dobbiamo essere efficienti: è un momento di crisi e i costi delle materie prime e dell’energia preoccupano. Abbiamo il compito di lavorare tutti insieme in maniera unitaria, senza revanchismi di parte. Una fetta consistente del Piano, almeno il 40% circa delle risorse territorializzabili, è destinato al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale. Si tratta di 82 miliardi su 205 che serviranno per colmare lo scarto con il resto del Paese, da cui tutta l’Italia trarrà giovamento. Una delle priorità trasversali del Pnrr riguarda infatti la riduzione dei divari territoriali che caratterizzano il nostro Paese. Non soltanto fra Nord e Sud, ma anche fra i centri maggiori e le periferie.

Gli obiettivi che il Pnrr si pone sono molteplici, ma per la loro messa a terra tutte le forze del sistema Paese devono operare al meglio. È necessario, infatti, trasformare la destinazione territoriale in interventi concreti. Quanto conta in tal senso rafforzare la sinergia tra pubblico e privato?

Il Piano indica espressamente l’esigenza di porre in essere efficaci termini di catalizzazione di risorse finanziarie private, ulteriori rispetto a quelle stanziate dall’Unione europea, per assicurare il raggiungimento degli obiettivi. Ogni progetto finanziato dal Pnrr potrebbe, grazie all’apporto degli ulteriori investimenti derivanti dall’iniziativa privata, avere un effetto moltiplicatore per la ripresa: i fondi verranno utilizzati per sostenere o anche attrarre investimenti privati attraverso il mercato, ad esempio tramite forme di partenariato pubblico-privato, oppure contributi a progetti di investimento, prestiti o garanzie. Siamo tutti consapevoli che in tal caso l’impatto del Pnrr verrebbe potenziato dall’effetto leva. È auspicabile quindi che si instauri questo circolo virtuoso.

Una fetta consistente del Piano, almeno il 40% circa delle risorse territorializzabili, è destinato al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale. Si tratta di 82 miliardi su 205

Un processo di modernizzazione della Pa e della sua interlocuzione con il sistema produttivo sarà certamente cruciale per lo sviluppo nazionale. In questa prospettiva, quanto saranno importanti anche azioni incisive in tema di sburocratizzazione e semplificazione delle procedure?

È fondamentale. Tant’è che nel Pnrr, oltre alla riforma complessiva della Pa, sono previste linee di intervento per garantire la piena attuazione del Piano e rimuovere gli ostacoli amministrativi e procedurali. Soltanto per fare degli esempi, si va dalle norme di semplificazione degli appalti pubblici all’acquisto Ict, dalla legge sulla concorrenza alla legge delega sulla corruzione, al federalismo fiscale e alla riduzione dei tempi di pagamento della PA e del tax gap. La trasformazione della Pa, però, non si limita a questo. Nel corso del 2021 sono state gettate le basi per un cambio di paradigma, si è tornati a re-investire sulla formazione e sullo sviluppo delle competenze individuali del personale della Pubblica amministrazione, attraverso l’attivazione di percorsi formativi differenziati, altamente qualificati e certificati all’interno di un sistema di accreditamento. Sviluppo delle competenze del personale e capacità amministrativa, quindi, sono i due principali ambiti di intervento del Pnrr per il rafforzamento del capitale umano: da un lato, un grande investimento in formazione; dall’altro, il finanziamento di progetti di change management delle amministrazioni locali di medie dimensioni. Fra i tanti obiettivi da raggiungere, ne cito uno: portare il 75% delle PA a utilizzare servizi in cloud.

La crisi energetica, aggravata dal conflitto in Ucraina, induce l’Europa a guardare con rinnovato interesse al Mediterraneo. Il Sud Italia è stato spesso indicato come potenziale “piattaforma nel Mediterraneo”, per l’Italia e l’Ue.  Quali scenari si aprono oggi per il Mezzogiorno?

Il Mezzogiorno ha nelle sue mani gli strumenti per costruire il proprio futuro, senza zavorre. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina, come già detto, almeno il 40% dei fondi al Sud – finanziamenti che si sommano a quelli del Fondo per lo sviluppo e la coesione – ma le risorse da sole, non bastano: serve la capacità di programmare e di utilizzarle bene e in tempi certi. Il Sud riveste un ruolo strategico, anche negli scenari di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e della cosiddetta economia verde, per garantire maggiore resilienza e sostenibilità al nostro modello produttivo. La complicata situazione internazionale, con la crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina, spinge il Governo a puntare sul Mezzogiorno quale hub strategico d’Europa per le fonti green del Nord Africa e del Medio Oriente. Al tempo stesso, con il Pnrr sviluppiamo al Sud una politica industriale che punti alla riduzione delle emissioni nocive, all’economia circolare e all’innovazione di filiere strategiche, come quella dei semiconduttori e della mobilità sostenibile.

Con il Pnrr sviluppiamo al Sud una politica industriale che punti alla riduzione delle emissioni nocive, all’economia circolare e all’innovazione di filiere strategiche

Un’ultima domanda. Sappiamo bene quanto l’intero territorio italiano sia ormai trasversalmente attraversato dall’incombere della criminalità organizzata, che ha spesso origini al Sud, ma ha forti interessi anche al Centro e al Nord. Cosa si può fare, a suo avviso, per difendere il Pnrr dalle ingerenze criminali e rilanciare fortemente il tema della legalità?

Il rischio c’è e ne siamo consapevoli, ma il compito di chi governa è prevenirlo. Il sistema giuridico e di controlli attuale prevede un modello di governance pensato per evitare iniziative di illecita captazione delle risorse del Pnrr e ha un suo punto di riferimento nell’Ispettorato Generale per i Rapporti finanziari con l’Ue della Ragioneria generale dello Stato. È stata costituita un’unità di Missione ad hoc con funzioni di audit del Pnrr. A fine dicembre 2021, la Ragioneria generale ha stipulato appositi protocolli di intesa con Guardia di Finanza e Anac volti a rafforzare le misure di prevenzione a contrasto della corruzione, delle infiltrazioni criminali e dei reati finanziari nell’attuazione del Piano. Ricordo, infine, che, nel contesto delle riforme abilitanti del Pnrr, il disegno di legge delega di riforma sul codice degli appalti modifica le competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, al fine di rafforzare le funzioni di vigilanza sul settore e le competenze di supporto alle stazioni appaltanti.

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