
Le infrastrutture rappresentano l’ossatura di ogni società ed economia evoluta.
Che si tratti di arterie stradali e ferroviarie che connettono territori e mercati, di ponti che superano distanze, o delle reti energetiche e idriche, esse costituiscono l’impalcatura su cui si fonda la nostra esistenza quotidiana e l’operatività di ogni singolo settore produttivo.
In questo scenario di continua evoluzione, le reti per le comunicazioni elettroniche in fibra ottica di ultima generazione assumono un ruolo sempre più nevralgico, configurandosi come le autostrade digitali della nostra società. La capacità di trasmettere ingenti volumi di dati a velocità elevate rappresenta il fondamento su cui poggia una miriade di attività che permeano ogni aspetto della nostra vita: dall’istruzione erogata online, alla telemedicina che abbatte le distanze sanitarie, dallo smart working che ridefinisce gli spazi lavorativi, all’Industria 4.0 che trasforma i processi produttivi, dall’intrattenimento digitale alla pubblica amministrazione che si dematerializza e si avvicina al cittadino attraverso servizi online, fino alla cybersicurezza e all’intelligenza artificiale.
Una rete a banda ultra larga capillare e performante, come quella costruita da Open Fiber lungo tutta la Penisola con la tecnologia Fiber to the home (Ftth), ha il potere di abilitare le tecnologie di adesso e del futuro, annullando barriere non solo geografiche, promuovendo un’inclusione sociale ed economica senza precedenti. Si pensi alle straordinarie opportunità che una connettività avanzata può offrire alle aree rurali, consentendo l’accesso a servizi essenziali a mercati altrimenti difficilmente raggiungibili, colmando un divario territoriale che spesso frena la crescita. Si immagini il potenziale che si schiude per la ricerca scientifica, con la possibilità di collaborazioni globali e la condivisione istantanea di dati cruciali, per la creazione di nuove applicazioni e servizi digitali che semplificano la vita e per il miglioramento dell’efficienza di settori chiave come la sanità e l’energia, attraverso la gestione intelligente delle risorse e la fornitura di servizi personalizzati.
Una rete a banda ultra larga capillare e performante ha il potere di abilitare le tecnologie di adesso e del futuro, annullando barriere non solo geografiche e promuovendo un’inclusione sociale ed economica senza precedenti
L’Italia ha indubbiamente compiuto passi significativi nel tentativo di allinearsi agli standard europei. Il tasso di copertura nazionale della rete in fibra ottica Ftth, che nel 2017 si fermava a un modesto 22 per cento, dall’ingresso sul mercato di Open Fiber ha compiuto un balzo notevole, raggiungendo oltre il 64 per cento del territorio e avvicinandosi alla media dell’Unione europea, che si attesta oggi intorno al 69 per cento.
Tuttavia, nonostante questi progressi infrastrutturali, il nostro Paese sconta ancora un ritardo significativo sul fronte dell’adozione effettiva (take up) della fibra ottica da parte della popolazione. Solo il 27,5 per cento degli italiani raggiunti dalla rete Ftth la utilizza attivamente, una percentuale che ci colloca ben al di sotto di realtà virtuose come la Spagna (con un impressionante 91 per cento) e la Francia (con l’83 per cento) e distante anche dalla media europea che si attesta a un più confortante 54,5 per cento. Questo divario nell’adozione è in parte riconducibile alla transizione graduale e non sempre lineare dalla vecchia tecnologia Adsl alla più performante Fttc (Fiber to the cabinet), un passaggio intermedio che ha inevitabilmente rallentato la migrazione verso una rete interamente in fibra ottica.
Solo il 27,5 per cento degli italiani raggiunti dalla rete Ftth la utilizza attivamente, una percentuale distante anche dalla media europea che si attesta sul 54,5 per cento
Questa ancora troppo bassa percentuale di attivazioni effettuate sulle linee a banda ultra larga disponibili, è oggi legata alla mancanza di una strategia chiara e definita per la dismissione della vecchia rete in rame. L’Italia sembra ancora indecisa sul da farsi, mentre in Spagna e Francia gli ex monopolisti del settore hanno avviato percorsi strutturati e con obiettivi temporali precisi per la graduale disattivazione della rete in rame (in Spagna questo processo è previsto concludersi quest’anno).
Una politica industriale efficace per il settore delle telecomunicazioni deve dunque agire e deve farlo sul fronte dell’offerta e della domanda. La stagione dei finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si concluderà tra pochi mesi e, sebbene gli effetti positivi di questi investimenti si faranno sentire ancora per un certo periodo, è impellente garantire una continuità di risorse per non vanificare gli sforzi compiuti. In questo senso, è urgente destinare nuove risorse pubbliche, attingendo ad esempio ai Fondi di Coesione europei, per completare la copertura del territorio nazionale con reti a banda ultra larga e, contestualmente, per stimolare l’adozione di questi servizi da parte di cittadini e imprese. Dall’altro lato, è cruciale realizzare investimenti mirati nel backhauling, ovvero nelle infrastrutture di trasporto dati che collegano le reti locali alla dorsale nazionale, per garantire che anche le aree oggi più isolate e difficilmente raggiungibili possano beneficiare di una connettività di alta qualità.
Open Fiber ha connesso in Ftth circa 16 milioni di unità immobiliari raggiungendo oltre 5mila comuni. Tuttavia, nonostante gli sforzi infrastrutturali messi in campo, come i piani pubblici Banda ultra larga (Bul) e “Italia a 1 Giga”, e l’indubbio supporto pubblico nel processo di semplificazione burocratica per la realizzazione delle nuove reti, l’assenza di un piano di switch-off penalizza significativamente l’effettivo utilizzo della rete in fibra ottica e, di conseguenza, scoraggia ulteriori investimenti da parte degli operatori. Un problema di sottoutilizzo del potenziale esistente.
Risulta ormai evidente che il Paese non sarà in grado di centrare gli ambiziosi traguardi europei fissati per il 2030 (che prevedono la copertura universale e l’adozione diffusa di servizi con velocità pari o superiori a 1 Gigabit al secondo) senza un deciso cambio di passo, caratterizzato da interventi più incisivi e da una visione strategica di lungo termine, affiancando agli interventi normativi e agli incentivi economici una robusta campagna di sensibilizzazione e promozione della transizione digitale.
Una transizione che – bisogna ricordarlo- è anche energetica oltre che digitale. La significativa riduzione dei consumi energetici delle reti in fibra (sette volte inferiori rispetto al rame) evidenzia un enorme beneficio, configurandosi come uno degli assi portanti per il raggiungimento degli obiettivi ambientali italiani ed europei.
In questo scenario, il tema dello switch-off dalla rete in rame a quella in fibra ottica assume un’importanza ancora maggiore, non solo in termini di performance e affidabilità, ma anche in considerazione della sostenibilità energetica. Inoltre, lo switch-off rappresenta una precondizione fondamentale per la creazione e lo sviluppo di un mercato unico per le telecomunicazioni in Europa. Gli attuali dati evidenziano una marcata disomogeneità nelle condizioni di connettività tra i diversi Paesi membri, con solo alcuni che stanno beneficiando appieno del vantaggio competitivo garantito da reti all’avanguardia. Superare questa eterogeneità attraverso una strategia coordinata di migrazione verso la fibra ottica è cruciale per garantire una crescita economica e sociale equilibrata e inclusiva a livello europeo.