All’interno delle nostre Commissioni dedicate alle Politiche industriali abbiamo individuato le linee di intervento prioritarie per l’industria italiana. Il primo passo che possiamo compiere, con metodo manageriale, è concentrarci infatti sugli interventi immediati ma senza perdere di vista l’orizzonte di lungo periodo. Incremento del Pil e dell’occupazione e, quindi, rafforzamento della coesione sociale sono gli obiettivi verso cui sono tesi i nostri sforzi. Il contesto economico e politico europeo è infatti talmente fragile, esposto a continui rivolgimenti, che un atteggiamento di prudente attesa sarebbe nocivo.
Dopo Brexit le stime di crescita per il nostro Paese sono state riviste in negativo. L’incertezza nel sistema del credito, sommata all’indebolimento della politica economica comunitaria, non agevola l’adozione di piani di investimento strutturati che invece sono necessari e urgenti.
Nel momento attuale, in cui con un soffio di vento vengono spazzate via trattative pluriennali volte a siglare patti internazionali per liberalizzare scambi commerciali e produzioni, è richiesta ai decisori pubblici una capacità di reazione immediata. Sentir avocato il ritorno al localismo produttivo, fa capire quanta confusione ci sia.
Se si alzano muri anche alla libertà di circolazione delle merci e delle persone, la categoria manageriale deve dare un contributo al rafforzamento dei valori che sono in crisi. Non solo essa è abituata a sondare tutti gli scenari possibili, ma è anche naturalmente calata nel tessuto imprenditoriale. Quindi vede, intravede e anticipa il cambiamento, ed è capace di coniugarlo anche in termini di opportunità.
Faccio questa premessa di contestualizzazione per dire che i 4 gruppi di lavoro (Siderurgia, Energia, Infrastrutture, trasporti e logistica, e Industria 4.0), che operano all’interno della Commissione Politiche Industriali che abbiamo appena attivato, partono forti delle competenze manageriali specifiche e motivati dall’essere partecipi di un progetto di sistema. L’intervento è nel merito dei provvedimenti e nel metodo della relativa rielaborazione. Quando lo scorso 1 luglio ci si è seduti per la prima volta a ragionare delle 4 aree strategiche sopraindicate, l’analisi è cominciata dal monitoraggio dell’esistente, da ciò che è in discussione al parlamento italiano e in Europa.
Federmanager è quindi diventata la sede per un confronto tra alcuni rappresentanti di questi settori strategici, una scuola di formazione che aspira a contaminare le esperienze dei singoli manager e a realizzare una interconnessione di competenze da mettere a fattor comune con intelligenza e nell’interesse generale.
Partendo, ad esempio, con l’esaminare alcune criticità del settore energetico, il gruppo di lavoro Energia ha saputo contemperare l’esigenza di risolvere vecchi problemi, a partire dalla necessità di una riduzione stabile del costo dell’energia con tutto ciò che ne consegue, con quella di aprirsi a nuove frontiere rappresentate dalla mobilità sostenibile e dall’economia circolare.
La sub-commissione Siderurgia, che intende definire soluzioni nel segno della sostenibilità ambientale, occupazionale ed economica, a partire dal gruppo Ilva, si è messa al lavoro per una valorizzazione del ruolo manageriale con maggiori garanzie rispetto alle responsabilità derivanti da un settore di attività complesso e delicato, e per favorire una revisione della normativa europea antitrust che permetta l’aggregazione di realtà sempre più internazionali.
La terza sessione, quella dedicata a Trasporti e Logistica, deve fare i conti con una scarsa attività del legislatore. Mentre è stato presentato pochi giorni fa il documento “Connettere Italia” del ministero guidato da Graziano Delrio, che recepisce e aggiorna i contenuti dell’allegato infrastrutture al Def, siamo ancora lontani dall’attuazione e dall’approvazione di un Piano nazionale coordinato.
Pertanto, il gruppo di lavoro si sta impegnando a individuare misure da proporre per la prossima Stabilità senza rinunciare all’obiettivo di arrivare alla creazione di una politica dei trasporti al servizio dello sviluppo dell’industria e del turismo. Ciò significa ridefinire le strategie per la movimentazione delle merci e ripensare la gestione infastrutturale di alcuni poli strategici.
Infine, la sub-commissione dedicata a Industria 4.0 ha già iniziato l’interlocuzione con il governo per l’attuazione di un Piano nazionale dedicato alla Quarta rivoluzione industriale, prendendo le mosse dalle iniziative che Federmanager e il gruppo di lavoro hanno avviato negli ultimi mesi partecipando, tra le altre cose, all’indagine conoscitiva condotta dalla Camera dei Deputati su questo tema.
L’Industria 4.0 opera trasversalmente a tutti i settori produttivi, a cominciare dalla manifattura, e produce effetti a catena che riguardano non tanto il prodotto, quanto piuttosto i modelli aziendali adottati. Su questo terreno dobbiamo pertanto rivendicare un ruolo protagonista, nella consapevolezza che i manager dell’industria sono i primi soggetti coinvolti dal cambiamento e che dal loro livello di preparazione e partecipazione alla governance del processo di “rivoluzione” dipendono le chances di rilancio e competitività di ogni comparto.
Le prossime riunioni della Commissione Politiche Industriali, articolata in queste aree che ho brevemente descritto, saranno focalizzate a produrre posizioni politiche e pragmatiche che come Federmanager sentiamo di sostenere. Intendiamo mettere in luce le priorità ma anche offrire le soluzioni. Uscire dalle imprese e parlare alla società, intesa nell’accezione più ampia. Questo è l’obiettivo che io per primo mi sono prefisso e che ritengo sia la chiave di volta per un impegno del management industriale a favore di un Paese più coeso e più competitivo.