Per attuare i programmi dell’Industry 4.0, le competenze digitali sono un elemento importante per valorizzare le tecnologie acquisite dall’azienda e fornire un vantaggio competitivo in termini di innovazione.
Purtroppo in Italia non siamo in una posizione favorevole; a oggi, le competenze digitali di base sono del 35,1% rispetto al 45% europeo e nel mondo delle imprese solo il 12,4% con almeno 10 addetti sceglie di svolgere le funzioni ICT con addetti interni e il 61,9% ricorre a personale esterno.
E’ anche vero che i prodotti e servizi “digitalizzati” aumentano, quali ad esempio i servizi di e-commerce, i servizi di cloud computing e gli accessi alla banda larga, ma con un processo di conversione e integrazione che procede sempre a rilento, forse dovuto a un problema culturale delle nostre imprese.
Per attuare i piani dell’Industry 4.0 la strada è ancora lunga e tortuosa; lunga perché l’89,3% delle imprese, sino a 50 addetti, ha un indice di digitalizzazione molto basso, mentre solo il 34,4% delle imprese, con almeno 250 addetti, ha un indice di digitalizzazione alto; tortuosa perché l’approccio alla rivoluzione digitale deve essere necessariamente moderato e graduale, onde evitare uno scontro culturale tra chi promuove “nuove tecnologie” e chi governa i “vecchi processi”.
Nel 2015, sono 720 mila persone occupate in professioni ICT, con un’incidenza sull’occupazione più bassa rispetto ad altri paesi dell’Europa come la Francia e la Germania, e non è un caso che questi ultimi due paesi avevano già attuato da anni dei progetti di coalizione per l’attuazione dell’Industry 4.0 a cominciare dai processi e dagli standard.
E’ solo di recente, il 1 dicembre 2016, che l’Agenzia per l’Italia Digitale ha rappresentato l’Italia nella Digital Skills and Jobs Coalition della commissione europea a seguito delle esperienze positive delle precedenti iniziative come la Grand Coalition for digital jobs, nella speranza sia di beneficio anche alle imprese e competenze italiane. Quindi una nuova rivoluzione digitale, ma solo se si pensa di condividere e non pensare di fare innovazione in solitaria.
In Europa, da oggi al 2020, avremo una carenza di 750 mila professionisti qualificati nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La disoccupazione fra i giovani tra i 35 e i 34 anni è già al 20%, e circa il 45% ha solo le competenze digitali di base.
Incentivare l’assunzione di manager con forti competenze digitali e “pratici” della gestione al cambiamento è una soluzione molto valida, e se aggiungiamo che è necessario e indispensabile creare nuovi manager, in particolare nella fascia tra i 30 e i 40 anni, i risultati sono più che assicurati; questo è anche dimostrato dal fatto che oltre il 90% degli utilizzatori di tecnologie digitali sono dirigenti e quadri.
A questo punto occorre aggiungere un altro aspetto: i manager oltre ad avere una cultura digitale, devono saperla trasmettere e farla accettare, perché le resistenze al cambiamento sono sempre forti e i risultati tutt’altro che immediati.
Per sensibilizzare le imprese e i suoi manager sui temi delle competenze digitali e Industry 4.0, Federmanager ha avviato un percorso diviso tra seminari, convegni e incontri e anche il Gruppo Giovani ha scelto il tema “Le competenze manageriali per la quarta rivoluzione industriale” per il Meeting annuale che si terrà a Roma il 3 febbraio prossimo.
(Fonte dati Istat)
Emanuele Schirru – Coordinatore nazionale Giovani Dirigenti Federmanager