La vittoria di maggio scorso con cui Emmanuel Macron ha conseguito la maggioranza assoluta con il suo movimento “En Marche!” alle elezioni presidenziali conquistando, dopo l’Eliseo, anche la maggioranza assoluta dell’Assemblea nazionale, ha sorpreso e stupito la Francia, l’Europa e anche il mondo intero.
Eccolo il giovane di 39 anni che, senza grande esperienza politica, senza alcuna appartenenza a partiti politici, distante tanto dalla destra quanto dalla sinistra, illustra il suo mandato di ottavo presidente della V° Repubblica francese, dichiarando tutto il suo impegno per la difesa dell’Europa, l’esaltazione dei valori dell’Illuminismo, lo spirito riformista, la definitiva rottura con il passato.
Appena eletto, eccolo elevarsi a presidente di tutti i francesi con l’ambizione di restituire il lustro perduto alla funzione presidenziale.
Il rinnovamento politico si è riflesso nella composizione del governo (la metà dei ministri proviene dalla società civile) e nel profilo dei deputati (tre quarti sono alla prima esperienza politica e il 39% sono donne: un record storico!). Dunque, si è immediatamente calato nei panni di “guida” dei francesi nel segno dell’ottimismo.
Ha da subito attuato una parte del programma che ha caratterizzato la sua campagna elettorale, tra cui una legge sulla trasparenza pubblica, una maggiore flessibilità del mercato del lavoro che salvaguardasse i lavoratori, tagli alla spesa pubblica, l’annuncio di una riforma fiscale, risorse per il sistema dell’istruzione pubblica, la lotta contro il riscaldamento globale, una legge sulla sicurezza interna, la lotta al terrorismo e via dicendo.
Per non farsi mancare nulla, Emmanuel Macron si è anche proiettato sul palcoscenico internazionale da attore protagonista e ha presentato una serie di proposte per il rilancio della costruzione europea: per un’Europa più efficiente e democratica. La dimensione dei “cantieri aperti” impressiona.
Tante, tantissime iniziative che tuttavia non sono accompagnate da una grande efficacia comunicativa tanto da generare incognite sulla loro stessa coerenza e dubbi su quali obiettivi siano realmente perseguiti.
Insomma, all’attivismo del presidente francese non è certamente seguita – come risulta da vari sondaggi pubblicati – quella che si dice “una luna di miele”: invece di trovarsi di fronte una nazione tutta coesa intorno a sé, Macron sta perdendo consensi.
Non che, all’atto dell’elezione, la sua popolarità avesse conosciuto esattamente uno “stato di grazia”. Al primo turno delle presidenziali aveva infatti ricevuto solo il 23% dei voti.
La sua vera base elettorale è composta da individui relativamente giovani, altamente istruiti, lavoratori del settore privato, piuttosto ottimisti, felici e fiduciosi nel futuro.
Ebbene, ora quegli elettori stanno cominciando a dividersi.
Quelli di sinistra trovano che Macron si appoggi troppo a destra e quelli a destra ritengono l’esatto contrario.
Inoltre, una parte della Francia non si riconosce in questo presidente, anzi lo detesta: sono gli elettori di destra, quelli del Front National (estrema destra) e sono quelli di Jean-Luc Mélenchon (estrema sinistra) a cui si aggiungono i molti che si sono astenuti: gli elettori poco istruiti, poco qualificati, precari e pessimisti, preoccupati per il loro futuro e per quello dei loro figli, spaventati dall’Europa, dalla globalizzazione, dall’immigrazione, dal terrorismo, dall’Islamismo e persino dall’Islam.
Le nuove norme sul mercato del lavoro potrebbero cristallizzare queste preoccupazioni e far crescere il malcontento. Ma Macron possiede un grande vantaggio: non ha alcun vero rivale.
Sui temi dell’occupazione, però, non deve semplicemente vincere. Deve soprattutto convincere.
Convincere che con la rinnovata crescita e le modifiche al codice del lavoro ridurrà la disoccupazione e ridurrà la disuguaglianza pur preservando l’ambiente. Deve convincere che la sua politica curerà le fratture che frammentano la società francese. Dovrà convincere i partner europei della credibilità della sua squadra per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione europea, senza fare pensare che la Francia giochi da sola un ruolo fondamentale in Europa e nel mondo.
Deve dimostrare ora più che mai la sua capacità di riconquistare la fiducia di tutti i francesi e non solo dei suoi sostenitori. Deve assicurare i francesi sulla possibilità di una profonda riformulazione del sistema dei partiti politici e della politica in generale per rinvigorire le istituzioni e per ripristinare la fiducia nei cittadini e nelle loro élite dominanti.
Questo giovane presidente ha compiti davvero pesanti da affrontare. Ha ambizione, energia e coscienza. Avrà i mezzi? Saranno sedotti i francesi? Tutto rimane aperto.
* Professore di storia e sociologia politica a Sciences Po (Parigi)
Presidente della School of Government della Luiss di Roma