Il 2023, che inizia confermando la tendenza al ribasso del prezzo del gas, sarà caratterizzato da decisioni relative a riforme strutturali di contrasto al caro bollette, molto impegnative per gli Stati Ue. Finalmente la Commissione europea ha preso atto che l’esorbitante prezzo del kWh spesso coincide con quello offerto sul Mercato del giorno prima (Mgp) dai cicli combinati, a sua volta determinato dalle quotazioni del gas. Ha pertanto proposto una riforma soft del mercato elettrico, in cui vengono promossi con misure incentivanti contratti pluriennali di compravendita dell’energia rinnovabile che, continuando a crescere, assicurerebbero a un numero maggiore di consumatori un costo dell’energia indipendente dalle fluttuazioni dei prezzi sul Mgp. Di conseguenza, la Commissione ha proposto misure per promuovere i Ppa (contratti di almeno 5-10 anni tra privati per la compravendita di energia prodotta con fonti rinnovabili) e i bandi pubblici di nuovi impianti rinnovabili, remunerati in Italia con contratti pluriennali, arrivando a suggerire che essi diventino obbligatori qualora gli investimenti godano di un sostegno pubblico, anche se si tratta di impianti già in esercizio.
In tal modo si prendono due piccioni con una fava. Viene ridotto il peso del Mgp e la parallela crescita della produzione rinnovabile fa diminuire la domanda di gas. Se, com’è probabile, la proposta si tradurrà in una Direttiva europea, l’Italia non dovrebbe avere problemi nell’applicarla, visto che in parte l’ha anticipata. Secondo l’articolo 16 bis della legge n. 34/2022, infatti, «il Gse offre un servizio di ritiro e di acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta da impianti stabiliti nel territorio nazionale, mediante la stipulazione di contratti di lungo termine di durata pari ad almeno tre anni». Nel nuovo decreto-legge per accelerare gare e assunzioni nel Pnrr è prevista la procedura autorizzativa semplificata per i progetti che accetteranno di vendere l’energia al Gse. Basterà estendere la norma anche ai progetti non rientranti nei bandi del Pnrr per disporre di un secondo strumento molto efficace nell’accelerare l’indipendenza della bolletta elettrica dal prezzo del gas. Più complicata sarà l’attuazione delle linee guida della Commissione europea per l’aggiornamento dei Piani nazionali integrati energia e clima (PNIEC) 2021-2030, che fissano entro fine giugno di quest’anno la scadenza per inviarne una bozza, mentre il testo definitivo va presentato entro giugno 2024.
Come accade spesso, il diavolo si nasconde nei dettagli. Il Pniec aggiornato dovrà essere in linea non solo con gli obiettivi del pacchetto “Fit for 55”, ma anche con quelli di “REPowerEU”, che prevedono l’innalzamento al 45%, entro il 2030, della domanda di energia coperta da produzione rinnovabile. Per un Paese già in ritardo rispetto al conseguimento degli obiettivi fissati dall’attuale Pniec, impostato per riuscire a tagliare il 40% delle emissioni, i princìpi e le buone pratiche suggeriti per il suo aggiornamento rappresentano per il governo italiano una sfida paragonabile a quella di un acrobata, non in perfette condizioni fisiche, costretto a eseguire un salto mortale con triplo avvitamento carpiato.
Nel 2030 occorrerà infatti coprire l’85% dei consumi elettrici con la produzione da fonti rinnovabili. Nel 2022, a causa della siccità che ha ridotto quella idroelettrica, siamo invece scesi al 36%, mentre sono stati installati solo 3 GW e in ciascuno degli otto anni mancanti occorrerebbe realizzarne almeno il triplo. La metafora dell’acrobata è a maggior ragione valida per gli adeguamenti da apportare nel settore dell’automotive. Il rapporto “La rivoluzione nell’automotive, le ricadute sul sistema industriale italiano e il ruolo delle imprese dotate di management”, elaborato dall’Associazione italiana economisti dell’energia per conto di Federmanager, che sarà presentato il prossimo 23 febbraio, non lascia dubbi sulle difficoltà dell’impresa.
Nel 2030 occorrerà coprire l’85% dei consumi elettrici con la produzione da fonti rinnovabili. Nel 2022, a causa della siccità che ha ridotto quella idroelettrica, eravamo scesi al 36%
Inoltre, la complessità di questi cambiamenti sarà presumibilmente maggiore di quella prevista nel rapporto, che non tiene conto degli obiettivi di “REPowerEU”, essendo stato redatto prima delle recenti linee guida della Commissione europea. A completare i temi energetici che terranno banco nel 2023, è arrivata la risposta della Commissione europea all’Inflation reduction act statunitense, un piano di 369 miliardi di dollari, stanziati per contrastare il cambiamento climatico, finanziando in dieci anni misure volte a costruire un nuovo ecosistema industriale in settori strategici dell’;energia green, con un non trascurabile dettaglio. Gli sgravi fiscali previsti per gli acquisti di tali prodotti saranno riservati soltanto a chi compra quelli realizzati negli Stati Uniti.
Il Piano proposto da Bruxelles si limita però a prevedere l’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato per gli investimenti nei settori green solo fino al 2025. Avvantaggia quindi i paesi aventi margini di bilancio più ampi e penalizza quelli con un elevato rapporto debito pubblico/Pil, aggravando i divari economici nell’Ue, con la conseguente frammentazione del mercato interno. Non a caso ha ricevuto il plauso dei governi francese e tedesco e la netta bocciatura da parte del governo italiano.