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Stile libero

Come investire in una strategia di lavoro adattivo che trasformi veramente l’organizzazione? Ecco gli elementi e le sfide che gli Hr manager devono tener da conto

Abbiamo vissuto anni di profondo cambiamento: una spinta alla globalizzazione che ha variato il nostro modo di dialogare, consumare, viaggiare; un contesto in cui le   nuove generazioni adottano stili di vita diversi o inediti e le vecchie generazioni che spostano l’attenzione verso temi di sostenibilità e comfort psico-fisico. Cambiamenti sociali che diventano chiari segnali di attenzione per i manager delle risorse umane, impegnati sempre più a gestire esigenze nuove e una concezione vita-lavoro diversa della tradizionale giornata lavorativa.

Marco Valerio Morelli, Amministratore delegato di Mercer Italia e Coordinatore per il Sud Europa di Mercer

L’innovazione del paradigma lavorativo passa anche per l’automazione del lavoro, riscrivendo il rapporto di valore tra persone e macchine. Insieme a questa spinta verso la tecnologia, la popolazione invecchia: il rapporto tra persone oltre 65 anni e coloro tra i 20 e i 64 raddoppierà prima del 2050 (Fonte: Shrm = Society for human resource management). L’immediata conseguenza del primo e del secondo fattore sarebbe stata, da una parte, la nascita di nuove professioni che ora non possiamo nemmeno immaginare, e dall’altra, la perdita di motivazione sul luogo di lavoro e l’aumento delle figure dei “care-giver” come gruppo fondante il nuovo contesto sociale.

Poi è arrivato il Covid-19 e, in pochi mesi, siamo passati da 570 mila lavoratori nel 58% delle aziende in smart working (febbraio 2019) a 8 milioni nel 72% delle aziende alla fine dell’aprile 2020. E il futuro è diventato realtà: tutti noi già adesso sentiamo il bisogno di maggiore flessibilità, condivisione, comprensione (Fonte: Politecnico di Milano, 2019, Osservatorio smart working).

La buona notizia è che le aziende italiane sono state molto veloci ad adottare modelli di lavoro da remoto; forse perché siamo stati i primi ad essere colpiti dalla pandemia, forse per una questione culturale e una popolazione di lavoratori particolarmente avanti con l’età, i direttori delle risorse umane italiani dichiarano di avere investito in programmi di lavoro flessibile e che continueranno a farlo nel 2021 (Fonte: Mercer global talent trend study, 2020).

 

Il punto è: come?

È importante segnalare che questa accelerazione è nata da un’emergenza e che quando, si spera presto, torneremo alla normalità, i lavoratori non saranno più costretti a casa dal blocco degli spostamenti: un’analisi effettuata dalla Fondazione Consulenti del lavoro stima che a fine pandemia solo il 24% di coloro che oggi lavorano da remoto continuerà a farlo. Non dobbiamo dunque perdere l’opportunità di ripensare profondamente l’organizzazione aziendale in vista di una continua evoluzione di modelli di lavoro adattivo.

Alcune analisi predicono che, a fine pandemia, solo il 24% di coloro che oggi lavorano da remoto continuerà a farlo

Lavoro flessibile non significa semplicemente favorire contratti di part time o di riduzione del monte ore lavorativo. Finora ci si è concentrati sul mettere in sicurezza i propri lavoratori, quindi al “dove” lavorare e al limite al “quanto”. Ci sono però altri punti da considerare, se davvero si vuole investire in una strategia di lavoro adattivo che trasformi l’organizzazione, consentendo il passaggio da un paradigma di resistenza a quello di facilitazione:

  • lavorare ovunque e in tempi diversi ci porta a una nuova concezione architettonica degli spazi del lavoro, sempre più luoghi di confronto e sempre meno luoghi fisici esclusivi in cui svolgere le proprie mansioni
  • ingaggiare i lavoratori su specifici task con tempi determinati, a progetto
  • implementare modelli di carriera che aiutino le persone ad affrontare la quotidianità privata e i nuovi bisogni, come i lavoratori che si prendono cura della propria famiglia, dei genitori oppure intraprendono un percorso di studi, di volontariato, vogliano dedicare del tempo allo sport o ad altri impegni civici
  • considerare l’ambito di responsabilità del singolo ruolo organizzativo/lavoratore; esso può variare nel tempo e quindi produrre effetti su responsabilità di altri, che possono aumentare o diminuire oppure rotazione sui ruoli
  • come emerge dalla ricerca Mercer “Global Health trends-2020” occorre immaginare programmi di premi e benefit aziendali che si possano allineare con il nuovo stile di lavoro. Tra questi occorre ripensare a una copertura sanitaria e psicologica che estenda la protezione anche fuori dall’ambiente di lavoro, in nuovi spazi – sociali e individuali – ove si svolga l’attività lavorativa
  • le coperture contrattuali, nuovi schemi di misurazione della produzione, nuovi modelli di incentivazione dell’orario extra, sempre che continuino ad esistere il concetto di giornata lavorativa standard.

 

Che cosa dicono i dati?

I dati parlano chiaro: la maggioranza dei lavoratori è contenta di lavorare da casa, ma per il 25,3% degli occupati adesso è più complicato conciliare lavoro, famiglia e tempo libero (Fonte: rapporto Censis, 2020). Diciamo però ai responsabili delle risorse umane che il lavoro flessibile va pensato a due vie, da parte del lavoratore e da parte dell’azienda.

I vantaggi ci sono, e sono molti: il risultato della ricerca di Mercer Italia condotta nel 2020 da Alberto Navarra e Alessandro Cortesi mostra come i lavoratori in smart working hanno espresso un maggiore ingaggio verso le loro organizzazioni con aumenti dal +5 al +10% rispetto agli anni precedenti. Come se sentissero l’organizzazione più vicina e quindi il loro livello di affezione nei confronti dell’azienda fosse aumentato. Tutto ciò si aggiunge a benefici indiretti per l’azienda quali la riduzione di costi operativi, di viaggio e, non ultimo, un impatto ambientale positivo causato dalla riduzione del tempo destinato al percorso da casa all’ufficio che, tra l’altro, aumenta le ore a disposizione per portare a termine un compito lavorativo.

I lavoratori in smart working hanno espresso un ingaggio maggiore verso le loro organizzazioni, fino al 10% in più al passato

La vera sfida è creare autonomia responsabile nei lavoratori. Gestire il proprio tempo come valore per se stessi e la propria organizzazione, avere l’autonomia necessaria ai propri bisogni e altresì al raggiungimento di obiettivi sfidanti, cogliere sfide dinamiche potendo cambiare il perimetro delle proprie responsabilità, il proprio carico di lavoro senza dover sottostare a procedure di controllo lavorativo, avere una piena delega sui risultati piuttosto che mansioni da controllare a distanza… sono tutti elementi che si sposano con il senso di libertà e di autogestione tipico delle nuove generazioni in cui il talento è più ribelle, dotato di intelligenza sociale, aperto al cambiamento.

E infine la produttività: uno studio empirico effettuato su 20 aziende Fortune 500 ha mostrato come la produttività aumenta in modo significativo (dall’1 al 3%) trasversalmente in tutte le aree funzionali (Fonte: 20 Clifton TJ, Shepard EM. “Work and family programs and productivity: estimates applying a production function model,” International journal of Manpower, december 2004).

Alla luce di queste riflessioni, non è il momento di strategie a corto raggio ma occorre immaginare una nuova organizzazione dove flessibilità, invenzione ed empatia siano alla base di strategie di sviluppo sul medio-lungo termine.

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