2980

Sostenibilità: luce verde sull’impresa

Produrre meglio, non meno. Il ruolo dei manager per dare nuovo ossigeno alla nostra economia

Nel mondo cresce la domanda di energia. Una sensibile spinta arriva dai paesi in via di sviluppo, che necessitano di energia per ridurre il gap con le aree più avanzate del mondo e per beneficiare di migliori condizioni di vita. Ma la domanda cresce anche nelle economie più affermate, come quelle dell’area Ue, degli Stati Uniti e della Cina, gigante riscopertosi di cristallo di fronte all’emergenza coronavirus. Come rispondere a questa “fame” di energia senza sacrificare gli obiettivi di sostenibilità individuati dall’Onu?

L’Italia ha avviato un percorso di transizione verde, attraverso l’applicazione diffusa di modelli di economia circolare. Al tema è stato dedicato il terzo rapporto annuale che abbiamo realizzato insieme all’Associazione italiana economisti dell’energia (Aiee) e presentato, a Roma, nell’ambito di un evento organizzato con Elettricità Futura.

Il rapporto riserva grande attenzione alle energie rinnovabili, come alternativa alle fonti fossili, e alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Percorsi possibili che non possono prescindere dal ruolo strategico dell’Ue, anche rispetto a competitor dotati di materie prime e fortemente sostenuti dallo Stato come la Cina, leader nel fotovoltaico e nel settore dei sistemi di accumulo di energia.

Il recupero delle risorse è una opportunità non solo per l’ambiente ma anche per l’economia: secondo la Ellen Mc Arthur foundation, la transizione verso un’economia circolare potrà consentire all’Europa un risparmio netto annuo fino a 640 miliardi di dollari sul costo di approvvigionamento dei materiali per il sistema manifatturiero dei beni durevoli. Per l’Italia, che certo non dispone di abbondanti risorse naturali, questo è un aspetto molto importante.

Altro tema è quello della gestione, dello smaltimento e del riutilizzo dei rifiuti, con particolare attenzione ai “nuovi rifiuti” generati dai cicli di produzione e al problema della plastica. Attraverso lo sviluppo di un processo come la pirolisi è, ad esempio, possibile il cosiddetto plastic to fuel, vale a dire la riconversione della plastica non riciclabile in combustibile finalizzato a diversi impieghi.

Infine, ricerca e formazione costituiscono due pilastri per il futuro dell’energia nei confronti dei quali abbiamo sempre manifestato particolare sensibilità. C’è bisogno di manager capaci che stimolino a produrre non di meno, ma meglio. Per tagliare sprechi ed emissioni e dare nuovo ossigeno alla nostra economia, con impatti sull’occupazione che, in uno scenario ottimale, potrebbero vedere la creazione di oltre 500 mila posti di lavoro entro il 2030.

Il nostro rapporto parla quindi dell’energia che fa bene al Paese. In questa prospettiva, esprimiamo l’invito ai policy maker a incentivare le possibili sinergie tra politica ambientale e politica industriale, sostenendo la ricerca pubblica e l’innovazione privata e, di conseguenza, stimolando ricadute significative anche in ambito occupazionale.

< Articolo Precedente Articolo Successivo >