Sviluppo sostenibile e programmazione energetica devono procedere di pari passo nella definizione delle policy come imposto dall’Europa con il piano “Clima ed energia”. Una strategia, quindi, che entra in una dimensione sovranazionale e che deve vedere tutti i Paesi operare con gli stessi impegni, le stesse infrastrutture e le medesime regole, dove sarà importante affermare il nostro modello strategico.
L’Italia centrerà gli obiettivi del pacchetto clima-energia 2020 su emissioni, efficienza energetica e fonti rinnovabili, anche se questo primo importante risultato è stato agevolato dalla crisi economica che ha ridotto i consumi.
Pur risultando tra i Paesi meglio posizionati, gli obiettivi posti al 2030 sono molto più sfidanti e quindi richiedono azioni più coraggiose e soprattutto mirate, anche per evitare le pesanti sanzioni previste in caso di mancato rispetto degli impegni previsti dagli accordi già sottoscritti a livello internazionale.
A partire dall’Accordo di Parigi sul clima, di cui si discute a Bonn proprio in queste ore, sono molti a interrogarsi sulla tenuta degli impegni presi dai governi nazionali conoscendo le minacce che arrivano sia da Washington sia da Mosca.
Colpisce molto che oltre 200 tra i principali investitori internazionali abbiamo scritto una lettera aperta ai governi del G7, prossimi a riunirsi a Taormina, indicando come prioritario l’obiettivo della mitigazione del cambiamento climatico, “essenziale per la salvaguardia dei nostri investimenti”.
C’è difatti un tema economico strettamente correlato al tema del rispetto dell’ambiente che riguarda le scelte di politica energetica che ogni Paese dovrebbe compiere con una programmazione di lungo termine.
Il governo italiano, che dovrebbe licenziare in questi giorni la nuova Strategia energetica nazionale (SEN), deve indicare con certezza quali interventi sono necessari per l’efficientamento e la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, in una prospettiva di riduzione della domanda energetica e di crescita della domanda elettrica.
Federmanager, in collaborazione con l’Associazione italiana economisti dell’energia (Aiee), ha di recente promosso uno studio sul tema “Una Strategia Energetica per l’Italia” proprio allo scopo di portare all’attenzione di tutte le istituzioni i possibili scenari sul fabbisogno energetico italiano che vanno presi in considerazione per raggiungere realisticamente gli obiettivi posti dall’Europa al 2030.
Il raggiungimento di questi obiettivi presuppone investimenti importanti per l’installazione e l’implementazione delle nuove tecnologie, per l’ammodernamento della rete elettrica, e per la riduzione della dipendenza energetica dall’estero, che ha un impatto diretto sul costo della bolletta per il cliente finale.
Salvaguardare l’ambiente è il principale obiettivo, naturalmente. Ma gli investimenti porteranno benefici per l’intero ciclo economico e, se ben indirizzati, costituiranno una grande opportunità di sviluppo e di modernizzazione del nostro tessuto produttivo in termini di innovazione e di competitività e, quindi, di crescita del Paese. Nuove imprese, dunque, e nuove occasioni di lavoro!
È necessaria un’adeguata pianificazione che guardi alle ricadute industriali e occupazionali per il nostro Paese e sappia valorizzare il nostro sistema produttivo favorendo tecnologie pulite ed esportabili.
Non si tratta di diventare produttori di commodities a basso costo, quanto piuttosto della capacità di mettere insieme know how, tecnologia e componentistica e costruire un modello istituzionale, da far prevalere in Europa ed esportabile negli altri continenti riappropriandoci di una leadership intellettuale.
Occorre però snellire le procedure autorizzative, oggi molto complesse, e razionalizzare e focalizzare meglio di quanto fatto finora gli incentivi, visto che la remunerazione compensa oggi l’investimento in fonti rinnovabili, meglio se di natura diversa e meno onerosa, seguendo la strada della defiscalizzazione più che del sussidio.
Per accompagnare la transizione verso un economia più decarbonizzata, occorre poi dotarsi di un sistema di monitoraggio dell’evoluzione della SEN, attraverso degli indicatori tecnici o una sorta di cabina di regia, non rituale ma operativa, nella quale Federmanager ritiene di avere tutte le carte in regole per esserci e dare il suo contributo professionale.