Riprovarci con la Rete

L’evoluzione dal world wide web all’online attuale è andata nell’ottica di una centralizzazione asfissiante e di una rottura dei principi di orizzontalità, apertura e libertà della stagione degli esordi. Ma non tutto è perduto

C’era una volta la Rete. Quella con la R maiuscola. Orizzontale. Decentralizzata. Aperta. Un modello alternativo di società, che dalla dimensione digitale avrebbe dovuto dare forma anche a quella analogica. Robert Cailliau, ingegnere belga che propose il primo sistema a ipertesto per il Cern, disegnò il logo di quel world wide web a cui aveva collaborato con Tim Berners-Lee, riconosciuto come uno dei padri dell’architettura fondamentale di internet. Sopra alla sequenza di tre W in diversi gradienti di verde, Cailliau iscrisse il motto: «Let’s share what we know» (Condividiamo ciò che conosciamo). La sintesi perfetta dello spirito originario della Rete, il principio di un mondo in cui sarebbero state abbattute tutte le barriere al sapere e la conoscenza sarebbe fluita in modo naturale tra le persone, travalicando confini, fusi orari, linguaggi, ceti sociali.

Sembrano echi di un mondo lontano. E se suonano così distanti, è perché nel frattempo la Rete è stata popolata di isole sempre più grandi e ingombranti, i social media, i cui proprietari non sono felici della divagazione da uno spazio all’altro che la logica dell’ipertesto del web originario predicava. Let’s share, sì, ma dentro un preciso recinto. Dall’orizzontale al verticale, sotto la spinta di algoritmi che stabiliscono cosa vedere. Dalla decentralizzazione alla centralizzazione, in mano a pochi, grandi operatori. Da aperto a chiuso.

Secondo l’ultimo rapporto della società di comunicazione digitale “We are social”, Digital 2025, in Italia le persone spendono in media circa 5 ore e 39 minuti della loro giornata online. Di queste, un’ora e 48 minuti, quasi la metà, è dedicata ai social media. Dove il 47% degli intervistati dichiara di cercare nuove storie, il 46% di riempire il tempo libero e il 43% di tenere vivi i rapporti con parenti e amici.

Se prima entravamo in Rete da una porta e, attraverso i ponti dei link, viaggiavamo da un blog a un giornale online, da un sito di un’università a quello di forum inseguendo idee, approfondimenti, fonti di prima mano, oggi lo scroll ci consegna uno sconfinato buffet dove scartare una pietanza dopo l’altra, in pochi secondi, soffermandosi poi su quella che ci ispira per qualche minuto e passare poi, di nuovo, alla successiva, in un loop infinito.

Non solo: se l’esperienza di blog e forum aveva allargato la possibilità per le nicchie di utenti di aggregarsi spontaneamente intorno a un interesse comune, facendo massa critica su un argomento e costruendo comunità dal basso, i social, che pure hanno amplificato l’impatto, sono governati da algoritmi che rafforzano la costruzione di bolle ed ‘echo chamber’ difficili da smontare. Sul Corriere della Sera lo scorso gennaio Walter Quattrociocchi, docente di Computer science dell’università La Sapienza di Roma e a capo del Center of data science and complexity for society, commentando l’abbandono del fact checking da parte di Meta, osservava come i dati dimostrino che non funziona e che spesso peggiora la situazione, rafforzando le echo chamber.

I social sono governati da algoritmi che rafforzano la costruzione di bolle ed ‘echo chamber’ difficili da smontare

La centralizzazione della Rete e la costruzione di modelli di business imperniati sul tempo e sulla (presunta) attenzione hanno minato la gemmazione spontanea. E se sono note e già discusse le implicazioni che questo comporta sulla nostra attenzione, sulle relazioni sociali e sulle modalità con cui interagiamo online, si inizia a dipanare anche un impatto sulla narrativa della Rete che, da parola densa di significato è divenuta una buzzword appannata per poi essere fagocitata e dimenticata, come fosse una moda.

Della Rete delle origini, però, dobbiamo recuperare e salvaguardare alcuni principi. L’orizzontalità, per esempio, che nelle organizzazioni più leggere nelle quali abitiamo e lavoriamo è fondamentale per abilitare sistemi più elastici, flessibili di fronte al cambiamento e modellati intorno agli obiettivi condivisi, più che all’input gerarchico. C’è poi un aspetto di controllo e di assuefazione all’uso dei dati (il cosiddetto capitalismo della sorveglianza magistralmente identificato dalla docente e filosofa Shoshana Zuboff), che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale rende ancora più impellente e su cui non è sufficiente solo l’occhio del regolatore, ma anche la consapevolezza e coscienza degli utenti.

Ancora: l’accesso alle informazioni resta un aspetto cruciale del modello della rete degli esordi. E non vuol dire solo “contenuti gratis”, che pure è un tema cruciale per chi li produce, così come per chi li consuma. Ci riporta alla discussione su censura, accessibilità alle fonti, distribuzione e circolazione dei dati, costruzione di luoghi resistenti agli algoritmi dell’attenzione.

Insomma, se la trasformazione delle reti digitali nell’ultimo decennio ne ha incrinato i principi più radicali, ciò non significa che non ci sia spazio per recuperarli e aggiustare il tiro. Per riformare uno spazio, quello online, che ci sta stretto ormai e che risulta spesso dissociato dalle aspirazioni sociali e personali. Proprio Tim Berners-Lee, in occasione del Web Summit 2024, ha chiamato aziende e persone a un cambiamento della rotta intrapresa dal web.

Del futuro della Rete e delle sfide che la sua gestione e trasformazione ci pongono rifletteremo anche a The Big Interview, un nuovo evento che Wired Italia organizza per la prima volta a Milano il 26 giugno, presso l’università Bocconi. Lo abbiamo sottotitolato “dialoghi con le menti straordinarie del nostro tempo” non a caso. Ciò che aspiriamo in quella giornata è intessere un dialogo costruttivo e di visione con persone che, nei rispettivi campi, stanno indicando la via verso le frontiere della tecnologia, dello sviluppo sociale e della digitalizzazione della nostra economia. Un momento per ascoltare, capire e mettere in discussione le nostre convinzioni e ragionare su come costruire il mondo del domani. Sul sito e sui profili social di Wired Italia è possibile reperire il link alla pagina per segnalare il proprio interesse all’evento e ricevere aggiornamenti sugli ospiti e sulle procedure di registrazione.

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