Lo scorso gennaio le immagini di Los Angeles avvolta dalle fiamme hanno fatto il giro del mondo. Cinque incendi simultanei hanno devastato parte della città, causando un bilancio di almeno 29 vittime, 18 mila edifici distrutti e l’evacuazione di oltre 150 mila persone. L’ammontare dei danni economici potrebbe superare i 50 miliardi stimati da JPMorgan Chase, ad ogni modo è indubbio che gli incendi di Los Angeles siano stati uno dei disastri più costosi della storia degli Stati Uniti.
Le autorità californiane indagano ancora sulle cause. Ma la comunità scientifica è unanime nel considerare che la crisi climatica abbia amplificato l’entità del disastro, trasformandolo in un incendio di dimensioni catastrofiche.
Tra gli evacuati c’era anche l’attore Dennis Quaid, che ai media ha raccontato: «Abbiamo ricevuto una lezione importante, cioè che la nostra esperienza della realtà può cambiare in un attimo». L’affermazione probabilmente trascende l’esperienza degli abitanti di Los Angeles: la crisi climatica sta già trasformando la realtà di tutti i paesi, con danni ingenti non solo in termini umani, ma anche economici.
Impatto della crisi climatica sulle imprese
Poco prima della catastrofe di Los Angeles, l’11 dicembre 2024, il World economic forum (Wef) ha pubblicato il report “Business on the edge: Building industry resilience to climate hazards”, analizzando i principali rischi climatici per le aziende. Le proiezioni indicano che, entro il 2035, le perdite annuali legate ai fenomeni meteorologici estremi potrebbero oscillare tra i 560 e i 610 miliardi di dollari per le aziende quotate in borsa. Una cifra che può variare a seconda di quale scenario emissivo si considera: più si seguirà un modello del tipo business as usual (alti livelli di emissioni di CO₂), maggiori saranno gli impatti economici e sociali.
Tra tutti i fenomeni analizzati, le ondate di calore emergono come la principale minaccia economica, con una riduzione stimata degli utili aziendali tra il 6,6% e il 7,3% all’anno. I settori più colpiti saranno le utility, le telecomunicazioni e il turismo, con perdite superiori al 20%. Ovviamente anche la produzione alimentare subirà gravi ripercussioni: siccità e temperature elevate ridurranno i raccolti e aumenteranno i costi, compromettendo intere filiere. Il settore manifatturiero e la logistica affronteranno interruzioni nelle forniture e cali di produttività, mentre il settore immobiliare sarà minacciato dall’innalzamento del livello del mare e dagli incendi, con conseguenti svalutazioni e costi crescenti per le assicurazioni.
Tra tutti i fenomeni analizzati, le ondate di calore emergono come la principale minaccia economica, con una riduzione stimata degli utili aziendali tra il 6,6% e il 7,3% all’anno
Per queste ragioni il rapporto raccomanda a tutti i leader aziendali di investire già da adesso in strategie di mitigazione. La decarbonizzazione, l’efficienza energetica, la riforestazione e lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, sono azioni fondamentali per evitare gli scenari climatici (e gli impatti) peggiori. Tuttavia, sebbene la mitigazione sia essenziale, da sola non basta: come dimostrano gli eventi di Los Angeles, le conseguenze dei cambiamenti climatici sono già in atto, e sono destinate a intensificarsi, rendendo fondamentali anche le azioni di adattamento.
Questo significa costruire edifici e impianti più resistenti alle temperature estreme, sviluppare sistemi di gestione delle risorse idriche per affrontare la siccità e le inondazioni o proteggere le catene di approvvigionamento da eventi meteorologici avversi. Da questo punto di vista, continua il report, le aziende che adotteranno misure di adattamento potranno ottenere benefici significativi: per ogni dollaro investito adesso, si possono evitare perdite future fino a 19 dollari.
Cambiamenti climatici e disuguaglianze
La ricerca sugli impatti economici dei cambiamenti climatici è relativamente recente rispetto ad altri ambiti della climatologia. Tuttavia, negli ultimi due decenni, la crescente attenzione mediatica verso i disastri ambientali e l’interesse sempre maggiore di politici ed economisti hanno contribuito a un significativo sviluppo degli studi in questo campo.
È acclarato che, oltre a essere un rischio per le singole aziende, i cambiamenti climatici incidono anche sul Pil dei paesi. Uno studio pubblicato su Nature nel settembre 2023 ha stimato che gli eventi meteorologici estremi attribuibili alla crisi climatica causano ogni anno danni globali, tra vite umane perse e danni economici diretti, per circa 135 miliardi di euro. «La maggior parte dell’impatto si verifica nei paesi ad alto reddito, dove i valori patrimoniali sono molto più alti e la mortalità legata alle ondate di calore è considerata più elevata», spiega llan Noy, coautore dello studio ed economista dei disastri presso la Victoria University di Wellington.
«Chiaramente le perdite in una comunità povera di un paese povero sono più devastanti nel lungo periodo rispetto a quella di un paese ricco, dove lo Stato è in grado di assistere la ripresa» aggiunge Noy. Uno dei principali contributi dello studio è stato quello di combinare dati economici globali sui disastri con modelli di attribuzione climatica. Combinando questi dati, i ricercatori sono riusciti a distinguere le perdite economiche direttamente attribuibili al riscaldamento globale da quelle dovute a fattori naturali o socio-economici preesistenti.
Ma non è solo una questione di Pil: i cambiamenti climatici sono anche un moltiplicatore di disuguaglianze. Uno studio del settembre 2024 condotto da un team di studiosi del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) dimostra che gli impatti climatici non colpiranno tutti allo stesso modo: la fascia di popolazione a basso reddito sarà la più vulnerabile. «Non solo il cambiamento climatico può avere degli impatti negativi sul reddito medio di un paese, quindi sul Pil, ma abbiamo evidenze che andrà ad impattare di più su chi è più povero» afferma Martino Gilli, phD in Economia all’università Bocconi e collaboratore del Cmcc, coautore dello studio. «Questo non è solo vero tra paesi, nel senso che i paesi più poveri del mondo sono tendenzialmente più esposti agli aumenti di temperatura, ma anche all’interno di ciascun paese», spiega Gilli.
La posizione geografica potrebbe avere un ruolo determinante: le economie a latitudini più calde subiranno danni maggiori rispetto ai paesi più freddi. «Dallo studio risultano alcune evidenze che in paesi molto freddi, come il Canada o la Russia, l’aumento della temperatura, almeno nel breve periodo, potrebbe addirittura portare a dei benefici» aggiunge Gilli. Nel lungo periodo, però, gli impatti negativi supereranno qualsiasi guadagno, rendendo i cambiamenti climatici una minaccia globale che colpirà le economie di tutto il mondo.
A mano a mano che aumenteranno i dataset a disposizione e miglioreranno le tecniche computazionali, si avranno studi economici sempre più precisi e dettagliati da sottoporre a manager e decision-maker. La consapevolezza crescente, l’innovazione tecnologica e gli sforzi politici possono ancora fare la differenza. Investire oggi in soluzioni di mitigazione e adattamento significa costruire un futuro più sicuro per le prossime generazioni, trasformando una sfida epocale in un’opportunità di trasformazione positiva.