Occhi sul Mediterraneo

Comando dei porti, sicurezza della navigazione, salvaguardia delle vite umane in mare e dell’ambiente. Intervistiamo l’Ammiraglio Ispettore Capo Nicola Carlone, Comandante generale delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera.

l’Ammiraglio Ispettore Capo Nicola Carlone, Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera

Ammiraglio, i recenti accadimenti sul piano geopolitico accendono i riflettori sul Mediterraneo. Quale può essere il ruolo dell’Italia, e in particolare del Mezzogiorno, in quest’area strategica per gli equilibri mondiali?

Il quadro geopolitico e le tensioni internazionali dimostrano quanto sia centrale il mare per il nostro sistema economico e quanto tali tensioni si riflettano sulle dinamiche delle banchine e sulle strategie messe in campo dagli armatori. Preoccupa naturalmente la situazione in Mar Rosso e l’accesso al Mediterraneo attraverso il Canale di Suez, che per il nostro Paese costituiscono uno snodo fondamentale in grado di veicolare circa due quinti dell’import-export marittimo italiano (pari a poco più di 150 miliardi di euro) e il 40% dell’interscambio commerciale dell’Italia con l’Asia (per un valore di 83 miliardi di euro). Mar Rosso e Suez rappresentano il 16% delle importazioni italiane di beni in valore. In questa cornice, i porti del Sud giocano certamente un ruolo decisivo, in virtù del loro posizionamento baricentrico nel Mediterraneo e di una vicinanza geografica alle sponde nordafricane.

Ci può spiegare quali sono le competenze specifiche assegnate al Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera?

Le nostre competenze sono quelle che storicamente ci ha assegnato il Regio Decreto del 1865, che ha sancito la nascita di un “Corpo civile per il servizio amministrativo e tecnico della Marina Mercantile”. E in effetti le Capitanerie di porto hanno ereditato le competenze del disciolto Ministero della Marina Mercantile, occupandosi di tutte le funzioni legate agli usi civili e produttivi del mare, che vanno dal comando dei porti alla sicurezza della navigazione, dalla salvaguardia della vita umana in mare alla tutela dell’ambiente marino e costiero, fino alla vigilanza e al controllo su pesca e stock ittici.

Nel 1989 poi, con un decreto ad hoc, è stata costituita la componente operativa del Corpo delle Capitanerie di porto ovvero la Guardia Costiera. Le due anime, quella amministrativa delle Capitanerie di porto e quella operativa della Guardia Costiera, si fondono oggi in una organizzazione moderna e flessibile.

E dopo il mio insediamento, ho subito inteso dare al nostro Corpo alcune linee di indirizzo chiaro, sintetizzabili in quelle che definisco le “4P”: presenza, professionalità, prontezza operativa e proiezione internazionale.

Quali sfide state affrontando in questa fase?

La prima misura messa in campo riguarda la sicurezza degli equipaggi e delle navi di bandiera che operano nelle aree di crisi.

Dedichiamo altresì grande attenzione allo sviluppo del concetto di resilienza nel trasporto marittimo, per prevenire qualsiasi interruzione o temporanea sospensione di porti, spedizioni via mare e catene di approvvigionamento.

La nostra capacità di adattamento alle dinamiche internazionali ci sta portando poi a investire convintamente sulla digitalizzazione.

Se parliamo solo di monitoraggio, grazie alla disponibilità del sistema digitale “Pelagus”, già oggi sono oltre 80 mila le unità navali che costantemente le Capitanerie visualizzano ed è pari a ben 21 miliardi il quantitativo complessivo dei dati elaborati ogni anno.

Inoltre, ci impegniamo a favorire i processi di semplificazione del nostro settore.

Le Capitanerie di porto – Guardia Costiera hanno difatti ricevuto il mandato di agevolare i trasporti marittimi e di ridurre gli oneri amministrativi a carico delle compagnie di navigazione, armonizzando e semplificando le modalità di espletamento delle formalità amministrative per le navi che scalano porti dell’Ue.

Se parliamo solo di monitoraggio, grazie al sistema digitale “Pelagus”, già oggi sono oltre 80 mila le unità navali che le Capitanerie visualizzano ed è pari a ben 21 miliardi il quantitativo complessivo dei dati elaborati ogni anno

Una quota rilevante della produzione industriale si muove via mare e i porti italiani rappresentano primari punti di approdo e di scalo. Cosa significa sovraintendere alla sicurezza delle operazioni?

È una grande responsabilità che il legislatore ci ha affidato e che percepiamo fortemente. Le faccio un esempio: il conflitto in Ucraina ha imposto di modificare gli approvvigionamenti energetici. Vi è stata quindi la necessità di consentire in tempi rapidi alla nave individuata come rigassificatrice, la “Golar Tundra”, di operare a Piombino, autorizzando l’iscrizione di tali tipologie di navi nei registri italiani, stabilendo la certificazione minima obbligatoria per le navi di bandiera italiana che intendono operare e affrontando con l’armatore le questioni relative alla sicurezza, allo stato di approntamento dell’unità e alle relative tempistiche.

Ma guardiamo anche oltre. Siamo infatti molto attenti al progresso tecnologico che riguarda anche i trasporti marittimi, adeguando la normativa di sicurezza che deve essere applicata. Nei prossimi anni verranno realizzate le prime navi autonome “Maritime Autonomous Surface Ships”, secondo gli standard predisposti dall’Organizzazione Marittima Internazionale – Imo in alcuni tavoli a cui partecipiamo attivamente. Ciò comporterà per gli Stati un’approfondita analisi delle infrastrutture portuali, che dimostri il livello di compatibilità a ricevere tale tipo di unità navali.

Lei è alla testa di un Corpo che conta sull’impegno di 11mila donne e uomini, con compiti a elevata specializzazione. Quanto è importante quindi per voi l’aspetto della formazione continua?   

Il management della formazione è una delle aree più importanti su cui investire. L’obiettivo che il Corpo si prefigge è di offrire o trasformare la formazione in un servizio mirato, funzionale alle esigenze del personale e di supporto all’organizzazione, in un’ottica di accrescimento delle competenze possedute dal singolo e di riscontro sull’efficacia delle risorse impiegate. Consideriamo quindi la formazione del personale come un driver fondamentale per il successo dell’organizzazione. E proprio per avere successo ed essere competitivi, bisogna saper intercettare le nuove opportunità: ciò vale soprattutto nell’articolato ambito della formazione digitale.

Scorrendo la sua biografia, emerge la storia di una personalità con forti radici meridionali: lei è infatti pugliese di nascita, ma ha poi maturato significative esperienze internazionali. Che rapporto ha con la sua terra d’origine?

La Puglia rappresenta le mie radici ed è una terra che amo profondamente. Per la sua posizione geografica e la notevole estensione, è peraltro oggetto di grande attenzione da parte nostra in ogni settore di attività: dalla ricerca e soccorso in mare al contrasto alla pesca illegale, così come alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema marino.

Allargando però lo sguardo, mi piace sottolineare come sia l’intero Sud ad avere notevoli punti di forza ed enormi potenzialità di crescita, con prospettive concrete di miglioramento economico grazie al turismo e alle opportunità del settore energetico, solo per fare due esempi. Certamente, le infrastrutture di qualità potranno dare un’ulteriore spinta in tal senso e potranno contribuire a valorizzare la funzione del Mezzogiorno all’interno dello sviluppo del sistema Paese.

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