Cos’è la rete? Dal latino rēte, rētis, è una maglia di corde o fili intrecciati in un incrociarsi reciproco. Possono essere fili naturali, metallici, plastici o di altro materiale quelli che costruiscono l’intreccio, la trama. Spesso formano una rete da pesca o da caccia, comunque una struttura in grado di imprigionare o contenere ma che può anche essere destinata ad altri scopi. Nomi come reticulatus e reticulum indicano le varianti del reticolato e della piccola rete. In comune questi termini hanno la radice indoeuropea rei o reidh che significa annodare, intrecciare.
Il greco antico ῥεῖν indicava curiosamente scorrere, fluire ma poteva riferirsi anche a connessione. La radice re c’è anche nell’inglese reticulate e nel francese réseau con significati identici o affini.
Si può ipotizzare che in origine sia stata l’osservazione di reti vegetali presenti in natura a far concepire l’idea di creare un tale manufatto dagli utilizzi tanto preziosi per la comunità umana. Certamente la rete è stata indispensabile all’uomo per procurarsi il cibo: la rete da pesca risale a oltre 8 mila anni a.C. ma sono stati ritrovati in mare pesi abbinabili a reti da pesca riconducibili a svariate migliaia di anni più addietro. Anche di reti da caccia per realizzare trappole per uccelli e altri animali si sono trovate tracce egualmente antiche, inoltre vi sono graffiti e incisioni rupestri a testimoniarlo.
La rete da pesca risale a oltre 8 mila anni a.C., ma sono stati ritrovati in mare pesi abbinabili a reti da pesca riconducibili a svariate migliaia di anni più addietro
Dopo millenni sebbene sia in disuso e per lo più vietato l’utilizzo nella caccia, prosegue l’uso nella pesca e nelle coltivazioni e ancora oggi s’impiegano reti di varia foggia e natura per tenere al riparo le piantagioni da uccelli, sole, vento e grandine. Con altre reti si raccolgono i frutti a caduta più delicati: preziosissima e quasi insostituibile è a esempio la rete per la raccolta delle olive.
Nello sport le reti del calcio, tennis, pallavolo e ping-pong hanno funzione di ostacolo da evitare e superare, ma il canestro del basket richiama ancora una forma di raccolta. Nella scherma la rete protegge il volto sebbene in realtà sia la spada stessa lo strumento che schermisce. Curioso però che in lingua anglosassone fencing identifichi anche tutta la categoria delle reti di protezione e recinzione.
La varietà semantica della rete è ampia e anche in letteratura ne troviamo esempi. Dante nel Convivio richiama così le adulazioni mondane e la loro capacità di irretirci:
“…L’anima che in questa rete tanto
più è legata quanto meno vede”
mentre nella Commedia, al canto XXXII del Purgatorio, chiama salvifica l’azione del sorriso di Beatrice e la rete che lo attrae per guidarlo spiritualmente
“…lo santo riso a sé traeli con l’antica rete!”
Petrarca nel Canzoniere utilizza ancora un’accezione assolutamente negativa di rete: la rete amorosa cui l’uomo non sa e non può sfuggire:
“Reti amor tende, e piegli al fuggitivo quasi augel s’egli è vivo”
Leopardi nello Zibaldone imputa alla natura di averci imposto limiti, una vera e propria rete di illusioni:
“La natura ha circondato l’uomo d’una rete fittissima d’illusioni”
Un limite, una recinzione, che Montale però ci invita a rompere per poter uscire dalle illusioni di cui la realtà è fatta. Dice nella raccolta Ossi di seppia:
Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori e fuggi
Lo stesso Manzoni nei Promessi Sposi ha dato a Renzo quello strano cognome – Tramaglino che identifica una tripla rete usata per la pesca nel lago di Como e di Lecco. Forse alludeva alla rara capacità del giovane promesso sposo di pescare guai in cui poi infilarsi.
Rete, goal, ma anche jail: prigione. La rete raccoglie, ripara ma può imprigionare ed è interessante osservare che Retiarius era il gladiatore che, armato di rete, affrontava e sottometteva l’avversario al Circo Massimo. Al “Circo Barnum” invece la rete è quella che salva gli acrobati da possibili cadute. È pericoloso restare senza rete quando rete significa protezione.
La rete raccoglie, ripara ma può imprigionare ed è interessante osservare che Retiarius era il gladiatore che, armato di rete, affrontava e sottometteva l’avversario al Circo Massimo
Attualmente sembra esserlo ancor più anche se si tratta di wi-fi, la rete al tempo stesso affine e distante da quelle finora citate, certamente diversa. Oggi è la rete senza rete, ossia wireless, quella del web a coinvolgerci più o meno tutti con la sua promessa di allargare a dismisura la quantità della nostra conoscenza e delle nostre conoscenze. In particolare, è il social a evocare questo intreccio illimitato di relazioni, di possibili collaborazioni veicolate digitalmente e originate da reciprocità d’interessi. Non importa quale sia il mezzo che permette il contatto con un venditore di device, con un’azienda, con un giornalista, con la vita di qualcun altro. È una rete da cui più o meno tutti amiamo farci coinvolgere. Ed è qui che prende valore il nodo, quel punto di incrocio dei fili in cui questi s’intrecciano, è l’elemento che rende possibile che la rete esista e si attui.
L’incrocio di relazioni resta potenziale fino a che queste non divengono connessioni, fintanto che restando nella metafora, nuovi nodi non si allacciano. Ma cosa fa sì che una connessione si attui, inizi e permanga? Diversi fattori: la bontà effettiva di ciò che entra in rete, prodotti e servizi, sé stessi, le proprie qualità, specialmente le proprie competenze e la disponibilità a metterle in comune con altri. Certamente anche il fatto che la rete sia più o meno innovativa e che porti un reale beneficio in termini di funzionamento, che sia protetta, che ci sia un accordo, garantito da un soggetto ritenuto super partes che consenta almeno l’avviarsi della fiducia reciproca vigilando e successivamente aiutando il mantenersi della relazione. Ce ne sono di tanti tipi, sul libero mercato e nelle associazioni. Importante è l’attenzione a non incontrare il retiarius e a non farci imprigionare. La stretta di mano può bastare, a volte. Altre volte invece serve qualcosa di più.
Il signor Mario Beretta verso la fine degli anni 50, a Barzanò, giovane ingegnere, intuì che per cuocere bene la mortadella del salumificio di famiglia, condotto dal padre Gianluca, non bastava una comune rete tessuta. Serviva una rete plastica, morbida e al tempo stesso resistente nel sostenere la cottura alle alte temperature. Da qui nacque in un certo senso la ‘rete della rete’, ovvero quella collaborazione tra imprenditori che ben lungi dall’essere solo concorrenti giunsero a mettere in comune un’idea geniale. Mario Beretta mise in rete cioè, condivise, la sua scoperta con altri grandi salumifici della Brianza come il Salumificio del cugino Vittore Beretta e poi con quello di Vismara. Consentì loro di accedervi acquistando quel prodotto tanto innovativo e intuendo che non la gelosia della scoperta ma la capacità di far evolvere quella prima rete avrebbe fatto il loro successo e la propria fortuna. Poi Mario Beretta lavorò su altre reti, il nodo e il polimero adatti permettevano di ottenere utilizzi differenti: reti di recinzione, reti oscuranti, reti di raccolta, reti di imballaggio, reti e griglie per il drenaggio, reti di consolidamento del terreno, rete di segnalazione per cantieri e poi per piste da sci. Nasceva il marchio delle reti Tenax, una piccola ma oggi importante multinazionale basata in Italia, in alta Brianza. Il suo slogan fu per molto tempo: “Il nome della rete”.
