Nel segno della speranza

Povertà, diseguaglianza sociale, cambiamento climatico. Sono tante le complessità con cui il mondo deve fare i conti. Dal Giubileo un messaggio forte per lavorare insieme a temi che trascendono la dimensione religiosa

Speranza è una parola per molti poco conosciuta, che non va oltre un modo di dire: quel diffuso intercalare speremm. Ma c’è un’occasione quest’anno: il Giubileo, che porta con sé la speranza da sempre. Sin da quando, ben prima dell’era cristiana, si svolgeva in terra ebraica e ogni cinquant’anni s’inaugurava una “grande rottamazione dei debiti” grazie alla quale la Terra promessa, ricevuta dalle tribù ebraiche come dono divino ma poi per molti andata perduta a causa di cattivi affari, veniva resa ai proprietari iniziali. Persino chi era caduto schiavo tornava libero. L’annuncio veniva dato tramite un corno di montone, lo yobel: giubileo. .

L’avvio del Giubileo si accompagna dunque sin dal suo inizio al tema economico e sociale. Se l’attenzione è recentemente tornata a rivolgersi quasi esclusivamente agli ingenti investimenti che hanno ammodernato l’urbe e alla spinta che verrà data al turismo di Roma e del Paese dagli oltre trenta milioni di visitatori attesi, è solo perché c’è stato un inevitabile risvolto di cronaca che ha posto attenzione quasi esclusiva alle tempistiche da rispettare e alla ricerca di possibili segni di corruzione. Riemerge insomma quella domanda sin dal 1300 attinente i benefici reali dell’iniziativa di Bonifacio VIIII: saranno davvero rivolti alla salvezza delle anime o si tratta invece di pura occasione di lucro e di commercio?

Il Giubileo 2025 in realtà è tutto teso a rimettere al centro la speranza, sottolineando che il tema riguarda la quotidianità e che ha a che fare con i progetti di vita di ognuno, quindi inevitabilmente e drammaticamente anche con la povertà.

Lo dice anzitutto Monsignor Fisichella, Pro Prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione: «La speranza: non si tratta di un’idea o di un sogno ma di uno sguardo alla realtà, perché sperare non è e non può essere sognare. La speranza impone realismo». La sfida è lanciata agli uomini del nostro tempo che hanno a che fare con le sofferenze di sempre: povertà, debiti, cattive amministrazioni, e con tutte le conseguenze sociali di una diseguaglianza tra ricchi e poveri ormai divenuta abissale e che colpisce la popolazione ma prima ancora la sensibilità umana.

Sappiamo che a queste piaghe oggi si aggiunge il tema del cambiamento climatico, evento del quale l’uomo si sente responsabile ma al quale non riesce a porre rimedio e che non sa come espiare.  La risposta a tutto questo non può però ridursi a una sorta di generalizzato senso di colpa intimista che, complice anche la pandemia, è finito per coincidere in questi anni con la nascita e lo sviluppo della grande fuga dalle aziende, la great resignation. Anche il work and life balance non può bastare: se la speranza non è un sogno e nasce invece dal reale, è proprio il reale che va affrontato. La risposta non può sorgere dalle poche ore di lavoro al giorno auspicate da Bertrand Russell e il resto… vada alla riflessione e alla cura di sé.

Si tratta di lasciare un segno positivo. Di non lasciar spazio all’inazione, che non è semplice non azione, pigrizia o accidia ma un’azione inefficace che genera un costo e che non serve a produrre valore. È stato partendo da simili considerazioni che il Dicastero per l’evangelizzazione, Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo, responsabile dello sviluppo e della realizzazione del Giubileo ordinario 2025, ha scelto di incaricare Deloitte quale advisor strategico per il periodo maggio 2023 e marzo 2026. Deloitte ha presentato recentemente un report che illustra i dati della propria indagine demoscopica e mette in evidenza vari elementi di rilievo.

Si tratta di lasciare un segno positivo. Di non dare spazio all’inazione, che non è semplice non azione, pigrizia o accidia ma un’azione inefficace che genera un costo e che non serve a produrre valore

 

Ne emerge a esempio che, se negli anni 50 oltre il 60% della popolazione mondiale viveva in povertà estrema, oggi è scesa a meno del 10% e tuttavia la dimensione della povertà nel mondo resta più che significativa perché oltre 700 milioni di persone vivono con circa 2 dollari al giorno.

Oggi la grande maggioranza delle persone sente di vivere in un’epoca più complessa rispetto al passato e che anche i problemi attuali siano a loro volta più complessi e che trovarvi una soluzione è davvero molto urgente. È però mediamente bassa la percentuale di chi ritiene che in futuro il mondo sarà migliore di quello odierno

Il documento Deloitte evidenzia anche che in tema di climate change, povertà, diseguaglianza sociale il costo oggi è pari a 66 migliaia di miliardi di dollari l’anno, ossia circa il 63% del Pil globale e che non intervenire equivarrebbe a un costo per la collettività di circa 1,1 milioni di miliardi di dollari nei prossimi 30 anni.

Per quanto poi riguarda l’annoso problema della fame nel mondo è possibile stimare che, a fronte di un attuale costo annuale di circa 2,4 migliaia di miliardi di dollari sarebbe sufficiente un intervento di 43 miliardi di dollari all’anno per nutrire tutte le persone affamate ponendo fine alla fame globale.

Nel complesso «emerge un quadro che può e deve essere affrontato attraverso una cooperazione che coinvolga a livello globale, le istituzioni e il mondo delle imprese giungendo fino ai singoli cittadini. È fondamentale stimolare la definizione di azioni concrete per risolvere queste sfide del nostro tempo. È evidente dunque che questo Giubileo è un’occasione unica per richiamare l’attenzione mondiale su tematiche che trascendono la dimensione religiosa e caratterizzano l’esistenza umana» ha dichiarato Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia.

La sintesi è nelle parole di Monsignor Fisichella che sono chiaro e netto giudizio sulla situazione attuale e sull’azione richiesta: «Viviamo un momento di cambiamento critico, dalla fine dell’epoca moderna stiamo andando verso un’epoca che ci trova in una situazione di incertezza generalizzata di fronte alla quale si pone la necessità di intervenire attraverso una vera propria globalizzazione della solidarietà». L’invito è quello richiamato da Papa Francesco: «Riorientare il modo di stare su questo nostro Pianeta che abbiamo fatto ammalare, nel clima e nelle disuguaglianze».

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