Presidente, lei è stata una delle prime donne ad avere incarichi dirigenziali in Confindustria e oggi guida Umana, che è una realtà che ha fatturato oltre 600 milioni di euro nell’ultimo anno. Ci può dire quanta fatica si fa ad avanzare in carriera? Il suo percorso professionale ha implicato rinunce personali?
Ho sempre avuto la fortuna di fare un lavoro interessante che ho affrontato con passione e quindi non ho mai messo al primo posto la carriera in quanto tale. Certamente i risultati arrivano solo con molto impegno e forse anche fatica, ma le energie devono essere rivolte a ciò che si fa, poi, il resto, viene. Non ho mai dovuto rinunciare a cose che ritenevo importanti, ho potuto conciliare la mia vita personale con gli impegni di lavoro. Certo il tempo libero non è mai molto, ma riesco fortunatamente a ritagliare uno spazio per ciò che più amo.
La nostra ricerca su “L’altra dimensione del management”, che abbiamo presentato lo scorso 4 maggio, ci conferma che dal 2005 al 2014 le donne dirigenti sono aumentate dal 24 al 28%, anche grazie a leggi come la Golfo – Mosca. Restano, però, per lo più confinate in ruoli di middle management. Ad esempio, solo il 7% dei Cda ha una presidente donna. Rispetto a quando lei ha iniziato a lavorare, le donne oggi hanno maggiori possibilità di scalare le posizioni di vertice? Qual è invece l’ostacolo più significativo alle pari opportunità?
Oggi le donne hanno acquisito maggiore consapevolezza del fatto che l’attività fuori dalle mura casalinghe oltre a consentire un reddito, apre spazi di autonomia intellettuale. È aumentato il numero di donne che lavora è di conseguenza aumentata la possibilità di crescere professionalmente. Tutte le ricerche internazionali sui temi dello sviluppo economico indicano l’aumento del numero delle donne nel mondo del lavoro come uno dei principali fattori di sviluppo e quindi mi auguro ci possa essere a breve una significativa crescita in tal senso. Un grande aiuto potrebbe arrivare dall’approvazione di normative fiscali che favoriscano il ricorso ad aiuti concreti nella gestione della famiglia.
Il nostro lavoro su “L’altra dimensione del management” ha anche messo in luce un salary gap fortemente penalizzante: le manager donne guadagnano circa il 14% in meno dei loro pari grado uomini. Qual è la situazione del mercato delle retribuzioni? A cosa si deve questa differenza? La maternità è vista come un costo per l’azienda, un “contributo da versare in anticipo”?
Il tema del salary gap è oramai ricorrente e certamente significativo. Da parte mia non l’ho mai rilevato. In Umana questa questione non si pone affatto e mi piace rilevare che i contratti di somministrazione di lavoro prevedano l’assoluta parità retributiva non solo rispetto ai lavoratori dell’azienda utilizzatrice con pari grado e mansione, ma anche fra maschi e femmine.
Umana è un importante attore nel campo delle politiche del lavoro e agisce in un territorio, il Veneto, che è sicuramente più inclusivo e virtuoso dal punto di vista delle pari opportunità. Qual è la situazione nella regione e quali politiche sono attuate per sostenere l’occupazione femminile?
Il Veneto è una regione evoluta anche nel sostegno all’occupazione femminile. Umana è presente in 13 Regioni italiane e sicuramente l’attenzione verso le pari opportunità non è la stessa ovunque. Tuttavia è confortante registrare una significativa crescita del numero di donne amministratori pubblici, e questo sta indubbiamente alzando il livello di attenzione su questo tema.
Dal suo osservatorio nota un’evoluzione rispetto alle figure richieste dal mercato che possa far sperare in un maggiore presenza femminile in azienda? Ci sono settori o funzioni, tradizionalmente appannaggio degli uomini, che si stanno aprendo alle donne e che possono rappresentare un nuovo bacino di occupazione?
Più che dall’evoluzione delle figure richieste dal mercato, un maggiore spazio alle donne deriva a mio parere dal fatto che le donne hanno allargato il raggio nella loro scelta del percorso di studio. In particolare sono maggiori rispetto ad un tempo le ragazze che decidono di intraprendere studi universitari ad indirizzo STEM, ovvero ci sono più laureate in materie scientifiche, tecnologiche, matematiche, economiche.
Oggi ad esempio ci sono più ingegneri donna rispetto al passato. A questo si aggiunge la sempre maggiore attenzione che le aziende riservano in fase di recruiting alle cosiddette soft skills, di cui le donne sono naturalmente più dotate. Considerato il fatto che sono davvero pochi gli anni che hanno visto la donna entrare a pieno titolo nel mercato del lavoro, mi sembra di possa guardare al futuro con ottimismo.
* Giornalista e Vice Direttore Progetto Manager