Nel 2018 l’impresa 4.0 avrà ancor più bisogno di manager esperti di innovazione per essere competitiva.
Il nostro sistema produttivo, infatti, è costituito soltanto per il 20% da imprese che si sono già dotate di un modello organizzativo in grado di produrre valore nella catena globale, esportando e innovando. La maggioranza è invece composta da alcuni (circa il 20%) che rischiano di rimanere esclusi dalla sfida competitiva nel mercato globale e da un più consistente gruppo di altri (e penso a quel 60% di Pmi più volte citato dal ministro Calenda) che sono tesi verso l’innovazione ma necessitano di essere sostenuti in questo percorso, coerentemente con l’ispirazione del piano “Impresa 4.0″ che premia le imprese che investono.
Per il rilancio della nostra manifattura è fondamentale che, accanto alle agevolazioni già esistenti per sostenere gli investimenti in macchinari, si favorisca l’inserimento in azienda di competenze qualificate.
Siamo tanto convinti di questo da aver predisposto una nota tecnica con le nostre proposte di intervento sulla Legge di Bilancio, che abbiamo già trasmesso ai parlamentari direttamente coinvolti nell’esame del testo.
Le nostre proposte consistono in una triade di misure, tutte percorribili e alternative tra loro, per agevolare l’inserimento di manager fortemente preparati sui temi della digital transformation con un impegno di finanza pubblica contenuto.
Si tratta di un pacchetto che stimiamo debba quotarsi almeno intorno ai 40 milioni di euro. Fondi che, se devoluti già nella prossima manovra, potrebbero essere sufficienti a rilanciare il sistema attraverso l’investimento su figure manageriali chiave.
Una prima ipotesi di agevolazione consiste nel conferimento alle imprese di un contributo a fondo perduto sotto forma di voucher per l’acquisizione di servizi manageriali per l’innovazione. Il meccanismo che abbiamo proposto è in tutto analogo a quello introdotto nel 2015 – e recentemente rinnovato – con cui il Mise ha stabilito ambito e finalità dell’incentivazione a sostegno dell’internazionalizzazione delle Pmi, attraverso la figura del Temporary Export Manager.
La seconda ipotesi propone un credito d’imposta sulle nuove assunzioni di innovation manager. Tale misura potrebbe strutturarsi in analogia al credito d’imposta sui beni strumentali nuovi che è in vigore e dovrebbe privilegiare profili le cui competenze siano state precedentemente certificate.
Terzo, abbiamo suggerito una forma di decontribuzione degli oneri previdenziali per le PMI che assumono personale con qualifica dirigenziale in stato di disoccupazione con un profilo orientato all’innovazione delle piccole e medie imprese, anche sotto forma di Temporary Management, con precedenza per chi dispone di certificazione delle competenze manageriali. In sostanza tale misura replicherebbe il meccanismo di incentivazione alle piccole e medie imprese già previsto dalla cosiddetta “Legge Bersani”, che dal 2012 non viene più finanziato, per il sostegno alla ricollocazione dei manager in stato di disoccupazione.
Chiaro è che il tema della formazione manageriale si pone trasversalmente rispetto a tutte e tre le ipotesi di intervento. Una formazione che deve essere rivolta non solo a rafforzare le competenze digitali, ma anche a strutturare quelle “soft skills” che sono essenziali per governare i nuovi modelli aziendali e i nuovi processi produttivi.
La legge di Bilancio 2018 è dunque l’occasione da non mancare per far decollare il piano Lavoro 4.0. Non è troppo tardi per correggere il tiro e assicurare quantomeno che il credito di imposta per le aziende che attivano programmi formativi sui temi della Quarta rivoluzione industriale resti alla soglia prevista del 50%.
Veder scendere quella percentuale, come pur sembra possibile, renderebbe la misura troppo flebile per essere intercettata da quella stragrande maggioranza di imprese di cui ho detto all’inizio e che rappresentano l’ossatura del nostro tessuto produttivo.