L’automotive ha cambiato marcia

«Fino a cinque anni fa il settore automobile era abbastanza estraneo agli sviluppi digitali, con la sua struttura produttiva e distributiva tutto sommato tradizionale. Oggi tutto questo è cambiato. L’auto è al centro delle trasformazioni globali più rilevanti». Esordisce così Daniele Maver, amministratore delegato e presidente di Jaguar Land Rover Italia, spiegando come il 4.0 stia sovvertendo l’intero segmento, investendo di novità gli stabilimenti, le filiere, il concetto stesso di mobilità.

Presidente Maver, siamo dunque prossimi a una mutazione irreversibile dell’oggetto automobile?

L’automobile è ormai un oggetto tecnologico. Lo scenario futuristico ci fa immaginare un veicolo a trazione elettrica, automatizzato, connesso, condiviso.

La trazione elettrica è di fatto già una realtà. Ci sono poi molti elementi che, se garantiti, stanno dimostrando che la guida autonoma funziona. È alto anche il livello di connettività degli abitacoli: le auto stanno diventando computer viaggianti, e questo si rivela utile per il controllo contro i furti, per le segnalazioni sul funzionamento della meccanica, per la sicurezza di chi viaggia. Infine, l’elemento di condivisione, per cui assistiamo alla diffusione della modalità sharing tipica di Enjoy o di Car2go, sta modificando le abitudini di guida dei cittadini.

Ipotizzare che queste quattro caratteristiche possano appartenere tutte a un unico veicolo ha certamente qualcosa di rivoluzionario. Ma è uno scenario complesso a cui si arriverà per passi.

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Quindi, più che di rivoluzione “dirompente”, per il settore dell’auto dovremmo parlare di evoluzione graduale?

La mia idea è che il settore automobilistico, pur essendo al centro cambiamenti in maniera più consistente rispetto ad altri settori come quello navale o quello aereo, mantiene una sua inerzia. L’auto è un prodotto che esiste da più di cento anni e ha avuto un impatto sostanziale nella vita delle persone: è difficile cambiare dall’oggi al domani. Le modalità di funzionamento sono radicate e hanno una loro ragione per esserlo. Inoltre, ognuno dei quattro cambiamenti di cui discutiamo mostra problematicità.

Sull’auto elettrica si sono fatti passi avanti significativi. Cosa dobbiamo aspettarci dal Giaguaro?

Siamo molto avanti per l’auto elettrica e la Jaguar I-Pace si presenta come il primo concorrente premium di Tesla. La introdurremo sul mercato nel 2018 e intendiamo affermarci come leader nel mercato alto di gamma.

Per l’anno prossimo organizzeremo a Francoforte la Formula E, che è sostanzialmente la Formula 1 delle macchine elettriche. È un modo di fare esperienza e trovare soluzioni di avanguardia tecnologica, costruendo il primo circuito al mondo di gara monomarca a zero emissioni, dove gli utenti concorrono su un piano di parità guidando la nuova I-Pace.

Quello italiano è un mercato che sa apprezzare il mix di design, abitabilità e sicurezza su cui punta da sempre il vostro brand. Che rapporti di scambio avete con il nostro Paese?

La creatività e il design italiano rappresentano una risorsa assolutamente riconosciuta in Jaguar. Lo dimostra il fatto che il nostro numero 2 dell’exterior design è un italiano, Massimo Frascella. Senza dubbio l’imprenditoria italiana è apprezzata dalla nostra casa UK: condividiamo la stessa cura per l’emozionalità dei prodotti. Tra i nostri fornitori poi ci sono imprese italiane, anche di medio-piccola dimensione. La VerCar sviluppa alcuni nostri modelli a Torino, Brembo equipaggia l’alto di gamma di Jaguar, Miko Dinamica fornisce alcantara e microfibre per gli interni. In generale puntiamo sul valore delle Pmi italiane, la loro straordinaria capacità artigianale, quella che in inglese chiamiamo craftsmanshift.

In 5 anni avete duplicato il numero di dipendenti in Italia. Qual è la vostra politica sulle risorse umane? Come scovate i talenti?

Siamo cresciuti molto in Europa e nel mondo. I numeri più importanti riguardano neo-laureati con brillante curriculum scolastico che possano entrare e portare competenze ma anche una dose di freschezza ed entusiasmo.

L’assunzione di nuove risorse è un elemento fondamentale: un piano di marketing puoi cambiarlo il mese dopo, la persona resta con te. Per questo seguo personalmente le selezioni dei candidati.

Davvero?

Intervengo alla fine per gli ultimi colloqui. Non cerco il candidato perfetto per la funzione, ma chi nei prossimi 40 anni potrà assicurare il migliore contributo all’azienda. Che sappia fare o non fare il lavoro per cui ci si presenta, non importa poi molto. Se la persona è valida, capacità e competenze si rafforzeranno nel tempo.

Quanto investire in formazione e competenze?

Tutti, anche le figure senior, seguono piani di formazione aziendali accanto a percorsi più personalizzati. Offriamo per chi vuole la possibilità di cambiare funzione o settore all’interno della azienda. Per noi la job rotation rappresenta un elemento di crescita. Più della formazione in aula. Certo, quando contemporaneamente due persone cambiano posizione si genera inevitabilmente una situazione di stress per l’azienda, ma l’alternanza viene ripagata: i collaboratori acquisiscono competenze e, soprattutto, maturano una visione di insieme di quello che avviene in azienda.

Ci crede tanto perché ci è passato anche lei?

Sì, ormai tempo fa, quando ero in Ford. Ho imparato molto dall’integrazione e ho imparato come gestire i problemi degli altri.

*   giornalista,  vice direttore Progetto Manager