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L’asimmetria degli effetti

L’onda d’urto provocata dalla pandemia non si abbatterà con la stessa forza su tutti. Moltissimo dipenderà dalle scelte politiche ed economiche che stiamo prendendo ora

L’attuale fase di aggravamento della pandemia che sta colpendo tutta l’Europa viene definita un po’ dappertutto come “seconda ondata”. Ed esattamente come avviene all’impatto di un’onda di grandi dimensioni, sulla terraferma si valutano le drammatiche conseguenze. La reazione a “V” dell’economia, in cui abbiamo tutti confidato osservando l’andamento dei nostri indici manifatturieri nei quattro mesi estivi, è stata anch’essa spazzata via. Ora sappiamo che il rimbalzo di quasi il 30% del terzo trimestre sul precedente sarà l’unica eccezione di questo 2020.

Secondo la Commissione europea, ciò si tradurrà per il nostro Paese in un –10% di Pil e, per l’anno prossimo, in un +11,6% di tasso di disoccupazione, concentrato soprattutto nei servizi.

Ma, come si può osservare in natura, l’effetto dell’ondata non avrà mai la stessa entità su ogni sponda di litorale. Ci saranno territori che reagiranno, altri che sprofonderanno, alcuni (pochi) che ne trarranno perfino vantaggio. Questa asimmetria degli effetti dipende certamente dalle condizioni di partenza di ciascuno, ma risentirà molto, moltissimo direi, delle scelte politiche prese in questi ultimi mesi e delle manovre economiche che approveremo nei prossimi.

Come reagiremo all’impatto può essere addirittura più rilevante della situazione, certamente non rosea, in cui ci trovavamo prima.

L’ago della bilancia si conferma ancora una volta la leva degli investimenti. Provo a dimostrarlo.

Si ritiene che le politiche di ristoro debbano andare a riparare i danni alle imprese derivanti dalle nuove restrizioni introdotte per decreto. Nulla di più condivisibile che andare a sostenere il reddito in un momento di emergenza. Tuttavia, a ragionare per settori non si andrà molto lontano.

Secondo il recente rapporto del Cerved nel 2020 il fatturato delle piccole e medie imprese diminuirà dell’11% e la redditività lorda del 19%. Se la moda, la ristorazione e il turismo soffriranno di più, come si stima, è anche perché sono prevalentemente caratterizzati da imprese a conduzione familiare, spesso eccellenti, ma dalle dimensioni micro e piccole.

L’asimmetria poi si abbatterà più forte sulle imprese del Sud Italia, dove mancano infrastrutture, ecosistemi di innovazione e capitalizzazione. In termini economici l’ondata insegna una cosa: che gli esiti di questa crisi saranno fortemente selettivi. Pertanto, la produttività del Paese sarà ancorata a determinate scelte di investimento che sono tutte da scrivere e che non potranno mai essere neutrali.

Non è neutrale, infatti, decidere di premiare gli investimenti in transizione verde e innovazione tecnologica: si tratta di due robusti driver di sviluppo, che possono operare in modo trasversale nell’economia, lasciando al privato l’opportunità di trarne profitto.

Di tutto questo sarebbe bene tenere conto quando presenteremo all’Europa il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

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