Barbara Cominelli, Ambassador InspiringFifty Italy 2024 e Ceo di JLL Italia
InspiringFifty è un premio per le migliori 50 donne in ambito tech, ma soprattutto un’iniziativa volta a ispirare modelli positivi di successo. Ne parliamo con Barbara Cominelli, che è ambasciatrice dell’edizione italiana appena lanciata e che il premio lo ha vinto ben due volte, grazie all’esperienza maturata nel settore telecomunicazioni e innovazione.
Nel tech, le donne hanno bisogno di esempi vincenti? Di essere “ispirate”?
Il motto di InspiringFifty è “if she can see it, she can be it”. Credo che i modelli di ruolo siano fondamentali per la crescita professionale perché possono motivare e spingere a superare le barriere per raggiungere i propri obiettivi. Non solo personali, ma anche nell’ambito delle organizzazioni in cui si opera. Secondo diverse ricerche, questo vale ancor di più per le donne, per ricavare esempi tangibili di un successo “raggiungibile”.
Qual è il suo role model?
Sono tante le donne alle quali mi sono ispirata nel corso del tempo per comporre il mio puzzle ideale: nomi famosi d’oltreoceano come Sheryl Sandberg, Susan Susan Wojcicki, Lisa Su, ma sempre di più, anche qui in Italia, potrei annoverare tante amiche e colleghe.
Nato nei Paesi Bassi nel 2013, il premio è alla terza edizione italiana. Come partecipare?
Si possono candidare tutte le donne, senza limiti di età, che hanno portato un contributo ai settori della tecnologia e dell’innovazione. Donne con forti qualità di leadership, con influenza positiva, visibilità e ingaggio nella comunità tech. Donne che hanno dimostrato attenzione ai temi della diversità e dell’inclusione. Che si lavori in Italia o all’estero, l’obiettivo è anche quello di creare un network internazionale per generare opportunità molto più ampie. È anche grazie a questo network che continuano a vivere le diverse edizioni, in Europa, in Italia, in Canada e anche in Sudafrica, portate avanti prevalentemente da ambassador e volontarie, che credono nel progetto.
Secondo uno studio McKinsey, se in Europa raddoppiasse la quota di lavoratrici in ambito tech, passando dal 22 al 45%, il Pil aumenterebbe fino a 600 miliardi di euro. Possibile?
Aumentare la presenza femminile nel tech non solo è possibile, ma è anche necessario: non possiamo permetterci di non valorizzare il contributo delle donne. La presenza femminile nei settori Stem è ancora scarsa, ma rilevo maggiore consapevolezza. Bisogna continuare a lavorare sui vari fronti: sulla cultura, per abbattere i vecchi stereotipi, all’interno di aziende per rimuovere gli ostacoli – visibili e invisibili – che ancora frenano i percorsi femminili; infine, sul piano istituzionale, creando un ecosistema che incentivi la partecipazione femminile.
Ha qualche suggerimento per affermarsi nel mondo digitale?
Innanzitutto la volontà di continuare a imparare, arricchendo costantemente le competenze, proprie e dell’organizzazione; poi, la capacità di innovare, oltre le formule competitive tradizionali e oltre i confini del proprio ruolo e business, mettendosi in discussione e uscendo dalla propria comfort zone. Aggiungo: il mondo tecnologico è a misura di donna e non è affatto da “nerd”. Le competenze tecniche sono la “cassetta degli attrezzi” ma poi servono creatività, capacità di problem solving e la curiosità. Perché la tecnologia di per sé non basta, quello che conta sono le esperienze che rende possibili, i problemi che risolve, i bisogni che soddisfa, come cambia la vita delle persone, delle aziende e della società.