La chiave del riciclo

Dagli imballaggi a nuovi materiali che permettono alle filiere industriali di operare in modo più competitivo ed efficiente. Intervista a Simona Fontana, Direttore generale Conai

Economia circolare e sostenibilità leva strategica per le imprese. Ne parliamo con Simona Fontana, Direttore generale Conai, il consorzio privato senza fini di lucro che costituisce in Italia lo strumento attraverso il quale produttori e utilizzatori di imballaggi garantiscono il raggiungimento degli obiettivi di riciclo e recupero previsti dalla legge. Che non ha dubbi: serve una visione orientata all’innovazione.

 

Circolarità leva strategica. In un contesto economico sempre più orientato alla sostenibilità, come le imprese possono trasformare la circolarità da obbligo normativo a leva di competitività e innovazione?

È sempre più chiaro come l’economia circolare non debba essere vista come mero vincolo normativo, ma soprattutto come opportunità strategica. Le aziende che adottano modelli circolari riducono il proprio impatto ambientale, ma migliorano anche l’efficienza produttiva, ottimizzano le risorse e creano nuove opportunità di business. La chiave è passare da una logica di conformità a una visione orientata all’innovazione, dove riciclo, riuso ed ecodesign diventano fattori distintivi di competitività sui mercati nazionali e internazionali. Il nostro ultimo Rapporto di sostenibilità mostra come ogni euro di contributo ambientale versato a Conai ne generi altri quattro e mezzo per l’economia: l’uso di materia di secondo utilizzo in sostituzione di materia prima vergine ha ripercussioni importanti sul sistema economico. Se guardiamo invece a logiche più vicine a quelle del marketing, mi piace ricordare come l’imballaggio sia sempre più ambasciatore della qualità di un prodotto e dei valori dell’azienda che lo produce e lo vende: un pack con ridotti impatti ambientali diventa non solo scelta responsabile, ma anche elemento capace di comunicare innovazione e attenzione alla sostenibilità.

L’uso di materia di secondo utilizzo in sostituzione di materia prima vergine ha ripercussioni importanti sul sistema economico

Impatto sul sistema industriale. A suo parere quali settori stanno dimostrando maggiore capacità di adattamento ai principi dell’economia circolare e quali sono le principali sfide da affrontare?

L’industria del packaging sta dimostrando una forte capacità di adattamento ai principi della circolarità. Da dodici anni il nostro Bando per l’ecodesign premia le soluzioni di imballaggio a ridotto impatto ambientale: una miniera di buone pratiche che fotografa un tessuto imprenditoriale attento non solo a usare meno materia riducendo il peso dei suoi imballaggi, ma anche a progettarli per essere più facilmente riciclabili, a pensarli perché vengano prodotti con materiali riciclati, a ottimizzarne la logistica. Anche moda e automotive stanno investendo nell’uso di materiali innovativi e in processi produttivi più sostenibili. Ma molte sfide restano significative: servono maggiore sensibilizzazione lungo tutta la filiera, arrivando anche ai consumatori, e strumenti finanziari che incentivino la transizione e l’uso di materia di secondo utilizzo.


Spesso si parla di impatti ambientali ed economici della transizione, ma quali sono i benefici per il tessuto sociale e occupazionale? Quali modelli aziendali stanno emergendo per una circolarità che sia anche inclusiva?

Secondo un recente studio di The European House Ambrosetti, L’economia circolare degli imballaggi: un valore per il Paese, nel 2023 la sola attività del sistema Conai ha catalizzato un volume d’affari pari a 15,5 miliardi di euro, generati dalle risorse e dalle opportunità legate all’uso di materia di secondo utilizzo. In sostanza, è il volume d’affari che il lavoro di gestione dei materiali riciclati ha reso possibile, permettendo alle filiere industriali di operare anche in modo più competitivo ed efficiente, non solo più sostenibile. Il contributo effettivo che il sistema Conai ha dato al Pil nazionale è stato di 3,5 miliardi generati: risultato che riflette il ruolo di motore di crescita economica del sistema consortile.  Fornendo materie prime secondarie, inoltre, Conai ha sostenuto indirettamente 35.800 posti di lavoro lungo la filiera industriale e dei servizi. Credo che questi numeri non abbiano bisogno di commenti. Uscendo dal mondo degli imballaggi, credo anche sia evidente a tutti come il tema della sostenibilità ambientale e dell’inclusività sia diventato centrale nelle strategie delle imprese, con l’ingresso anche di nuove figure manageriali che non sono più tecnici verticali dei temi affrontati, ma diventano funzioni trasversali di raccordo delle diverse funzioni aziendali a supporto del board.

Il ruolo della leadership femminile. Quali competenze e visioni tipicamente espresse dalle leader possono accelerare l’adozione di modelli circolari? Qual è la sua esperienza?

In linea generale, le leader donne portano spesso una visione sistemica, orientata alla collaborazione. E la capacità di gestire la complessità e di adottare approcci trasversali è fondamentale per guidare la transizione verso modelli più circolari. Non amo, ad ogni modo, insistere troppo su questioni vicine a quelle delle quote rosa in generale o al mio essere donna in una posizione di leadership in particolare: talento e capacità prescindono il genere. Credo che, più spesso di quanto si immagini, il riferimento all’essere donna per figure manageriali possa sottintendere – in modo sottile, quasi impercettibile – il fatto che un ruolo di responsabilità sia assegnato per rispondere a una logica di rappresentanza di genere. Trovo sia quasi offensivo. Il vero traguardo è arrivare a un punto in cui le competenze e il valore professionale sono l’unico criterio di selezione. Parlando di circolarità, però, voglio aggiungere una cosa: i temi del curare e del preservare, vicinissimi alla sostenibilità ambientale in generale e al riciclo in particolare, sono sicuramente nel Dna femminile. E ovviamente l’istinto a custodire e dare nuova vita alle cose si riflette perfettamente nei principi dell’economia circolare.

 

Prospettive future. Quali policy, incentivi o collaborazioni tra pubblico e privato ritiene essenziali per rendere l’economia circolare una realtà diffusa e integrata nei modelli industriali?

Il tema è molto complesso: è necessario un mix di strumenti normativi, incentivi economici e sinergie pubblico-private. Il dialogo tra istituzioni, imprese e cittadini è essenziale per costruire un modello economico realmente sostenibile e competitivo. E sappiamo da anni che la sinergia fra pubblico e privato sa portare grandi risultati. Penso ad esempio a quella fra Conai e l’Associazione nazionale comuni italiani: dal 1999 al 2023 più di 75 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio hanno trovato la via del riciclo e del recupero grazie alla raccolta differenziata promossa dai Comuni, e questo ha significato il riconoscimento agli enti locali di oltre 8,5 miliardi di euro quale contributo ai costi della raccolta, in sussidiarietà al mercato. Oggi servono però anche politiche che incentivino l’uso di materia riciclata: l’Italia è campione in Europa nel settore del riciclo degli imballaggi, ma le materie prime seconde devono trovare una collocazione sul mercato. E non dimentichiamo che, soprattutto al Centro-Sud, mancano impianti, anche se negli ultimi anni la situazione sta lentamente migliorando: è importante vengano creati per trattare e riciclare i rifiuti il più possibile vicino al luogo in cui vengono raccolti.

L’uso di materia di secondo utilizzo in sostituzione di materia prima vergine ha ripercussioni importanti sul sistema economico

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