Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, elaborato dal governo Draghi, arriva sui tavoli di Bruxelles con gli impegni che il nostro Paese intende assumere in relazione alle risorse, tante, erogate dall’Ue per aiutarci a ripartire.
Il grande spazio che nel Pnrr è riservato al binomio energia-sostenibilità è assolutamente appropriato rispetto agli obiettivi che l’Unione si è data per i prossimi decenni.
Si intitola infatti “Rivoluzione verde e transizione ecologica” la missione numero 2 del Piano che prevede lo stanziamento economico di maggiore impatto: oltre 59 miliardi di euro, di cui circa 24 destinati alla componente “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile” e oltre 15 alla componente “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”.
Numeri che danno il senso di una rivoluzione, appunto. E che dovrebbero indurci a cambiare il modo di pensare all’energia nel nostro Paese.
I traguardi all’orizzonte sono davvero ambiziosi: puntare sull’energia pulita, come le rinnovabili sperimentali, per tagliare progressivamente le emissioni, promuovere la ricerca sull’idrogeno e il suo impiego, anche grazie alle nuove tecnologie di settore, investire in efficienza energetica.
Il cambiamento necessario passa da un’idea nuova: consumare “meglio”. Le aziende hanno bisogno di un notevole apporto energetico per produrre, ma non è più consentito sacrificare il pianeta sull’altare della produzione.
L’energia che dà vita alle imprese dovrà arrivare da risorse pulite e si dovrà puntare sulla componentistica innovativa che consente un aumento dell’efficienza energetica dei processi.
C’è il problema dei costi, più alti da noi che altrove, e c’è quello di un approvvigionamento energetico che ci vede ancora troppo dipendenti dall’estero. Noi, che sole e vento e acqua abbiamo in abbondanza, viviamo un presente ancora troppo vincolato alle politiche energetiche di altri Paesi.
Pertanto, volendo guardare al futuro, dobbiamo riconoscere che l’innovazione sarà un elemento chiave della prossima transizione energetica ed ecologica.
Ma per innovare è necessario investire.
Innanzitutto ponendo l’accento sul tema della formazione e ricerca, a cui l’Italia deve dedicare maggiore attenzione. Dalla scuola di base fino ai più alti livelli di specializzazione accademica e professionale, per realizzare una rivoluzione culturale, ancor prima che “industriale”, servono le competenze.
Non è un caso che da tempo stiamo promuovendo la figura del manager per la sostenibilità, un profilo che guarda al mercato futuro, alle imprese che dovranno trasformarsi, ai territori che potranno diventare protagonisti. Ne stiamo parlando con le istituzioni per stimolare il dialogo tra pubblico e privato, essenziale perché gli obiettivi fissati dal Pnrr vadano in porto.
Siamo pronti a rimettere in moto l’Italia per realizzare una crescita davvero sostenibile.