L’Onu lancia un nuovo allarme: nel 2018 3,6 miliardi di persone hanno avuto un accesso inadeguato all’acqua per almeno un mese all’anno. Entro il 2050, si prevede che questa cifra salirà a oltre 5 miliardi.
I dati emergono dal rapporto “The state of climate services 2021: water” che esamina lo stato della crisi idrica nel mondo e denuncia il serio ritardo rispetto all‘obiettivo di sviluppo sostenibile numero 6 previsto dall’Agenda 2030 delle Nazioni unite, che si pone l’obiettivo di garantire la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari per tutti.
Negli ultimi 20 anni l’accumulo di acqua terrestre – la somma di tutta l’acqua sulla superficie terrestre e nel sottosuolo – è diminuita a una velocità di 1 cm all’anno. E la situazione sta peggiorando: solo lo 0,5% dell’acqua sulla terra è utilizzabile e disponibile come acqua dolce.
Servono grandi investimenti ma anche, come ha ricordato il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, sobrietà nell’utilizzo, educazione e informazione alle nuove generazioni e innovazione tecnologica.
Negli ultimi 20 anni l’accumulo di acqua terrestre è diminuita di 1 cm all’anno. E solo lo 0,5% è utilizzabile e disponibile come acqua dolce
Il goal 6 e l’Italia
L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta nel 2015 dai governi dei 193 paesi membri dell’Onu, tra i 17 Sustainable development goals, SDGs – menziona al goal 6 i traguardi da raggiungere in tema di acqua: accesso universale ed equo all’acqua potabile che sia sicura ed economica per tutti; accesso a impianti sanitari e igienici adeguati ed equi per tutti; miglioramento della qualità; aumento dell’efficienza nell’utilizzo in ogni settore; implementazione di una gestione integrata delle risorse idriche, anche tramite la cooperazione transfrontaliera; protezione e risanamento degli ecosistemi legati all’acqua; espansione della cooperazione internazionale per attività e programmi (raccolta d’acqua, desalinizzazione, efficienza idrica, trattamento acque reflue e tecnologie di riciclaggio e reimpiego); supporto alla partecipazione delle comunità locali nel miglioramento della gestione dell’acqua e degli impianti igienici.
Secondo l’ultimo rapporto Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, nata nel 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030), dal 2010 al 2018 l’indicatore composito del goal 6 mostra un andamento complessivamente negativo dovuto sia al peggioramento dell’indice di sfruttamento idrico (che rapporta i prelievi idrici per tutti gli usi rispetto alle risorse idriche disponibili), aumentato dal 6,7% nel 2010 al 15,6% nel 2017, sia alla diminuzione dell’efficienza delle reti idriche (-4,6% dal 2012 al 2018).
L’analisi mette in luce il grave pericolo che corre la sostenibilità idrica del nostro Paese soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici (nel 2020 le persone che lamentano irregolarità nell’erogazione dell’acqua nel Mezzogiorno sono il 17,8% rispetto al 9% della media nazionale).
Ricordiamo che il nostro Paese è assoggettato a quattro procedimenti di infrazione europei per il mancato o non adeguato rispetto della Direttiva 91/271 per il trattamento delle acque reflue urbane. Un quinto è invece relativo al monitoraggio della qualità delle acque.
Come ha segnalato Arera, l’Autorità di regolazione, a Parlamento e Governo, permane nel nostro Paese un “water service divide”: a fronte di una ampia area, in prevalenza al Nord e al Centro, in cui servizi, investimenti, attività legislativa, funzionamento degli enti di governo dell’ambito e capacità gestionali degli operatori «appaiono in linea con i più elevati obiettivi del settore idrico, persistono situazioni, principalmente nel Sud e nelle Isole, in cui si perpetuano inefficienze».
Il rapporto Istat
Dal 2018 l’Istat pubblica il “Rapporto SDGs. Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia”. Ecco gli highlights 2021, che ci forniscono un’ampia panoramica.
Con 153 m3 annui per abitante nel 2018, l’Italia occupa il secondo posto nella graduatoria europea del prelievo da corpi idrici superficiali e sotterranei per scopi idropotabili.
Siamo tra i Paesi europei dell’area mediterranea che utilizzano maggiormente acque sotterranee, sorgenti e pozzi, risorsa più importante di acqua dolce sul territorio (l’84,8% del totale prelevato).
L’efficienza delle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile – in calo per oltre la metà delle regioni – è in costante peggioramento dal 2008: la quota dell’acqua immessa che arriva agli utenti finali è pari al 58% (2018). Le situazioni più critiche nelleregioni del Centro e del Mezzogiorno.
Stabile la quota di famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nella propria abitazione: 8,9% nel 2020 (8,6% nel 2019), sempre elevata quella di famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua di rubinetto (28,4% nel 2020), nonostante il leggero calo rispetto all’anno precedente (29,0%).
L’efficienza delle reti di distribuzione è in costante peggioramento: agli utenti finali arriva il 58% delle risorse, con situazioni più critiche nel Centro e Mezzogiorno
L’acqua nel Pnrr
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non poteva non dedicare risorse al patrimonio idrico del Paese. La missione 2 componente 4 individua quattro investimenti per “garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo”, destinando 4,38 miliardi di euro (secondo Arera ne servirebbero almeno 10, ma si tratta comunque di una straordinaria occasione per intervenire strutturalmente sul sistema).
Due miliardi sono dedicati alle infrastrutture idriche primarie (per usi civili, agricoli, industriali e ambientali) per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento idrico in tutti i settori e superare la “politica di emergenza”.
Ci sono poi 900 milioni per la riduzione del 15% delle perdite di acqua potabile anche attraverso la digitalizzazione delle reti, per favorire una gestione ottimale, ridurre sprechi e limitare inefficienze.
Altri 880 milioni sono stanziati per la resilienza dell’agrosistema irriguo. Obiettivi: maggiore capacità di affrontare situazioni di emergenza dovute a scarsità e diversa distribuzione delle risorse; incremento dell’efficienza nell’irrigazione (da incoraggiare l’uso di acqua non convenzionale per differenziare le fonti di approvvigionamento).
Per consentire a rete fognaria e depurazione di raggiungere gli standard dettati dalle direttive europee sono previsti 600 milioni: rendere più efficace la depurazione delle acque reflue scaricate nelle acque marine e interne; dove possibile, trasformare gli impianti di depurazione in “fabbriche verdi” per il recupero di energia e fanghi e il riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura e industria.
Tra le misure più significative, l’intervento su circa 24 mila chilometri di infrastrutture idriche per mitigare le perdite e un piano per realizzare alcune decine di invasi che consentano di raccogliere l’acqua piovana per sostenere il comparto agricolo.