La questione che si è aperta, o meglio riaperta, sull’opportunità o meno di concludere i lavori della Torino-Lione ha del parossistico. Non mi riferisco alle posizioni di governo, che sono note da tempo nelle contrapposizioni interne, né voglio entrare nel merito dell’analisi costi-benefici dell’opera che dovrebbe essere resa nota entro fine mese.
Quello a cui mi riferisco è l’incapacità, orchestrata dall’alto e addestrata dal basso, di definire una volta per tutte un serio investimento programmato sulle infrastrutture.
La TAV rappresenta infatti l’emblema di questa incapacità, dato che ne parliamo dal 1994. È un’incapacità colpevole, che non è per nulla giustificabile sotto la patetica figura del “fare all’italiana” di cui sinceramente ne abbiamo abbastanza.
Si trattano progetti antichi come fossero novità. Dov’è finita la pianificazione strategica degli investimenti? Stare in Europa avrebbe dovuto aiutare, considerando che lì si prendono decisioni come la Connecting Europe Facility, che si misurano su orizzonti temporali lunghi.
La questione tempo è essenziale per restare competitivi. Quindi le opere, grandi e piccole che siano, vanno realizzate e soprattutto concluse, nei tempi e nei costi preventivati. È significativo che sia stato calcolato un danno di 75 milioni di euro per ogni mese di ritardo nel far partire gli appalti. Gli industriali, i professionisti, i nostri colleghi, in tantissimi siamo scesi in piazza a Torino per sostenere l’opportunità dell’opera che dovrà sostituire una rete ferroviaria vecchia, satura, insicura.
L’adeguamento delle strutture, la messa in sicurezza di strade e cantieri, la manutenzione e quindi la sostituzione sono tutte attività da mettere in atto con meticolosità, da programmare sul lungo periodo.
La classe manageriale che opera nel settore dell’industria e dei trasporti non può che stare dalla parte di chi vuole far progredire questo Paese.
I manager italiani hanno il dovere – ma anche il diritto – di porre in essere una serie di misure che sono necessarie e improrogabili. Sono queste le professionalità più adatte a scommettere sull’investimento, pubblico o privato che sia, e a preordinare le corrette soluzioni prima che se ne abbia urgente bisogno.
Gli investimenti servono per fare due cose: gestire l’obsolescenza delle opere che abbiamo ereditato dalla vivacità degli anni del boom economico per metterle in sicurezza alla luce di nuovi rischi. Secondo, aprire una stagione di spesa pubblica in infrastrutture che si basi sul principio “spendere di più ma anche spendere meglio”.
La Torino-Lione, il tunnel del Brennero, l’alta velocità Brescia-Padova sono interventi pubblici che devono essere realizzati per garantire connettività a reti, merci e persone. Altri, come il Trans Adriatic Pipeline, sono iniziative private che vanno sostenute per il loro evidente impatto sull’economia nazionale. Per un Paese che non vuole mandare in fumo il vantaggio straordinario dovuto alla propria posizione geografica, è ancora possibile diventare il centro delle rotte commerciali che interessano l’Europa.