È un abile stratega, pronto a tirare fino all’estremo le trattative per ottenere tutto quello che gli serve, o è un pericoloso giocatore d’azzardo? È un attore con uno straordinario fiuto politico o un giullare prestato alla politica? Insomma, in due parole: realtà o finzione? È intorno a queste domande che si sta consumando il dibattito sulla figura di Donald Trump. Perché ogni partita viene gestita con spregiudicatezza, incoscienza e un pizzico di follia, non si sa quanto lucida. Prendiamo ad esempio il tema dei dazi: è bianco o nero, tutto e niente. Con la Cina si è arrivati a imporre “tariffs” (che non va tradotto con tariffe) del 125%, salvo poi fermare tutto e riportare indietro le lancette di qualche mese, con le imposte al 10%. E che dire del rapporto con l’Europa? Il Vecchio Continente, che The Donald ha punzecchiato fin dal suo insediamento lo scorso 20 gennaio, è stato oggetto di un trattamento quantomeno ondivago: prima si è detto che maltrattava gli Stati Uniti, poi si è fatta marcia indietro. Poi di nuovo, “out of the blue”, alcune settimane fa una sparata clamorosa: dazi al 50% e i mercati che prontamente tracollano, lasciando sul campo miliardi. Poi però la marcia indietro e l’accordo con Ursula von der leyen, con la cifra che ritorna rapidamente al punto di partenza. Senza contare la clamorosa bocciatura da parte della magistratura dell’intero impianto su cui poggiavano i dazi, provvedimento che fa il paio con quanto dichiarato dalla Corte Suprema in materia di immigrazione.
È questo che si fa fatica a comprendere dell’operato di Donald Trump: i risultati che ottiene sono poca roba. Il rischio è che l’amministrazione guidata dal tycoon si trasformi nell’epitome della montagna che partorisce il topolino. E che dire della politica estera, che con eccesso di sicumera era stata data per risolta nel giro di pochi giorni? In Ucraina si continua a morire, il tavolo delle trattative in Turchia è andato deserto, Volodmyr Zelensky è stato praticamente bullizzato nel salone dello Studio Ovale a favor di telecamera – salvo poi essere riavvicinato in occasione del funerale di Papa Bergoglio, in quello che è stato definito dallo stesso Trump “l’ufficio più bello del mondo”. Eppure, il presidente americano aveva garantito di essere in grado di risolvere rapidamente la questione tra Russia e Ucraina, ma dopo mesi appare chiaro a tutti che la situazione sia sostanzialmente invariata.
Certo, Vladimir Putin ha annunciato che – alle sue condizioni – si può trattare. Ma, appunto, quali sono le sue richieste? E quanta parte ha avuto Trump nel permettere allo Zar russo di tirare fuori la testa dopo tre anni di totale isolamento da parte della comunità internazionale? Non è un mistero che The Donald abbia sdoganato Putin, di fatto non solo comprendendo le ragioni che l’hanno portato a invadere l’Ucraina, ma addirittura addossando le principali responsabilità a Kiev. Un azzardo, si è detto, che doveva sbloccare le trattative in tempi rapidi. Ma sappiamo tutti com’è finita.
Non va molto meglio – anzi va decisamente malissimo – in Medio Oriente. E anche lì, la domanda torna a farsi sentire: che cosa ha in mente Donald Trump quando dice che bisogna sgomberare Gaza, portare i suoi abitanti in Egitto o in altre terre limitrofe, spianare la Striscia e poi farne una sorta di meta del lusso con un progetto da decine di miliardi di euro, mentre c’è chi muore di fame ogni giorno? Anche qui è un azzardo, un tentativo di trovare un accordo che non c’è. Il cessate il fuoco è stato sì ottenuto, ma con un costo esorbitante per la popolazione palestinese, che ha visto bloccare per oltre un mese gli aiuti alimentari e medici che arrivavano dalla comunità internazionale. Il rapporto con Benjamin Netanyahu è ai minimi storici e anche in questo caso il rischio è che, dietro le sparate di prammatica, ci sia la presa di coscienza che la situazione è talmente incancrenita che non sarà facile trovare una soluzione.
In tutto ciò, se la speranza era che almeno Trump potesse essere un valido, inconsapevole alleato dell’Europa, riportando il Vecchio Continente al centro dello scacchiere internazionale, anche questo scenario è finito a ramengo. The Donald ha offerto un assist straordinario all’Ue perché iniziasse a parlare una lingua sola in materia economica (dice qualcosa la parola Eurobond?), ma anche in politica estera (difesa comune o almeno una cabina di regia sovranazionale), infrastrutture e non solo. Ma siamo ancora ostaggi delle nostre mille contraddizioni, delle centinaia di voci diverse con cui pigoliamo in vari scenari. Ha senso un treno dei volenterosi, dove siedono Francia, Germania e Inghilterra (che non fa neanche più parte dell’Europa)? È giusto che un governo come quello di Berlino bocci in maniera apodittica la scalata di una banca italiana, Unicredit, su una tedesca come Commerzbank? Ovviamente no.
Trump ha offerto un assist straordinario all’Ue perché iniziasse a parlare una lingua sola in materia economica, ma anche in politica estera, infrastrutture e non solo. Eppure l’Unione è ancora ostaggio delle sue contraddizioni
Eppure, la drammatica realtà è che il nostro Continente non è capace di trovare un accordo su nulla. E questa occasione di Stati Uniti mai come in questo periodo concentrati su loro stessi, in ritirata da tutti i tavoli che contano, autarchici e ombrosi non capiterà di nuovo. Non ha senso parlare di RearmEu senza poi trovare un coordinamento europeo che sappia dire come e dove spendere i soldi, magari senza dare vita a un esercito europeo, ma certo iniziando a razionalizzare la “testa” della nostra difesa comune. Insomma, nonostante i grandi regali che arrivano da oltre oceano, l’Europa non riesce mai a trovare un bandolo finale della sua matassa e continua a rincorrere Cina e Stati Uniti. Che apparecchiano, ormai è chiaro a tutti, un mondo in cui sono loro a dettare le regole e gli altri Paesi, al massimo, possono ambire a giocare il ruolo di vassallo. E dunque, tornando alla domanda inziale, una risposta – forse sorprendente – è che Trump ha scelto come padre della sua dottrina politica niente po’ po’ di meno che Mao Zedong. Che teorizzava: «Grande è la confusione sotto il cielo. Quindi la situazione è eccellente». Più chiaro di così…