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Il coraggio di innovare

Estratto della relazione del Presidente Federale, Stefano Cuzzilla, che ha aperto i lavori della Assemblea Nazionale Federmanager del 6 maggio 2016

“Oggi inauguriamo un nuovo corso. Da questa Assemblea mi aspetto che si eserciti la capacità di vedere il mondo attraverso lenti diverse dalle proprie, la capacità di immaginare ciò che nessuno ha immaginato prima e, poiché ci troviamo in una cornice che ben esprime l’eccellenza dell’industria della cultura italiana, di trovare bellezza, significato e ispirazione.

Usciamo quindi dalle imprese e parliamo alla società, italiana ed europea, per dire che siamo portatori sani di innovazione.

In questo senso, intendiamo individuare le priorità e intendiamo vigilare sulla loro attuazione.

Se ci sono chances per ripartire, sentiamo l’obbligo di dare oggi una lettura disincantata della realtà, suggerendo un cambio di prospettiva in merito a quello che intendiamo proporre come management e a quello che vogliamo vedere realizzato come cittadini.

Procedo perciò con il mio intervento seguendo la direttrice dell’innovazione, partendo, come è d’obbligo per un’Organizzazione come la nostra, dall’evoluzione del nostro ruolo di rappresentanza.

 INNOVARE LA CONTRATTAZIONE

Un organismo di rappresentanza figlio di questi tempi deve innanzitutto promuovere un pensiero di rinnovamento culturale.

Calarsi nella società, riaffermare i valori che contraddistinguono il patto con i propri associati, mirare a farsi portavoce di un riposizionamento della categoria all’interno del contesto italiano ed europeo.

Oggi il ruolo dei corpi intermedi consiste nell’aggregare, valorizzare e restituire alla generalità le espressioni più valide che si riconoscono in esso.

Pertanto, ferma restando la centralità del contratto collettivo nazionale, vediamo con favore l’impegno del governo a promuovere la contrattazione decentrata come uno spazio ulteriore dove realizzare un avanzamento.

La bilateralità è per noi un valore cardine che deve essere promosso a tutti livelli. Penso in primo luogo all’allargamento delle tutele di welfare. Sia con Confindustria sia con Confapi stiamo mettendo in campo strategie e programmi che, partendo dal rafforzamento della contrattazione nazionale, consentono di trovare a livello aziendale nuovi spazi di ampliamento per la sanità integrativa, la previdenza complementare, le politiche attive del lavoro.

Siamo tanto convinti del modello da sostenere che quest’anno, volendo costituire in casa Federmanager delle Commissioni tematiche per la definizione di politiche di indirizzo per noi prioritarie, ne abbiamo dedicata una specificatamente al tema sanità. Sottolineiamo in particolare la necessità di maggiori sinergie tra Fondi sanitari integrativi e SSN, e l’adozione di politiche ad ampio spettro che favoriscano la prevenzione sanitaria e gli stili di vita positivi.

Pur se valutiamo che l’ultima Legge di Stabilità va nella giusta direzione, con le agevolazioni in favore di welfare aziendale e di premi di produttività, vogliamo chiarire che molto coraggio ci vuole ancora per renderle accessibili a tutti i lavoratori.

In questo contesto infatti dobbiamo considerare la poca lungimiranza con cui si sta affrontando nel nostro Paese la questione pensionistica. Si tratta di uno dei pilastri essenziali del nostro sistema sul quale tuttavia domina l’improvvisazione e si procede ad annunci.

Abbiamo chiesto a più di uno degli esponenti di governo di intervenire per la flessibilità in uscita per chi è prossimo alla pensione; oggi vediamo presentare dal Presidente del Consiglio l’ipotesi “Ape” che sarà inserita nella prossima Stabilità e di cui attendiamo di conoscere i dettagli.

 INNOVARE L’INDUSTRIA

Produttività, occupazione e sostenibilità sono gli orizzonti su cui il governo deve concentrare la propria attenzione per trasformare la fragile ripresa in una crescita strutturale e duratura.

Non è la specializzazione produttiva sui settori tradizionali a penalizzare il nostro Paese. Ciò che veramente ci penalizza è il peso dimensionale delle nostre aziende. Su un totale di quasi 300mila imprese industriali, soltanto 16.527 hanno un dirigente in organico.

Dal nostro osservatorio emerge inoltre che ogni qualvolta si inserisce un manager all’interno di una PMI, soprattutto nelle delicate fasi del passaggio generazionale, essa ne trae un beneficio immediato in termini di competitività, di innovazione e di sviluppo di strategie vincenti.

La seconda Commissione a cui Federmanager ha dato vita quest’anno è proprio dedicata alle Politiche industriali, ed è articolata al suo interno in quattro macro aree: una si occupa di trasporti-infrastrutture –logistica, una seconda è focalizzata sulla siderurgia, una terza sull’energia, e una quarta lavora allo sviluppo dell’agenda digitale e dell’industria 4.0.

Siamo al lavoro per abbattere alcuni ostacoli che affliggono il nostro Paese: le troppe penalizzazioni che gravano sui costi dei brevetti, una mancata valorizzazione dei marchi e le barriere all’accesso al credito; ancora troppi paletti sono stati posti per qualificare quegli incubatori di innovazione che meritano le agevolazioni previste.

Bisogna infatti ripartire dagli investimenti per crescere e dall’adozione di politiche industriali di lungo respiro. In particolare il rapporto tra investimenti e Pil deve arrivare a quel 20%, che era il valore pre-crisi.

In riferimento alla dimensione internazionale, seguiamo con attenzione le fasi di attuazione del decreto Sblocca Italia e di quanto lì previsto per la promozione straordinaria del Made in Italy che impegna oltre 270 milioni di euro nel triennio 2015-2017.

INNOVARE IL MERCATO DEL LAVORO

Connesso a questo discorso, vi sono le ricadute che il digitale ha o avrà sul mercato del lavoro.

La pubblicazione del Piano per banda “ultra larga” del 4 marzo 2015 è sostanzialmente fermo, quando invece la parola d’ordine dovrebbe essere “execution”.

Oggi vediamo approvare un Def fiducioso sulle proiezioni di crescita e di riduzione del divario deficit/Pil ma i nostri dati ci inducono a non essere troppo ottimisti sugli andamenti occupazionali.

In questi anni di crisi abbiamo sofferto una consistente riduzione del numero di manager validi e competenti (-10% nel quinquennio 2011-2015) fuoriusciti dalle aziende e in alcuni casi costretti a rientrare sotto forme di temporary.

Quando parliamo di Quarta Rivoluzione Industriale dobbiamo riconoscere che si tratta di un cambiamento già in atto, che certamente sta provocando un’evoluzione dei modelli di business, l’affermazione dello smart working e una nuova profilazione delle posizioni richieste.

A livello governativo è stato aperto un ciclo di consultazioni sul progetto Industry 4.0 al quale Federmanager sta partecipando sia con confronti diretti con il MISE sia nell’ambito dell’indagine conoscitiva in corso in Commissione attività produttive alla Camera dei deputati.

INNOVARE LE COMPETENZE

Perciò ci aspettiamo che i decisori pubblici e privati ripongano una maggiore attenzione all’importanza del capitale umano.

La strategia deve partire dai banchi di scuola, dalle università e dai centri del sapere. Vanno colte tutte le opportunità offerte dal modello di alternanza scuola-lavoro, per il quale stiamo avviando iniziative territoriali congiunte con la Federazione dei dirigenti della funzione pubblica, e va aumentata la quota di Pil in Ricerca e Sviluppo.

Dalle persone si deve ripartire, nella convinzione che l’unica economia che può crescere quella che è basata sulle risorse umane.

Anche per questo ci siamo impegnati nella certificazione delle competenze manageriali, avviando un progetto che ci ha portato a individuare quattro profili di manager. Innovation manager, temporary manager, export manager e manager di rete sono per noi quelle figure che saranno indispensabili per le aziende industriali che vorranno essere competitive sui nuovi mercati.

La certificazione non solo è uno strumento riconosciuto per stabilire il benchmark a livello globale, ma è anche l’unico modo per far prevalere il merito.”