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I tentacoli della piovra

L’economia è tra le principali vittime delle mafie, che con il tempo si sono evolute passando dalla lupara alla ventiquattrore. Vincenzo Mulé, direttore di Prisma, fotografa i numeri dell’ascesa criminale

Antonino Giuffrè è un pentito di mafia, uno dei più importanti. Prima di collaborare con la giustizia, era il boss indiscusso del mandamento di Caccamo, ritenuto dal giudice Falcone ”la Svizzera di Cosa nostra”. Il 27 novembre 2002, interrogato nel carcere di Milano così ha raccontato l’evoluzione del crimine organizzato: «Non è che la globalizzazione si susieru (si sono alzati, ndr) gli americani ‘n a matina e la ficiru… e gli altri stanno a taliari (guardare, ndr)… la globalizzazione puru l’avutri la guardano, signor Procuratore, e si scambiano le cortesie nell’ambito imprenditoriale. Perché altrettanto quando noi parliamo di pacchetti azionari…ci sunnu puru in Germania e in Belgio e vui trovati dei gruppi che ‘un sunnu chiù quelli di una volta, gli emigrati con la cosiddetta valigetta di cartone… no …chisti sunnu cu a valigetta, ma cu a ventiquattrore piena di dollari».

Delle mafie italiane ormai sappiamo tutto o quasi. I racconti dei pentiti hanno ricostruito l’ascesa delle organizzazioni criminali e la loro trasformazione – come riferito da Francesco Forgione in Mafia Export – «in soggetti dinamici dei processi di internazionalizzazione economico-finanziaria e contribuiscono con la forza di piccoli Stati alla formazione di quel Pil mondiale che si alimenta della cosiddetta economia-canaglia che negli ultimi decenni del mondo si è imposta in ogni angolo del mondo». Nel 2014, la Commissione europea nella “Relazione dell’Unione sulla lotta alla corruzione” aveva lanciato l’allarme: «La corruzione danneggia gravemente l’economia e la società̀ nel suo complesso. Molti paesi nel mondo sono afflitti da una corruzione profondamente radicata che ostacola lo sviluppo economico, mina la democrazia e lede la giustizia sociale e lo Stato di diritto. Gli Stati membri dell’Ue non sono immuni da questa realtà̀».

Sei anni dopo, Eurojust, l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, aggiungeva un tassello nuovo per l’analisi del fenomeno, ossia che la corruzione «è un fattore chiave per la criminalità organizzata». Secondo un report della Commissione europea del 2017, la corruzione costa all’economia dell’Ue circa 120 miliardi di euro all’anno in termini di mancate entrate fiscali e investimenti. Uno studio più approfondito del servizio di ricerca del Parlamento europeo, specificamente incentrato sulla corruzione, ha rilevato che considerando anche i costi indiretti, come le mancate entrate fiscali e la riduzione degli investimenti esteri, il Pil dell’Ue subisce perdite annuali comprese tra 179 e 990 miliardi di euro. Un’oscillazione che dipende, come spiegato nello studio, dall’entità ipotizzata della riduzione dei livelli di corruzione fattibile per gli Stati membri. Cifre in parte confermate da un rapporto dei Verdi europei che un anno dopo, cioè nel 2018, stimava in 904 miliardi di euro il costo della corruzione nell’Ue.

Secondo un report della Commissione europea del 2017, la corruzione costa all’Ue circa 120 miliardi di euro all’anno in termini di mancate entrate fiscali e investimenti

Le mafie nei Paesi europei fanno affari da anni, tanto che qualcuno – nello specifico Jean-Francois Gayraud nel libro Divorati dalla mafia – parla di un G9 della criminalità organizzata, tracciando una geopolitica delle nove organizzazioni più importanti: Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra corona unita, Triadi cinesi, Yakuza, la mafia in Albania e in Kosovo, la Maffya turca e Cosa nostra italo-americana. Dove ci sono i soldi, lì la mafia entra in azione. Lo dimostrano le numerose inchieste condotte sulle frodi sui fondi dell’Ue che solo nel 2019 sono costate 485 milioni di euro pubblici. Lo sostiene l’Olaf, l’ufficio europeo per la lotta antifrode, che ha aperto 223 indagini sull’utilizzo fraudolento di fondi europei. L’Italia risulta essere il secondo paese per numero di indagini avviate riguardo l’uso nazionale e regionale dei fondi europei, con 9 casi conclusisi nel 2019. Davanti solo la Romania, con 11 casi.

Le mafie italiane hanno superato i confini nazionali e stanno imponendo una nuova geografia dei poteri. Le stime dei loro affari – tutte per difetto, assicurano gli investigatori – parlano di 13 miliardi di euro l’anno. Europol nel suo rapporto del 2017 – il prossimo uscirà a settimane – segnalava come nei 28 paesi membri dell’Ue fossero sotto indagine 5 mila organizzazioni criminali. Di queste, il 70% opera in più di uno Stato, mentre il 45% di queste organizzazioni è attivo in più di un settore criminale. Tutte insieme si spartiscono un mercato illecito che, secondo le stime di Transcrime, vale 110 miliardi di euro. Numeri da considerare necessariamente per difetto, in quanto nel computo non sono comprese le entrate che alla criminalità organizzata assicurano il traffico di esseri umani, il gioco d’azzardo, l’estorsione e l’usura. Temi sui quali molti Stati dell’Ue non sono stati in grado di fornire stime.

Nella fotografia scattata dall’Europol emerge, inoltre, che i membri delle organizzazioni criminali appartengono a 180 nazionalità diverse, sebbene il 60% sia europeo. La droga resta il maggiore mercato illecito dell’Unione, a cui si dedica un terzo dei gruppi, per un valore al dettaglio stimato in 24 miliardi di euro l’anno. Traffico di migranti e tratta di esseri umani sono i due business emergenti. I proventi delle attività illecite su larga scala devono essere riciclati per poter rientrare nel circuito dell’economia pulita. L’Organised crime portfolio (Ocp) di Transcrime, curato da Ernesto Savona e Michele Riccardi dell’università Cattolica di Milano, registra «casi di investimento del crimine organizzato in quasi tutti i Paesi membri dell’Ue, 24 su 28». Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Germania e Romania le mete più gettonate. L’Olanda ha il più grande porto europeo, quello di Rotterdam e una fitta rete di collegamenti che portano alla Germania, altro paese approdo di capitali mafiosi. Seguire le tracce dei soldi sporchi nei Paesi Bassi è praticamente impossibile: i gruppi criminali riescono a sottrarsi alle indagini usando fiduciarie o fondi che garantiscono l’anonimato. Questo perché sapere chi sono i titolari delle imprese in Europa non è facile in quanto non esiste un registro delle imprese centralizzato. Esistono registri nazionali che però non sono collegati tra loro.

La droga resta il maggiore mercato illecito dell’Unione, a cui si dedica un terzo dei gruppi criminali, per un valore al dettaglio di 24 miliardi di euro l’anno

Le organizzazioni criminali sono presenti nell’economia legale e si servono della corruzione per ragioni di autoconservazione e per proteggere i propri affari. Secondo l’Europol, i gruppi più minacciosi sono quelli in grado di investire i loro profitti significativi nell’economia legittima e nelle proprie imprese criminali, garantendo la continuità aziendale e un’ulteriore espansione delle loro attività criminali. Il contrasto alla criminalità economica rappresenta uno dei settori più importanti per Eurojust che, solo lo scorso anno, ha coordinato circa 8.800 indagini transfrontaliere che hanno portato al sequestro o al congelamento di beni per circa 1,9 miliardi di euro. Le mafie sanno cogliere le opportunità che si presentano: anche quelle determinate dall’emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Un allarme condiviso da Marin Mrčela, presidente di Greco (Gruppo di Stati contro la corruzione) del Consiglio d’Europa, secondo il quale l’epidemia Covid-19 aumenta i rischi di corruzione, con il settore sanitario specialmente esposto, in particolare a causa di impennate nell’immediato bisogno di forniture mediche.

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