Con le profonde radici storiche e con l’influenza che hanno esercitato attraverso i secoli e le culture, gli scacchi sono diventati il simbolo universale di pensiero strategico e intuizione, di lotta ed eleganza, di capacità di analisi e talento, di intelligenza e complessità, di raffinatezza e astuzia. Una sintesi di bellezza e ingegno, a metà tra l’arte e la scienza.
Luca Desiata, Autore del libro “Scacchi e strategie aziendali”. Dal 2016 al 2019 Amministratore delegato dell’azienda di stato Sogin
Gli scacchi sono sopravvissuti a rivoluzioni, editti religiosi, barriere culturali e linguistiche fino a diventare una spugna dello spirito dei tempi, assorbendo nelle regole di gioco e nella forma dei pezzi i principali aspetti della società. Le grandi potenze e gli imperi non hanno mai mancato di esprimere, nel corso dei secoli, la loro influenza geopolitica anche tramite uno o più campioni del mondo.
Non è solo un hobby. È lo specchio dello spirito dei tempi. Non a caso, nel rinascimento i migliori giocatori al mondo erano italiani
Nel Rinascimento, infatti, i più forti giocatori erano italiani. Nel XVIII secolo fino alla metà del XIX, lo scettro passò ai francesi; poi a inglesi, tedeschi e americani, con poche eccezioni. Durante la guerra fredda, la sfida tra un americano (Fischer) e un russo (Spassky) catturò l’attenzione del grande pubblico. Fino a qualche anno fa, il campione del mondo di scacchi era indiano, la campionessa del mondo cinese. Non può trattarsi di semplici coincidenze: gli scacchi assecondano lo spirito dell’epoca. Gli scacchi sono stati alla base della morale nel Medioevo, divennero l’essenza della meritocrazia nel periodo illuminista e il simbolo della democrazia presidenziale durante la rivoluzione americana. Più recentemente hanno contribuito all’affinamento delle strategie militari, alla nascita della psicologia cognitiva, ai progressi dell’informatica e dell’intelligenza artificiale. Sembra quindi sorprendente che un parallelo naturale come quello tra scacchi e strategie aziendali non sia mai stato approfondito in maniera strutturata.
Una possibile spiegazione risiede nella vaghezza dell’uso del termine “strategia“ nei contesti aziendali. La parola strategia nasce in ambito militare e deriva dal greco stratos agos, cioè “colui che agisce (che ha potere di agire) sul conflitto”, col significato di scienza o arte dei generali. La strategia è quindi quella branca dell’arte militare che studia i principi generali delle operazioni con l’obiettivo di coordinare il piano generale della guerra; è anche definita “teoria dell’azione di successo in presenza di opposizione consapevole“.
Legarsi al mondo militare/scacchistico o a quello aziendale rischia tuttavia di limitare l’ambito di applicazione del parallelo con gli scacchi. È quindi preferibile astrarre il ragionamento dai casi particolari e adottare una definizione che attinge dai fondamenti del pensiero strategico, da quei tratti intrinseci dei meccanismi di funzionamento della mente umana che si ritrovano in tutti gli ambiti della vita.
Qual è, quindi, una definizione di strategia che permette di esplorare il parallelo tra scacchi e strategie aziendali? “La strategia è una qualsiasi forma del pensiero che ha per obiettivo la modifica della realtà.” Nella sua semplicità, questa definizione, in linea con un modello kantiano di interazione tra schemi mentali intrinseci e percezioni esterne, darà origine a una sistematizzazione degli “schemi” (o “scorciatoie”) messi in atto dalla mente umana per affrontare la complessità del reale. La nostra mente sarebbe completamente sopraffatta se, sin dalle prime fasi dello sviluppo del pensiero strategico, non potesse iniziare a organizzare gli stimoli esterni entro schemi, progressivamente sempre più articolati e complessi. Soltanto attraverso l’uso di categorie concettuali e relazionali logiche il pensiero può elaborare rappresentazioni mentali comunicabili e condivisibili. Alla base dello sviluppo di tutti i processi cognitivi c’è la capacità di operare sugli stimoli esterni per organizzarli in categorie, sebbene ogni concettualizzazione implichi una semplificazione della realtà e quindi una perdita di informazioni.
Se il linguaggio del pensiero strategico è rappresentato dalla logica e dalle sue categorie, allora l’unica qualità richiesta a una strategia è la coerenza intrinseca delle sue parti. Non deve quindi stupire quando in azienda, durante una presentazione del “piano strategico”, un’incongruenza anche minima tra lo stesso dato, presentato in due sezioni diverse, generi dubbi sull’intera impostazione della strategia proposta. Questo perché una piccola “falla” logica in un sistema intrinsecamente coerente è come il quinto postulato di Euclide: il neo antiestetico che turba l’armonia degli elementi.
Partendo da questi presupposti è possibile utilizzare il gioco degli scacchi come un laboratorio ideale per i processi decisionali, in quanto permette di testare i meccanismi di funzionamento della mente quando si devono effettuare scelte complesse, in situazioni di incertezza e sotto pressione. A differenza del mondo reale, negli scacchi è possibile misurare la bontà di una strategia o di una decisione: si vince o si perde, non esistono alibi per giustificare decisioni sbagliate.
A questo punto, siete probabilmente rimasti incuriositi dalle potenzialità del gioco come terreno di prova per nuovi comportamenti manageriali e come strumento per affinare le vostre competenze strategiche. Vi state forse anche chiedendo se non valga la pena provare a imparare, in fondo conoscete le regole e avete qualche amico appassionato che potrebbe mettervi sulla strada giusta. A pensarci bene, quanti dei vostri hobby, sport o passioni risalgono alla vostra adolescenza e quanti li avete sviluppati dopo i trent’anni? Se posso fare una stima, direi dieci a zero. Ma già domani avrete abbandonato questo valido proposito a fronte del notevole investimento in termini di tempo e concentrazione. Tra il lavoro e la famiglia, riuscire a ritagliarsi lo spazio per un hobby impegnativo diventa un lusso. Non tutti vogliono fare la fine dell’artista Duchamp, lasciato dalla moglie durante la luna di miele perché non faceva altro che giocare a scacchi.
Imparare a muoversi sulla scacchiera può stimolare nuovi comportamenti manageriali
I contenuti dell’articolo sono tratti dal libro “Scacchi e strategie aziendali” (Hoepli editore), scritto da Luca Desiata in collaborazione con Anatoly Karpov e Rocco Sabelli.