Per capire il senso più profondo di questa campagna elettorale americana bisogna rivolgersi a un indirizzo milanese, quello di Radio Deejay. Pochi giorni fa infatti Linus, storico direttore della radio e conduttore di una celeberrima trasmissione, ha annunciato la chiusura del suo blog, dove da quindici anni e più dava spazio quotidiano a pensieri, opinioni, idee. Perché Linus fa questa scelta? Perché stufo di quello che troppo spesso ormai rappresenta la rete, cioè un luogo di insulti gratuiti, critiche sgraziate e cattive, “pestaggi” digitali spesso organizzati appositamente.
Ma perché tutto questo ha a che fare con le elezioni americane? È presto detto, innanzitutto osservando il lato estetico di questa campagna elettorale, senza ombra di dubbio è la più brutta della storia recente della più importante democrazia del mondo. Dopo l’elezione del primo Presidente, vincitore in rete prima che nelle piazze (Barack Obama, il primo ad arrivare alla Casa Bianca nel pieno dell’era di Facebook), le forme del dibattito via web sono infatti molto cambiate.
Ormai quasi del tutto alle nostre spalle, c’è una stagione di libertà in allegria, mi verrebbe da dire. Quella dei post su Facebook o dei primi anni di Twitter, quando abbiamo tutti scoperto il piacere (e anche la durezza, per carità) del confronto fra sconosciuti. In fondo un grande passo avanti rispetto alla dimensione totalmente unilaterale della televisione, dove uno parla e tutti gli altri ascoltano. La rete ci ha dato un immenso senso di libertà, mettendoci di fronte a nuovi orizzonti anche, o forse innanzitutto, per la comunicazione politica.
Con il passare del tempo tutti i protagonisti della vita istituzionale in ogni angolo del pianeta, tutti i partiti, tutti i movimenti e così via hanno iniziato a studiare questo nuovo strumento, scoprendo, a poco a poco, che esso contiene potenti armi di distruzione di massa, accanto a formidabili occasioni di messaggi in positivo. Ecco allora farsi avanti un nuovo modo di usare la rete, quello che vede prevalere le azioni “contro” rispetto a quelle “per”. È esattamente la situazione che conduce Linus a chiudere il suo blog, forte della sua posizione e di una certa maturità acquista dopo tanti anni di rapporto vincente con il pubblico. In buona sostanza Linus ci dice: “sapete che c’è, mi avete rotto”. E, per essere chiari, ha ragione non una, ma mille volte.
I candidati alle presidenziali americane invece non possono smettere, perché fino alla data delle elezioni sono condannati a darsele di santa ragione. E così fanno, spinti dalla logica del lato peggiore del web e della sua dimensione “social”, che è quella dell’insulto gratuito, a prescindere, cattivo.
Dal web oggi noi traiamo informazioni e servizi che rendono il mondo nel complesso più libero e consapevole. Ma come sempre nelle vicende umane c’è la forza, ma anche il suo lato oscuro, come ci insegna la più grande saga della storia del cinema. E noi così ci troviamo con la più penosa campagna elettorale di sempre, con Trump che accusa la Clinton di essere dopata e arraffatrice di denaro, insinuando che è malata gravemente e che l’Isis è una sua invenzione, mentre la candidata democratica riversa sul repubblicano le peggiori contumelie per i sui atteggiamenti sessisti e “machisti”, per le sua intemperanze verso neri e immigrati, per le sue tasse non pagate è così via.
Avremmo potuto assistere allo scontro fra un ricco e potente immobiliarista di destra, sostenitore di quella mano libera in economia da sempre bandiera dei repubblicani d’America, contrapposto a una formidabile protagonista della politica, fiera paladina del welfare americano da estendere alle fasce più deboli. Ne è purtroppo venuta fuori una orrenda campagna elettorale, anche per colpa dei Social Network.
L’America però è grande, forte è viva. In qualche modo ci stupirà in positivo.
Roberto Arditti, Centro Studi Americani.