Abbiamo tutte le possibilità tecnologiche, scientifiche, culturali, anche in Italia, per affrontare al meglio il rischio biologico, di cui il coronavirus, arrivato dalla Cina, è l’episodio più devastante degli ultimi anni. Non sappiamo dove sarà il prossimo, quali esiti avrà, quali pericoli conterrà e come potremo contenerlo. Per adesso non dimentichiamo che ancora non abbiamo vinto la guerra con il virus attuale, perciò non c’è tempo da perdere per approntare una strategia di breve, coerente con una di lungo periodo contro questo rischio.
L’economista Antonio Preiti, direttore di Sociometrica
Siamo davanti a due problemi che richiamano la necessità degli stessi strumenti tecnologici: il primo è quello di debellare qui e ora il Covid-19; il secondo è quello di approntare un sistema strategico che ci permetta di scovare il virus non appena appare, o almeno con giorni (se non ore) di anticipo rispetto a quanto registrato con il coronavirus: sappiamo che in questa materia arrivare due o tre settimane prima decide della virulenza e delle conseguenze del virus. Ovviamente esistono tutti i problemi geopolitici (chi governa il sistema sanitario – e di difesa – di ogni stato ha una diversa concezione di quali informazioni distribuire e in che tempi farlo), ma bisogna lavorare per superarli, perché i virus, come ampiamente dimostrato, varcano i confini e non considerano i diversi assetti politico-istituzionali.
Bisogna lavorare per superare i problemi geopolitici perché i virus varcano i confini e non considerano i diversi assetti politico-istituzionali
Quello che è difficile alla politica, è forse più facile alla tecnologia. Primo punto: cosa si può fare. Secondo punto: come si deve fare. Terzo punto: chi lo può fare. Si tratta di creare una piattaforma che raccolga ogni genere di informazione, da qualunque fonte, e di qualsiasi natura intorno all’attuale virus. Questo significa mettere insieme tutte le cartelle cliniche dei contagiati, per capire come agisce un virus sconosciuto per il quale non abbiamo ancora un vaccino; mettere insieme i referti dei pronto soccorso e persino le telefonate agli ospedali, per utilizzarli come segnale su come si diffonde territorialmente il virus; capire quali terapie i vari specialisti stanno impiegando e con quali risultati. Questo innanzitutto a livello nazionale, ma essendo il virus globale, con vari esiti nei diversi paesi (pensiamo alla scarsa mortalità in Germania) in maniera che ogni operatore sanitario, virologo, scienziato possa consultarla facilmente e in tempo reale.
È qualcosa che si può fare in tempi rapidi. Il 17 marzo scorso la presidenza degli Stati Uniti, o più esattamente l’Office of science and technology policy ha lanciato una gara per esperti finalizzata a costruire rapidamente uno strumento di intelligenza artificiale che possa essere applicato al Covid-19. Nel frattempo hanno messo in piedi un dataset (Covid-19 Open research dataset) con Microsoft, la fondazione Chan Zuckergerg (creata dal fondatore di Facebook con la moglie Priscilla Chan), l’istituto Allen per l’intelligenza artificiale, la Georgetown university e la Biblioteca di medicina per analizzare 29 mila testi, di cui 13 mila sono report completi sul coronavirus.
L’Office of science and technology policy statunitense ha messo in piedi un dataset per analizzare 29 mila testi, di cui 13 mila sono report completi su Covid-19
Questa iniziativa è pensata per rispondere all’emergenza; ma sul piano strategico bisogna approntare una piattaforma che lavori allo stesso modo e indirizzi la sua azione per individuare quelli che si chiamano i “segnali deboli”, cioè informazioni significative che si distacchino dal flusso delle informazioni, sempre tenendo sotto osservazione più fonti: oltre a quelle sanitarie anche i social media. Perché quello che succede spesso è che di fronte a certi sintomi si vada su un motore di ricerca a vedere di che si stratta; perché si fanno post in cui si manifestano i propri sintomi. Ci sono le chiamate al pronto soccorso che possono evidenziare picchi di sintomatologie particolari. Saranno poi gli specialisti a indagare su quei segnali e a stabilire se sono da approfondire (chiamando i dottori che hanno visitato i pazienti e stampando le cartelle cliniche relative) o se sono da tralasciare.
È un sistema che è in vigore da oltre un anno in Australia e in Canada e utilizza tecnologia italiana, composta da Expert System, società italiana leader globale nell’analisi semantica, in collaborazione con Osdife, organismo preposto alla difesa dal rischio biologico, nucleare e chimico, quindi il ministero della Difesa e l’università di Tor Vergata a Roma.
Siamo davanti a una tecnologia che correla la fisica sociale, relativa cioè a come le persone si comportano di fronte ai sintomi di malessere, e le fenomenologie di natura sanitaria. Da un lato capisce come scoprire qualcosa che al momento neppure si sa cos’è e impara a colpirlo non appena appare; dall’altro cerca di capire come funzionano le varie terapie di fronte al nemico, soprattutto quando non è già disponibile una terapia standard, o un vaccino.
Dobbiamo prepararci a utilizzare questo tipo di tecnologie, considerando che i virus sono un numero senza fine, di molti non sappiamo nulla, e possono formarsi senza nessuna previsione; il mondo è diventato più piccolo e più affollato, perché la mobilità è diventata facile e coinvolge un numero crescente di persone; perché le città già enormi diventano sempre più grandi e perciò alcuni virus possono incendiare il mondo in un attimo.
Non ci sono però solo i virus prodotti dal caso, senza intenzionalità, ma c’è anche il rischio biologico in senso generale, perché la biologia è anche un’arma che può essere usata contro un paese o contro intere popolazioni. La minaccia biologica è il nemico più invisibile e nascosto che conosciamo. Persino il rischio nucleare può essere più facilmente individuato e monitorato. È un problema di sanità, ma anche di difesa nazionale.
L’epidemiologia è la scienza in cui l’utilizzo dell’intelligenza artificiale è più fruttuoso, perché la sua logica è la stessa che sovrintende alla logica delle reti, proprio per la sua capacità di simulare (e prevedere) i comportamenti umani e quelli dei virus. La sorveglianza di massa dei virus, a dispetto di quella personale, sembra una buona prospettiva.