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Costruire la normalità

“Amatrice vuole tornare alla normalità il prima possibile”. Si legge questo messaggio sul sito web del Comune reatino distrutto dal sisma dello scorso 24 agosto. Accanto, l’elenco delle abitazioni che finora la Protezione civile ha dichiarato agibili: sono il 30% di quelle rimaste in piedi.

A un mese dal terremoto che ha sconvolto il cuore del nostro Paese, sgretolando interi centri abitati e portando via tante vite, ci chiediamo qual è la normalità a cui desideriamo tornare. L’apertura dell’anno scolastico, con le prime strutture prefabbricate che hanno consentito ai ragazzi di sedere dietro a un banco lo stesso giorno in cui partivano le lezioni nel resto d’Italia, è stato un importante e doveroso segnale.

La gestione della fase acuta del post- terremoto è affidata a una task force di professionisti e volontari con cui siamo in contatto, per il tramite delle autorità preposte, per coordinare con loro iniziative di solidarietà che siano mirate a una ricostruzione pianificata nel medio periodo. Intendiamo agire con senso di concretezza, facendo leva sulla solidarietà del sistema Federmanager e sulla esperienza di Vises, la nostra Ong di riferimento, che da anni promuove progetti di solidarietà nelle aree più svantaggiate del mondo. Il contributo dei manager è teso verso gli interventi strutturali, in stretto raccordo con il territorio, con la Protezione civile e con il ministero delle Infrastrutture e Trasporti. 

Abbiamo tutti applaudito alla grande generosità dei cittadini italiani che fa onore e incoraggia. Dal canto nostro, ci siamo messi al servizio del progetto di ricostruzione con le nostre competenze tecniche e capacità di management dando disponibilità piena sia nella fase di realizzazione delle opere nuove sia in quella di ripristino degli edifici danneggiati.

La visione però è più ampia e coinvolge tutto il territorio nazionale. Necessariamente. Possiamo scegliere se tornare alla normalità, o decidere di costruirne una nuova. Ricordiamoci che non poco tempo addietro veniva alla luce la “Strategia nazionale delle aree interne” che interessa 66 zone e che dovrebbe valorizzare in primo luogo i piccoli centri e Comuni. Quando diciamo che essi rappresentano “il cuore dell’Italia” non facciamo retorica, ma riconosciamo la vivacità e l’unicità di una ricchezza diffusa in termini economici, culturali, produttivi.

Oggi, rivolti verso questo ecosistema multiforme di 8.000 Comuni, ci viene proposto un piano “Casa Italia” che vanta una dotazione di 2 miliardi di euro l’anno e un orizzonte di almeno un decennio. Il premier Renzi ha affidato a Giovanni Azzone del Politecnico di Milano l’obiettivo, assai più ambizioso dello stanziamento, di guidare la messa in sicurezza del Paese agendo per la ristrutturazione di edifici e infrastrutture, per la difesa del suolo, il rilancio del settore edilizio, la diffusione della cultura della prevenzione.

Tutte cose giuste e condivisibili, che tuttavia ci invitano a mantenere ancora più alta l’attenzione, soprattutto quando, fisiologicamente, il sipario mediatico calerà sulle zone colpite dal sisma. Andrebbero approfonditi, in particolare, i numeri del piano del governo, perché dalle sue prime mosse i fondi appaiono inconsistenti e la tempistica troppo ristretta per centrare un risultato di questo tipo.

Il nostro è un Paese esposto a molti rischi (sismico, idrogeologico, vulcanico); questo ci impone di riconsiderare l’efficacia degli investimenti: non beneficienza e soldi a pioggia, bensì una spesa pubblica e privata dialogante all’interno di un sistema a più voci. Con questo approccio, “Casa Italia” potrebbe perfino superare se stesso, e realizzare l’ambizione di risarcire il Paese dei danni dell’incuria, dell’approssimazione o, peggio, del malaffare.

Ci sono pertanto alcuni punti da tenere sotto costante osservazione. Innanzitutto, per favorire realmente la ripresa, bisogna cambiare paradigma e passare rapidamente dall’idea di manutenere gli edifici “a guasto” a quella più lungimirante di una “manutenzione programmata”. Con manutenzione programmata si intende l’adozione di una strategia di azione edile e urbanistica che sappia individuare le priorità in un’ottica di osservazione di sistema e che sappia collegare anche in chiave logistica gli interventi tecnici.

Inoltre, limitatamente al concetto di prevenzione antisismica, sarebbe più saggio puntare all’obiettivo dell’abbattimento del rischio sismico, agendo sulle aree a più elevata esposizione e concentrandosi sulla salvaguardia del numero più alto di vite umane

Bisogna rendersi conto della quantità e qualità dei soggetti da coinvolgere: l’orizzonte temporale in questo si estende esponenzialmente anche in ragione della capacità di congiuntura tra Europa, Stato centrale, enti economici, imprese, amministratori locali, agenzie di garanzia, assicurazioni, professionisti, tecnici e soggetti attuatori.

Tutto questo richiede un approccio sistemico con caratteristiche manageriali. Servono competenze tecniche ma servono anche competenze trasversali e un forte orientamento all’innovazione. Occorre coinvolgere il management della sicurezza, dei trasporti, del settore delle costruzioni e di quello della salute. Pensiamo che soltanto per gli eventi sismici, in Italia nell’ultimo secolo e con una frequenza inferiore al decennio, sono stati registrati complessivamente circa 150.000 morti e 300.000 feriti con una spesa di oltre 300 miliardi di euro per le ricostruzioni.

Quando si decide di avviare un grande piano di investimenti, è bene dunque che si pongano condizioni solide per la sua prosecuzione quando cambieranno gli amministratori e i governanti. Perciò, i manager dell’industria e del settore edile devono esercitare un ruolo necessario nell’organizzazione della rete di soggetti coinvolti e nel consolidamento dei processi. Oltre a svolgere una funzione di controllo sulla corretta destinazione dei fondi disponibili e sul rispetto delle procedure.

Il loro coinvolgimento stimolerà anche una responsabilizzazione del management della pubblica amministrazione, che è l’interlocutore elettivo per queste azioni e favorirà il mutuo operare tra istituzioni centrali, PA e conferenze di servizi.

I cittadini, che sono i primi direttamente coinvolti, sentono l’esigenza di una semplificazione delle norme, di un’accelerazione dei processi decisionali e di una garanzia su trasparenza e controllabilità. Il cosiddetto “sisma bonus” che sarà introdotto nella prossima Legge di Stabilità produrrà effetti se sarà percepito come una misura stabile e garantita, secondo una logica programmazione di lungo respiro. Altrimenti sarà fuoco su paglia, un invito a quella normalità di facciata che lascia macerie dietro di sé.

Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager