Così ci prendiamo cura dei più anziani

La speranza di vita si allunga, le nascite diminuiscono. Una conversazione a tutto tondo con Paolo Barillari, presidente e amministratore delegato di Villa Mafalda, medico specialista in chirurgia generale

Paolo Barillari, presidente e amministratore delegato di Villa Mafalda, medico specialista in chirurgia generale

Professore, una vita più lunga che genere di impatto avrà sulla società di domani?

Il binomio natalità bassa e speranza di vita alta a cui stiamo assistendo è la sfida che dovremo affrontare. L’Italia dopo il Giappone è il Paese più longevo. Da noi si calcola che nel 2050, quasi il 40% della popolazione avrà più di 65 anni. È necessario cambiare modo di pensare all’invecchiamento. I 65enni di adesso non sono quelli delle generazioni precedenti. Quarant’anni fa, un 65enne era una persona molto anziana. Oggi è un giovane. Io ho 58 anni e mi sento ancora un ragazzino con davanti una lunghissima prospettiva di vita. Quando ho cominciato a fare il chirurgo 35 anni fa, si parlava di chirurgia nell’anziano e ci si riferiva ai 65enni. Oggi si parla di 75enni e il limite si sta spostano verso gli 80enni. Nell’ultima settimana ho operato di cancro un uomo di 97 anni e uno di 92 e devo dire che è andata piuttosto bene. È tutto cambiato, innanzitutto il modo di approcciarsi alle malattie dell’anziano.

Oggi come dobbiamo considerare la persona anziana?

Se l’anziano ha una buona testa e una buona capacità intellettuale, va curato come se fosse un giovane. In paesi come la Norvegia, se un 75enne ha un tumore viene abbandonato a se stesso e stiamo parlando di uno dei paesi più ricchi al mondo. Eppure hanno questo modo di ragionare. Da noi, le persone non vengono abbandonate. Certo per i pazienti più vecchi è più difficile accedere alla chemioterapia o ai servizi oncologici più avanzati. Parlo degli 85enni e dei 90enni. Ma con lo sviluppo delle terapie biologiche succedanee della chemioterapia anche per loro l’accesso alle cure è sempre meno proibitivo. Abbiamo degli anziani straordinari. Oggi accanto all’età biologica dell’essere umano bisogna imparare a riconoscere l’età dello spirito. Ci sono 90enni che stanno bene, che sono più vivi di un 50enne.

Professore, viviamo tanto. Un’età media che 50 anni fa era impensabile.

Viviamo di più grazie ai progressi scientifici nella lotta alle malattie cardiovascolari e neoplastiche che sono le cause maggiore di morte. Per i tumori, l’approccio della prevenzione è fondamentale. Oggi riusciamo a fare diagnosi di neoplasie in fase sempre più precoce per cui sempre più curabili. Anche la prevenzione cardiovascolare con la cardio-TC, una tecnica diagnostica non invasiva, contribuisce sensibilmente all’aumento della vita media. È un esame semplice e quasi di routine ormai. Man mano che queste prevenzioni entreranno nella normale pratica clinica, le cause di morte per malattie cardiovascolari o neoplastiche diminuiranno ancora i più.

L’età media è stimata intorno agli 80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne. Viviamo più a lungo grazie a una medicina sempre più specializzata, diagnosi di nuova generazione e prevenzioni più efficaci

Se stiamo vincendo la lotta alle malattie cardiovascolari e neoplastiche, qual è la sfida di cui parlava prima?

Il problema su cui la scienza medica fatica ancora a trovare soluzioni è quello delle malattie cosiddette degenerative. L’alzheimer, per esempio. In età adulta diventa demenza senile. Ancora non c’è una cura, né una prevenzione efficace. Il meccanismo di formazione di questa patologia non è ancora chiaro. E questo sarà il vero problema: in futuro avremmo sempre più anziani in buona salute ma con una drastica diminuzione delle capacità intellettive. Non è solo una problematica legato alla salute ma un grande problema per le famiglie, quindi per la società. È questa la sfida a cui facevo riferimento prima.

Si spieghi meglio…

Provi a immaginare cosa vuol dire occuparsi di genitori con demenza senile. Avere in casa una persona di 80 anni che sta bene, che ha il cuore, il colon, lo stomaco e i reni a posto ma che ha l’Alzheimer. Se un anziano non è autosufficiente bisogna gestirlo. E se la famiglia lavora come farà? Certo si può pagare un infermiere o una badante ma servono tanti soldi. L’impatto sulla qualità della vita della famiglia potrebbe essere devastante. La gestione casalinga degli anziani sarà il problema da affrontare. È questa la sfida che nessuno sta considerando.

È una sfida che è possibile vincere?

Sì ma dobbiamo iniziare subito. In Germania, le grandi imprese stanno investendo su nuove Rsa. Residenze sanitarie assistenziali di grandi dimensioni, ospizi specializzati con personale infermieristico e pochissimo personale medico. Strutture che si occupano della gestione degli anziani e che costano molto meno di un ospedale. Se torniamo a considerare che nel 2050, il 40% della società sarà composta da anziani basta ipotizzare 10 milioni di persone non autosufficienti per mettere in ginocchio il Paese. Bisogna investire in questa direzione. Fin da ora. Il futuro è questo e non si scappa.

In Germania, le grandi imprese stanno investendo su nuove Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), strutture che si occupano della gestione degli anziani e che costano molto meno di un ospedale

In che modo si potrebbe fare?

Progettando nuovi centri specializzati. Facendolo fare ai privati attraverso sovvenzioni con un controllo da parte dello Stato, per esempio. Costruire Rsa non lontane dalle città, con i giardini, palestre, piscine. Stanze doppie che possono ospitare anche marito e moglie. Luoghi conviviali incentrati sulla socialità. In questo modo si predispongono strutture in grado di gestire i bisogni delle persone anziane e si creano le condizioni perché possano condividere ricordi e passioni simili. Perché i figli ti vogliono bene ma hanno la loro vita da vivere. Soprattutto hanno il dovere di produrre per portare avanti le società che verranno.

Casa di cura, anziani che hanno passioni simili e che diventano amici. È l’epilogo della famosa trilogia “Amici miei”?
Sorride.

Non ci avevo pensato ma è proprio quello che intendo. E le sembra una soluzione irrealizzabile, un brutto finale? A me, tutto il contrario.

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