3090

Competenze in valigia

Export manager e Digital manager non sono più figure scindibili per affrontare i mercati esteri. Serve un mix di skill specialistiche e di innovazione per presentarsi con un profilo vincente

L’Italia è tradizionalmente tra i principali paesi esportatori, con elevati livelli di competitività internazionale. Tuttavia, secondo recenti studi, molte opportunità aggiuntive di esportazioni non vengono colte e ciò porta con sé due corollari: da un lato costituisce una prospettiva di estremo interesse imprenditoriale e occupazionale; dall’altro, causa pandemia e suo profondo impatto in particolare su determinati settori, impone immediate considerazioni in termini di copertura del rischio per le nostre imprese.

Per rafforzare e/o orientare decisamente le imprese verso i mercati esteri e le loro specifiche peculiarità, risulta determinante lo sviluppo e il potenziamento delle professionalità manageriali che inducono, favoriscono e consolidano il posizionamento del business su mercati di sbocco tuttora culturalmente e tecnologicamente diversificati, seppur globalizzati.

Ciò, a maggior ragione, per le Pmi, stante la spinta indotta dalla pandemia sulle determinanti di ogni business, maggiormente governabile dalle grandi imprese.

Ecco quindi che l’Export manager, professionista che ha la responsabilità di sviluppare il mercato estero di un’impresa e figura professionale alla quale il Governo, in recenti provvedimenti agevolativi, ha favorito l’accesso per le Pmi finanziandole attraverso voucher in ottica di impiego (almeno inizialmente) temporaneo, si conferma perno nevralgico e propulsore di sviluppo delle imprese verso l’estero e le opportunità da traguardarvi.

Rispetto a tale professionalità, però, la pandemia impone oggi una riflessione: come cambiano le aspettative dei consumatori nell’era Covid-19 e, quindi, le esigenze organizzative delle imprese? Quanto e come agisce la digitalizzazione? Le competenze dell’Export manager restano invariate o devono mutare?

Si può dire che le competenze tradizionali di un Export manager, intese come unicum professionale di esperienze, conoscenze e abilità volte a sviluppare il mercato estero di un’impresa, elaborando strategie efficaci per l’avvio delle attività di vendita e per il loro consolidamento, costituiscono oggi condizione necessaria ma non più, da sola, sufficiente a garantire successo nelle iniziative.

Certamente di base per questo manager sono le elevate capacità relazionali e di sviluppo del business e la dialettica efficace in più lingue, combinata con consuetudini cross-culturali rispetto ai paesi target; oltre queste, come requisiti di ruolo, il marketing strategico, le tecniche di negoziazione, le formule di garanzie e i pagamenti internazionali, la legislazione internazionale, doganale, le certificazioni di prodotto.

Impiegando tali competenze specialistiche, l’Export manager è figura in grado di affrontare tutte le sfide e le problematiche con gli strumenti e le competenze di chi comprende in profondità e sa argomentare i meccanismi di funzionamento delle aziende, le relazioni tra persone e strutture organizzative, il lavoro di gruppo, il problem solving e la motivazione delle persone.

Come detto, ciò è oggi del tutto necessario, non più sufficiente però.

La pandemia ha stravolto le determinanti dei business e sta accelerando il cambiamento di abitudini dei consumatori, con conseguenze sia nel business to business (B2B) sia nel business to consumer (B2C).

L’export attraverso tecnologie digitali, ancor prima del Covid-19, mostrava tassi di crescita a doppia cifra; adesso l’esplosione è definitiva, stante le logiche di distanziamento, i minori viaggi di lavoro, l’abbattuto afflusso nei negozi, l’annullamento di fiere.

L’export attraverso tecnologie digitali, ancor prima del Covid-19, mostrava tassi di crescita a doppia cifra. Adesso l’esplosione è definitiva

La trasformazione digitale e dunque il marketing digitale, così come, ancor prima, il pensiero manageriale innovativo divengono, rispettivamente, competenze e requisiti irrinunciabili per l’Export manager, facendolo evolvere verso il “Digital export manager”.

Cosa caratterizza, in sintesi, un Digital export manager? La sua capacità nel governare la trasformazione digitale e abilitare le sue componenti, conoscendole e orientandole con visione sistemica per rendere sempre più rapide ed efficaci le azioni all’estero dell’impresa, soprattutto Pmi per evitare che si divarichi la distanza (competitiva) con le grandi imprese.

Il Digital export manager deve, ad esempio, saper coordinare lo sviluppo funzionale di canali e-commerce, padroneggiando conoscenze digitali ma fungendo sempre da abilitatore delle stesse: ricostruendo la customer journey; progettando nuove soluzioni di promozione/presentazione dell’impresa e dei suoi prodotti (es. fiere digitali/ibride, showroom digitali); coordinando team di esperti e tecnici su tecnologie digitali, Crm, vendite e pagamenti online.

Unire competenze di export, di innovazione e, conseguentemente, di sostenibilità (per accogliere e interpretare coerentemente la domanda di mercati e clienti verso i fattori Esg) consentirà alle imprese con Digital export manager di cogliere con maggiore spinta reputazionale e più velocemente ancora più opportunità all’estero, a vantaggio dell’intero sistema paese e degli stessi riflessi occupazionali.

Ricordando, con R.W. Emerson, che “quando si pattina sul ghiaccio sottile, la salvezza sta nella velocità”.

< Articolo Precedente