Alle radici del sogno

Dalla mitologia alla regola benedettina, la cultura europea si è sviluppata tra incontri e scontri di civiltà. È un progetto antico che ancora oggi cerca pieno compimento

Di cosa parliamo realmente quando parliamo di Europa?

«L’Europa è antica e futura al tempo stesso – dice Jacques Le Goff, uno dei più grandi studiosi di medioevo e di Europa – poiché ha ricevuto il suo nome venticinque secoli fa ma è ancora allo stadio di progetto». Al di là delle varie riflessioni sul lungo lasso di tempo che l’affermazione può lecitamente far sorgere, il termine Europa sembra dovere la sua origine al greco antico Εὐρώπη e al mito che descrive con questo nome la storia della giovane e avvenente ninfa figlia di Oceano, solita bagnarsi alle acque del padre, ma che proprio per la sua bellezza venne rapita nientemeno che da Zeus. La ninfa, secondo questa narrazione, diede poi tre figli all’entità divina e di questi il più importante fu Minosse che è considerato il vero iniziatore della civiltà europea. Secondo un’altra versione Europa era una principessa figlia del re Agenore e di Teti, la dea della terra, ma al di là di come siano comunque andate le cose tra terra e cielo, il suo nome è per noi importante anzitutto per il significato delle due particelle che lo compongono: εὐρύς che significa vasto, ampio e ὀπ che è la radice di visione, sguardo. I due termini legandosi descrivono l’Europa ai tempi dei suoi inizi come il “luogo dell’ampio sguardo”. È uno sguardo che contempla la vastità delle terre cui si rivolge, dal nord dell’Egeo all’intero Mediterraneo.

εὐρύς significa vasto, ampio e ὀπ è la radice di visione, sguardo. I due termini legandosi descrivono l’Europa ai tempi dei suoi inizi come il “luogo dell’ampio sguardo” che contempla la vastità delle terre cui si rivolge, dal nord dell’Egeo all’intero Mediterraneo

 

Come si è costruita l’Europa?

Diciamo anzitutto che l’Europa geograficamente sarebbe un territorio che fa parte del continente asiatico, tuttavia, non appartiene culturalmente all’Asia anzi l’Europa è definita dalla cultura che vi si è costruita più che dalla geografia.

Ma se l’identità nasce spesso da un conflitto, nel lasso di tempo definito in almeno 2500 anni da Le Goff la coscienza di una diversità o, meglio, di una specificità emerge gradualmente e tra i primi a rendersi conto di questa diversità culturale furono probabilmente i Greci nello scontro coi persiani. Emerse allora, probabilmente, un pensiero che proviamo a tradurre così «tu persiano sei un suddito sottomesso al tuo re, mentre io greco sono un cittadino e dunque una parte attiva della mia polis».

Non fu certo l’unico conflitto. Quel “vasto sguardo”, azzardiamo a dire, ha potuto cogliere un contaminarsi reciproco di popoli e genti che spesso, anche opponendosi e scontrandosi, hanno ricevuto e al contempo trasportato nuove conoscenze da una terra all’altra, da una società umana all’altra. È stato e ancora in gran parte è un arricchimento di sapere e di saper fare, prima ancora che di beni materiali, che dura tutt’ora. Una sorta di innata curiosità ha attraversato i secoli facendo spesso guardare agli altri come a un soggetto positivo che nascondeva comunque un valore per sé che poteva anche essere migliorato.

 

L’età medievale e il monachesimo

C’è un momento in cui questa capacità si acutizza ed è il medioevo. In questo periodo, di oltre mille anni e quindi per niente omogeneo, un ampio sguardo emerge in diverse forme: sappiamo per esempio che la moneta e la lettera di credito necessarie al commercio nacquero in Italia nel XII-XII secolo e che attività come le lavorazioni delle stoffe pregiate nacquero e si diffusero per contaminazione.

Ma c’è una contaminazione precedente – siamo nel 529 d.C. – che genera sì prodotti e in un certo senso anche servizi, ma ancora una volta è anzitutto culturale e avviene grazie alla nascita del monachesimo benedettino.

Il monachesimo interverrà sulla cultura europea ma non si limiterà alla trascrizione dei libri preservando e tramandando importanti manoscritti, si farà carico anche di diffondere in Europa attraverso i secoli la maggior parte delle innovazioni piccole e grandi che in ogni monastero e in ogni territorio nascevano e si sviluppavano. Sappiamo bene che prodotti come la birra e il parmigiano non sono arrivati sulle nostre tavole per caso ma provengono invece dall’opera ingegnosa dei monaci benedettini che grazie alla regola dell’ora et labora cercavano di preferire prodotti dalla lunga lavorazione che consentissero loro di ritmare la giornata tra lavoro e preghiera.

 

Benedettini e cistercensi

È sempre per opera dei benedettini che è stata avviata un’istituzione come il giusto processo, con l’introduzione della figura del testimone a tutela dell’accusato. Parimenti sono nate le prime forme di welfare con l’assistenza gratuita ai malati e ai moribondi. Si chiamava infirmarius, infatti, il monaco che prima all’interno del monastero e poi uscendone si prendeva cura degli infermi, fossero essi pellegrini o uomini e donne dei vicini insediamenti. Quando i malati venivano accolti, e spesso curati per lunghi periodi, non ci si prendeva cura della sola malattia ma si consentiva loro di accedere ai libri e manoscritti. Parimenti i centri monastici sono stati luoghi di irradiazione di nuova cultura medica verso l’intera Europa basata sulla conoscenza greca della medicina e non più sulle allora assai diffuse superstizioni popolari.

Ma fu nel XII secolo quando la struttura benedettina indebolita si tramutò in quella cistercense, che voleva un ritorno alla regola originale e prevedeva ogni abbazia potesse generare numerosi nuovi centri monastici, che la diffusione di questa cultura si espanse ulteriormente e i monasteri si moltiplicarono con modalità e velocità che potrebbero essere invidiate da qualsiasi odierna multinazionale. Cosa proponevano questi monasteri se la sola abbazia di Claiveaux divenne talmente attrattiva da generare da sola, in poco tempo, 65 nuovi monasteri in Europa che aumentarono in breve fino a 350? Certamente una passione per l’umano prima sconosciuta.

 

Per Le Goff è impossibile evitare di sottolineare il rilievo che la regola di Benedetto da Norcia ebbe nella formazione dell’Europa come oggi la conosciamo: le nostre radici affondano proprio nel medioevo. Nessuno si sbilancia invece sulla possibilità di trovare facilmente la figura chiave da lui indicata nella Regola: “un uomo degno, saggio, sobrio, di buoni costumi, che si occupi della comunità come un padre” assicurandone la tranquillità economica. Riusciremo finalmente a portare a termine l’Europa?

 

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